sabato 22 marzo 2008

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 403 del 23 marzo 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Sommario di questo numero:
1. Enrico Peyretti: Il Tibet e noi
2. A Torino il 27 marzo
3. Maria G. Di Rienzo: Violenza di genere
4. Umberto Galimberti: Videogiochi. La seduzione della crudelta'
5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: IL TIBET E NOI
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey@libero.it) per questo
intervento.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di
pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato
con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di),
Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni,
Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi
1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?,
Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'.
Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e'
disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica
Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e
nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al
libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro
di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu'
volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli,
indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org,
www.ilfoglio.info e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia
degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n.
68]

In qualche vero modo per ogni persona di sensibilita' umana, in modo
particolare per ogni discepolo di Gesu' di Nazareth, i giorni pasquali, la
silenziosa e sospesa giornata del sabato (che e' il giorno in cui scrivo),
sono un momento piu' intensamente dedicato a sentire e meditare i dolori e
le speranze di vita dell'umanita'.
Tra i dolori collettivi, uno di quelli - e non sono tutti - che il caos
dell'informazione, ora enfiata, ora impedita, ci porta in questi giorni,
c'e' la ribellione del Tibet.
Che dire che non sia gia' stato detto da qualche voce saggia? A che serve
aggiungere parole? Serve pero' comunicarci a vicenda la partecipazione
personale intima, quando un popolo grida le sue pene, i suoi diritti.
Scrivere qualche riga che circola, essere presenti ai presidi nelle nostre
citta', puo' rafforzare il messaggio che da varie parti del mondo arriva ora
al popolo tibetano.
Sapere che altri sanno, e che energie di solidarieta' e di resistenza
passano, per le vie invisibili, oltre che per quelle della comunicazione
sperimentabile e dei rapporti cosmopolitici, nelle vene di tutto il corpo
dell'umanita', questo sapere noi speriamo che arrivi a chi soffre e lotta,
in questo come in ogni altro simile caso.
"Dire la verita' al potere" (Gandhi) e' la prima azione, non inutile, anche
se per noi qui e' molto facile, in aiuto alle vittime di oppressione. Sia
pure impedita e frenata, la comunicazione corre oggi piu' che mai, ed e' la
prima risorsa, il nostro primo dovere, per sostenere il diritto. Tocca poi
ai popoli sostenere e controllare che le istituzioni internazionali vigilino
e provvedano, coi mezzi della pace, a difendere pace e diritti.
Chi e' come noi cercatore di pace nonviolenta, si augura che i tibetani
sappiano e possano tenere alta la qualita' della loro lotta, quindi libera
da ogni imitazione di violenza e di odio. Ma non si permette di giudicare,
perche' gli esempi che la parte oggi dominante puo' dare a quella tradizione
morale sono pochi e rari, essendo piuttosto noi discepoli e debitori. Gandhi
ha insegnato che il rifiuto, anche se violento, dell'oppressione e' piu'
giusto della collaborazione passiva e vile, ma non hanno ragione quanti lo
citano fino qui per usarlo a giustificare la rivolta violenta, e tacciono il
suo pensiero completo: cioe' che il dilemma non e' tra violenza e vilta', ma
tra azione e inazione, e poi l'azione puo' e deve essere fortemente
nonviolenta, per essere degna e liberante (cfr Jean-Marie Muller, Il
principio nonviolenza, Pisa University Press, 2004, pp. 287-288).
La proposta di boicottare le olimpiadi di Pechino ha avuto pochissime
adesioni, se non sbaglio, e certo da parte di chi nei giochi, sempre meno
olimpici, ha forti interessi economici, ma anche, nella base, per
l'intuizione che si possono boicottare rapporti materiali ma non rapporti
umani tra i popoli. La presenza in Cina di atleti, giornalisti, turisti,
anche senza cercare la provocazione, puo' essere occasione per intensificare
la comunicazione, che e' vitale. La democrazia, i diritti umani, che poteri
folli e ciechi dicono di voler esportare e ampliare con le guerre, che
invece li distruggono perche' la guerra e' la peggiore tirannia, possono
invece camminare con la visita e l'ospitalita' tra i popoli, le culture, i
sistemi.

2. INCONTRI. A TORINO IL 27 MARZO
[Dal Centro studi "Sereno Regis" di Torino (per contatti: news@cssr-pas.org)
riceviamo e diffondiamo]

Giovedi' 27 marzo 2008, alle ore 20,30, presso la Sala Gandhi del Centro
studi "Sereno Regis", in via Garibaldi 13, a Torino, si terra' un incontro
sul tema "Tibet: uno spazio di riflessione sui fatti di Lhasa".
Intervengono: Carla Gianotti, tibetologa, "La questione tibetana e le
proposte di risoluzione del conflitto"; Nanni Salio, presidente del Centro
studi Sereno Regis, "Gandhi, il Dalai Lama e il Tibet".
Conduce Elsa Bianco, Gruppo interreligioso "Insieme per la pace".
*
Carla Gianotti, tibetologa e studiosa di buddhismo indo-tibetano, ha
pubblicato diversi articoli relativi a temi della spiritualita' femminile
nella tradizione indo-tibetana. In volume ha curato: La Vita di Milarepa,
Utet, Torino 2001, 2004; Cenerentola nel Paese delle Nevi. Fiaba tibetana,
Utet, Torino 2003; Milarepa, Il Grande Sigillo. La conoscenza originaria di
Mahamudra, Mimesis, Milano 2004. Tiene corsi e seminari relativi al
buddhismo indo-tibetano e alla dimensione femminile nel buddhismo in
istituti di cultura orientale (Cesmeo di Torino, Celso di Genova), in centri
di Dharma (Firenze, Pomaia) e atenei (Torino, Firenze, Roma). E' membro
Ordinario dell'Isiao (Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente, Roma) e
socia ordinaria del Cirsde (Centro Ricerche e Studi delle Donne)
dell'Universita' di Torino.
*
Per ulteriori informazioni: Centro Studi Sereno Regis, via Garibaldi 13,
10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail:
info@cssr-pas.org, sito: www.cssr-pas.org

3. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: VIOLENZA DI GENERE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per
averci messo a disposizione il seguente testo, utilizzato come traccia per
una piu' ampia relazione a un recente incontro.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e Mao
Valpiana ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come
donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita
l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di
donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Tra le opere
di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti,
Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza
velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli
2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e'
in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81]

Se permettete comincerei con il leggere un brevissimo articolo apparso sul
"Corriere" del 5 marzo 2008, a firma di due giornalisti.
"Simpatico, brillante, una battuta dopo l'altra e smancerie a non finire, da
grande seduttore. E lei, appena diciottenne, impiegata, molto carina, era
rimasta colpita dal fascino e dai modi spigliati di quell'agente immobiliare
di 34 anni, auto sportiva, abbronzato e vestito all'ultima moda, con il
quale era stata a cena insieme con i colleghi di lavoro. Cosi', quando lui
le ha offerto da bere, lei ha accettato senza sapere che quell'uomo di cui
cominciava a fidarsi aveva aggiunto nel cocktail un potente sonnifero. Una
leggerezza che la ragazza ha pagato a caro prezzo, come quella di accettare
un passaggio a casa. Perche', quando il farmaco ha cominciato a fare
effetto, l'uomo ha raggiunto una strada sterrata a Lentate sul Seveso e in
un boschetto l'ha violentata. Il giorno dopo la diciottenne ha denunciato
l'agente immobiliare e ieri il giovane e' stato arrestato dai carabinieri di
Desio per violenza sessuale aggravata dall'uso di sostanze psicotiche. I due
si erano conosciuti qualche mese fa. L'agente collaborava con la societa'
nella quale la diciottenne lavora. Di fronte alle insistenti richieste di
uscire insieme, la ragazza alla fine aveva accettato di andare a cena con
l'agente immobiliare e tutti i colleghi d'ufficio, a Senago. Ma la presenza
di piu' persone non ha fermato il piano dell'agente immobiliare. 'Dai, un
ultimo bicchiere e poi andiamo a dormire' le ha detto a fine serata. E lei
ha accettato. Senza che se ne accorgesse, l'uomo e' riuscito a versare nel
bicchiere della sua vittima il Ghb, un anestetizzante incolore, inodore e
insapore che viene utilizzato dai giovani per sballare in discoteca. Quando
si e' accorto che la giovane non avrebbe potuto reagire l'agente si e'
diretto verso Lentate sul Seveso, ha fermato l'auto in un stradina
appartata, l'ha obbligata a scendere dall'auto, l'ha scaraventata e terra e
l'ha violentata. Poi e' scappato. A soccorrere la diciottenne sono stati i
suoi colleghi di lavoro, insospettiti perche' dopo un'ora non era ancora
tornata a casa, dove si erano dati appuntamento. Preoccupati, l'hanno
chiamata al cellulare e lei con un filo di voce e' riuscita appena a trovare
la forza di dire dove si trovava".
*
Io ho una speciale cartella, nel computer, che si chiama "Italia", in cui ho
ripreso a registrare, da un paio d'anni, il modo in cui i media italiani,
appunto, coprono i casi di violenza contro le donne. L'articolo che vi ho
letto non e' un caso eccezionale, e' anzi abbastanza tipico perche' con una
leggerezza davvero insostenibile (ma che siamo noi a pagare a caro prezzo e
non chi la usa) perpetua quasi tutti i miti concernenti lo stupro, quelli
che lo legittimano e lo favoriscono. I miti, che vanno dall'impossibilita'
per gli uomini di controllare gli impulsi sessuali, il famoso raptus, alla
provocazione delle donne (vestiti, attitudini, ecc.) hanno uno sfondo
comune, che e' quello di attribuire la responsabilita' della violenza a chi
la subisce.
Facciamo una prova: pensate a tre cose che si possono fare per prevenire la
violenza sessuale. Scommetto quel che vi pare che per prima cosa che vi e'
venuta in mente e' qualche raccomandazione alle donne: "Non uscire di sola
la notte", "Non vestirti in modo provocante", "Non stare per strada",
"Chiudi sempre bene porte e finestre", "Non parcheggiare l'auto dove c'e'
poca luce", "Portati dietro uno spray al peperoncino", "Fai un corso di
autodifesa". Tradotto e': cambia il tuo comportamento. A quasi nessuno viene
in mente subito che a cambiare comportamento dovrebbero essere gli uomini.
La cosa ovvia e' che lo stupro non sparira' sino a che essi non lo faranno.
Restringere la liberta' di donne e ragazze e' ingiusto, e inoltre non ha mai
fatto da barriera alla violenza sessuale.
Tutte le asserzioni che ho riportato poc'anzi sono basate su false letture
delle cause dello stupro, e mandano questo ripetuto messaggio: che sono le
donne le responsabili della prevenzione dello stupro, che le donne sono
responsabili se subiscono violenza sessuale. Che e' colpa loro. Anche
perche', e' notorio, gli uomini non possono frenarsi quando il raptus
impazza. Quiz: Jane Goodall passo' trent'anni in Africa ad osservare come si
comportavano gli scimpanze' nel loro ambiente naturale. In questi
trent'anni, quanti stupri pote' notare fra le scimmie? Risposta: Neppure
uno. I primati nostri cugini piu' prossimi non stuprano. Ovviamente non si
possono trarre conclusioni assolute sul comportamento umano basandosi sul
comportamento animale, ma questo semplice dato mette in crisi (se non
bastassero a farlo i numerosi studi di psicologia e sociologia ecc. degli
ultimi trent'anni) uno dei miti persistenti cresciuti attorno alla violenza
sessuale, e cioe' che la biologia maschile inclini e spinga gli uomini allo
stupro, che si tratti di un irrefrenabile e primitivo impulso cui gli uomini
non possono resistere. La violenza sessuale e' invece appresa: nasce tutta
dal convincimento sociale che gli uomini abbiano il diritto di dominare le
donne.
*
Avete ascoltato come vengono descritti i protagonisti della vicenda
lombarda: lo stupratore non viene mai nominato come tale, e' "il grande
seduttore". Un seduttore talmente abile da aver bisogno di drogare la
ragazza con cui vuole avere rapporti sessuali. La giovane donna e' invece
"leggera", leggi stupidina e improvvida, perche' accetta di andare ad una
cena con i colleghi in cui anche quest'uomo e' presente; non basta piu' non
uscire da sole con gli uomini, dobbiamo cominciare ad evitare anche i
momenti conviviali di gruppo, o almeno dovremmo selezionare bene chi
partecipa (come se i colleghi di lavoro una se li scegliesse). E' incauta
perche' accetta il passaggio a casa da una persona che conosce e che, noi
non lo sappiamo, puo' persino piacerle. Pare che sia normale, fra gli esseri
umani, trovarsi simpatici o antipatici, attraenti o no; e pare che sia
normale, per uomini e donne, avere desideri affettivi e desideri sessuali.
Cos'ha a che fare la violenza con questo? Perche' dev'essere ossessivamente
accoppiata al sesso? Se vi prendete la briga di esaminare il materiale
pornografico troverete a stento una fotografia o uno scritto o un'immagine
che esaltino il piacere reciproco e consensuale: troverete in abbondanza
pero' catene, fruste, torture e stupri. E' un altro dei tipi di propaganda
che serve a desensibilizzare le persone rispetto alla crudelta', a renderle
cieche alla sofferenza altrui, e a perpetuare la nozione che meta' della
specie umana si trova su questa Terra al solo scopo di essere abusata e
dominata dall'altra meta'.
*
E' stato il femminismo a fare definitivamente della violenza di genere un
crimine, a spingere perche' fosse legiferato in tal senso. Ci siamo riuscite
in numerosi contesti, nazionali ed internazionali; in altri stiamo ancora
lottando. Abbiamo messo nuove parole nel vocabolario della politica: abuso
sessuale, stupro maritale, violenza domestica, molestia sessuale. Ma la
violenza, seppure sanzionata penalmente, non e' ancora socialmente
inaccettabile: ci sono sempre mille e un motivi per giustificarla. E' ora
invece che diventi una vergogna, perche' e' vergognoso che le persone
vengano indotte culturalmente ad ammettere, sopportare, usare la violenza
nelle proprie vite.
*
Lo stupro di una donna e' ammonizione, degradazione, terrore e limitazione
per tutte le altre. La maggior parte delle donne e delle ragazze limita e
sorveglia i propri comportamenti per paura dello stupro, anche se non le e'
mai accaduto di subire violenza. La maggior parte delle donne vive con
questo timore, la maggior parte degli uomini no, e questo e' il modo in cui
la violenza sessuale funziona come potente metodo di costrizione per meta'
dell'umanita'.
Ma non e' l'unico. Pensate a quanto e' "di genere" la poverta'. Quando non
vi sono reti di sostegno sociale (welfare, redistribuzione equa delle
risorse) una donna che vive con un partner violento e' costretta a restarci.
Quando impieghi mal retribuiti, non sicuri, non permettono ad una donna di
costruirsi una vita decente, la espongono a situazioni in cui la violenza e'
facilitata. E questa e' una responsabilita' istituzionale rispetto alla
violenza di genere, ovunque. La violenza strutturale che investe le donne ha
ricadute pesanti su tutte le loro relazioni, sulla salute loro e delle loro
famiglie, e sulla stabilita' di una societa' che voglia dirsi "civile". Non
avremo una societa' civile e sicura sino a che non faremo uno sforzo per
rigettare la violenza di genere.
A chi ha fatto della "sicurezza" furbizia elettorale o gradino verso la
barbarie vorrei dire questo: le vite umane sono piu' sicure quando le
persone sono libere. Libere da condizioni di lavoro pericolose, sottopagate,
incerte, umilianti; libere da disoccupazione e da poverta'; libere dalla
violenza settaria, "etnica", razzista; libere dalla violenza domestica.
Sono, tutte queste, condizioni che le donne (native e migranti) conoscono
assai bene, anche in Italia. Le donne sono circa il 70% del miliardo e
trecentomila persone che vivono in poverta'; sono oltre il 65% dei rifugiati
mondiali, e i due terzi degli analfabeti del pianeta. Sono anche i due terzi
della forza lavoro "informale" e sfruttata, possiedono l'un per cento delle
risorse economiche mondiali e percepiscono un decimo dei guadagni, sempre su
base planetaria. Le bambine hanno il doppio di possibilita', rispetto ai
bambini, di morire di denutrizione o di malattie infantili, ma comunque
bambine e bambini muoiono della discriminazione rivolta contro le loro
madri, degli ostacoli che vengono posti alla liberta' delle loro madri di
controllare la fertilita' e al diritto delle loro madri di avere un tetto
sopra la testa, cibo e un lavoro decente. Si potrebbe dirmi si', pero' tutto
questo in fondo riguarda paesi lontani, noi qui stiamo abbastanza bene,
eccetera. Be', non e' del tutto vero. Il World Economic Forum non e'
certamente un organo "femminista" o "progressista", pero' ogni anno si
prende la briga di misurare il "gender gap", il divario di genere, dal punto
di vista economico, e stila una classifica. Ai primi posti si situano i
paesi migliori, diciamo, quelli dove il divario e' piu' stretto, e nel 2007
questi paesi sono stati la Svezia, la Norvegia, la Finlandia, l'Islanda. A
fondo scala, diciamo, ci sono il Pakistan (126), il Ciad (127) e lo Yemen
(128). Immagino vi interessera' sapere a che punto sta l'Italia. L'Italia e'
all'848 posto, dopo paesi come la Bolivia (80), il Peru' (75) e l'Armenia
(70).
*
La parita' economica spinge verso la parita' sociale in termini di accesso
all'istruzione, al lavoro, al soddisfacimento dei bisogni, e via dicendo, e
spesso concretamente permette alle donne di trovare vie di uscita da
situazioni violente. Io credo che dovremmo interessarci parecchio ai bilanci
delle istituzioni, dei governi, e pretendere un'analisi di genere per essi.
Non vi pare strano che ogni volta che servono soldi si decida di tagliare
assistenza, sanita', ovvero la rete di sostegno sociale? Perche' non si
taglia altro? Perche' il maggior carico di lavoro derivato dai tagli finisce
su una categoria che e' stata destinata (da dio, natura, tradizione,
destino...) a prenderselo sulla schiena. Le donne. Donne che perdono
l'impiego o lo lasciano anche se non vorrebbero per accudire anziani, malati
e bambini, senza aiuto, senza compenso, come se fossero le sole ed uniche
responsabili del tenere insieme la comunita' umana di cui fanno parte. Non
e' questa violenza di genere, e un torto che dovremmo raddrizzare?
*
E' evidente che abbiamo molto, moltissimo, da fare.
Per quanto riguarda l'Italia abbiamo necessita' di una campagna di massa che
decostruisca dalle fondamenta tutti i miti pericolosissimi che si
accompagnano alla violenza di genere (e che, come detto, in sintesi
colpevolizzano la vittima). Abbiamo bisogno di istruire al genere, al
rispetto fra i generi, innanzitutto gli operatori che vengono a contatto con
vittime e perpetratori di violenza: le forze dell'ordine, gli avvocati, i
giudici, e coloro che lavorano con bambini e adolescenti ad ogni livello,
dalla scuola alla sanita' pubblica. Abbiamo bisogno di tavoli antiviolenza,
e qui voi mi pare lo avete gia', di case e seminari e conferenze e
iniziative antiviolenza.
Forse abbiamo bisogno anche di piccoli atti quotidiani di femminismo
"situazionista", come quello di una mia amica che, di fronte al castello
accessoriato in cui era rinchiusa la Barbie di sua nipote, ha avuto la
pensata di mettere un cartello al collo della bambolina su cui stava scritto
"Fammi uscire, devo andare al lavoro". Da parte mia ho scritto di recente,
pubblicamente, ad uno dei candidati sindaci per la mia citta': costui, per
onorare l'8 marzo, organizzera' "corsi di autodifesa" in piazza per le
donne, di modo che possano contrastare (parole sue) l'eventuale "balordo"
sconosciuto che decidesse di aggredirle. Gli ho risposto che se vuole il mio
voto e vuole onorare le donne, i corsi li faccia agli uomini, per insegnar
loro a rispettare il resto dell'umanita', e che purtroppo noi donne piu' che
il balordo mai visto, siamo costrette a temere amici, compagni, amanti e
mariti.
Sentite il Rapporto Istat rilasciato il 21 febbraio 2007, dal titolo La
violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia: "I
partner sono responsabili della quota piu' elevata di tutte le forme di
violenza fisica rilevate. I partner sono responsabili in misura maggiore
anche di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro nonche' i rapporti
sessuali non desiderati, ma subiti per paura delle conseguenze. Il 69,7%
degli stupri, infatti, e' opera di partner, il 17,4% di un conoscente. Solo
il 6,2% e' stato opera di estranei. Il rischio di subire uno stupro
piuttosto che un tentativo di stupro e' tanto piu' elevato quanto piu' e'
stretta la relazione tra autore e vittima".
*
Allora a me appare chiaro che educazione e informazione sono necessita'
primarie, fin dalla scuola materna, se volete, e mi appare anche evidente
che in Italia quasi nulla dell'immenso lavoro culturale e politico che le
donne fanno e hanno fatto viene visto, e che a quel quasi vien dato poco
valore e ancor meno spazio. Non parliamo poi dell'oscuramento e del
trattamento che ricevono gli uomini che rifiutano la violenza. Quindi,
nonostante oggi sia insieme a voi in un'occasione di festa, io non posso
negare che il quadro sia tutt'altro che bello, ma so che abbiamo degli
strumenti a disposizione, e che questi strumenti spesso aprono degli squarci
di luce.
So anche che qui sono presenti persone che lavorano contro la violenza di
genere da anni, a diversi livelli, che forniscono aiuto e servizi, che
creano cultura e modi diversi di stare insieme, modi in cui sono la
cooperazione, la condivisione ed il rispetto a segnare le relazioni. E sono
persone che meritano il nostro grazie, e il nostro appoggio costante.
Costoro, donne ed uomini, conoscono di prima mano quanto serve far pressione
sulle istituzioni, quanto serve riuscire ad accedere ai media, quanto serve
contrastare nel quotidiano tutte le piccole e striscianti forme di
svilimento e umiliazione delle donne. C'e' un tesoro di esperienze e
risorse, insomma, che potrebbe diventare piu' accessibile di quel che e',
sino a porsi come senso comune. E' un obiettivo che puo' tenerci insieme
tutti e tutte, con le nostre differenze e le nostre storie, e dare inizio a
quella grande campagna antiviolenza diretta all'intero territorio nazionale
che io vado postulando (e sognando).

4. RIFLESSIONE. UMBERTO GALIMBERTI: VIDEOGIOCHI. LA SEDUZIONE DELLA
CRUDELTA'
[Dal sito www.feltrinellieditore.it riprendiamo il seguente articolo apparso
sul settimanale "L'espresso", n. 11, 2008, col titolo "La seduzione della
crudelta'".
Umberto Galimberti, filosofo, saggista, docente universitario; materiali di
e su Galimberti sono nei siti http://venus.unive.it e www.feltrinelli.it
(che presenta molti suoi interventi sia scritti che audio e
videoregistrati). Dal sito www.feltrinelli.it riprendiamo la seguente scheda
aggiornata: "Umberto Galimberti e' nato a Monza nel 1942, e' stato dal 1976
professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore
associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 e' professore ordinario
all'universita' Ca' Foscari di Venezia, titolare della cattedra di Filosofia
della Storia. Dal 1985 e' membro ordinario dell'international Association
for Analytical Psychology. Dal 1987 al 1995 ha collaborato con "Il Sole-24
ore" e dal 1995 a tutt'oggi con il quotidiano "la Repubblica". Dopo aver
compiuto studi di filosofia, di antropologia culturale e di psicologia, ha
tradotto e curato di Jaspers, di cui e' stato allievo durante i suoi
soggiorni in Germania: Sulla verita' (raccolta antologica), La Scuola,
Brescia, 1970; La fede filosofica, Marietti, Casale Monferrato, 1973;
Filosofia, Mursia, Milano, 1972-1978, e Utet, Torino, 1978; di Heidegger ha
tradotto e curato: Sull'essenza della verita', La Scuola, Brescia, 1973.
Opere di Umberto Galimberti: Heidegger, Jaspers e il tramonto
dell'Occidente, Marietti, Casale Monferrato 1975 (Ristampa, Il Saggiatore,
Milano, 1994); Linguaggio e civilta', Mursia, Milano 1977 (II edizione
ampliata 1984); Psichiatria e Fenomenologia, Feltrinelli, Milano 1979; Il
corpo, Feltrinelli, Milano, 1983 (Premio internazionale S. Valentino d'oro,
Terni, 1983); La terra senza il male. Jung dall'inconscio al simbolo,
Feltrinelli, Milano 1984 (premio Fregene, 1984); Antropologia culturale, ne
Gli strumenti del sapere contemporaneo, Utet, Torino 1985; Invito al
pensiero di Heidegger, Mursia, Milano 1986; Gli equivoci dell'anima,
Feltrinelli, Milano 1987; La parodia dell'immaginario in W. Pasini, C.
Crepault, U. Galimberti, L'immaginario sessuale, Cortina, Milano 1988; Il
gioco delle opinioni, Feltrinelli, Milano 1989; Dizionario di psicologia,
Utet, Torino 1992 (nuova edizione: Enciclopedia di Psicologia, Garzanti,
Milano, 1999); Idee: il catalogo e' questo, Feltrinelli, Milano 1992; Parole
nomadi, Feltrinelli, Milano 1994; Paesaggi dell'anima, Mondadori, Milano
1996; Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica, Feltrinelli, Milano
1999; E ora? La dimensione umana e le sfide della scienza (opera dialogica
con Edoardo Boncinelli e Giovanni Maria Pace), Einaudi, Torino 2000; Orme
del sacro, Feltrinelli, Milano 2000 (premio Corrado Alvaro 2001); La lampada
di psiche, Casagrande, Bellinzona 2001; I vizi capitali e i nuovi vizi,
Feltrinelli, Milano 2003; Le cose dell'amore, Feltrinelli, Milano 2004; Il
tramonto dell'Occidente, Feltrinelli, Milano 2005; La casa di psiche. Dalla
psicoanalisi alla consulenza filosofica, Feltrinelli, Milano 2006; L'ospite
inquietante, Feltrinelli, Milano 2007. E' in corso di ripubblicazione
nell'Universale Economica Feltrinelli l'intera sua opera. Traduzioni
all'estero: in francese: (Il corpo) Les raisons du corps, Grasset Mollat,
Paris, 1998; in tedesco: (Gli equivoci dell'anima) Die Seele. Eine
Kulturgeschichte der Innerlichkeit, Verlag Turia + Kant, Wien, 2003; (Le
cose dell'amore) Liebe, Beck, Monaco, 2006; in greco: (Storia dell'anima)
Historia tes psyches, Apollon, Thessaloniki, 1989; (Paesaggi dell'anima)
Topia psyches, Itamos, Athina, 2001; (Gli equivoci dell'anima) Parermeneies
tes psyches, University Studio Press, Athina, 2004: in spagnolo: (Dizionario
di psicologia) Diccionario de psicologia, Siglo Veintiuno Editores, Citta'
del Messico 2002; (Le cose dell'amore), Las cosas del amor, Imago mundi,
Madrid, 2006; in portoghese: (Orme del sacro) Rastros do sagrado, Paulus,
Sao Paulo, Brasil, 2003; (I vizi capitali e i nuovi vizi) Os vicios capitais
e os novos vicios, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2004; (Psiche e techne. L'uomo
nell'eta' della tecnica) Psiche e techne. O homen na idade da tecnica,
Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2005; in giapponese: I vizi capitali e i nuovi
vizi, Tokio, 2004"]

Ma siamo sicuri che giocare col virtuale non abbia effetto sul reale? lo
credo di si'. E tanto per non essere troppo astratti prendiamo in
considerazione tre scenari: la guerra, la violenza negli stadi e il
bullismo.
*
La guerra
I giochi di guerra esaltano l'eroismo, la forza, il coraggio, l'audacia,
coprendo, sotto questo manto estetico, quanto di piu' atroce l'uomo, e solo
l'uomo, ha ideato, perche', ci ricorda Hegel, a differenza dell'animale,
l'uomo non uccide per mangiare, ma per ottenere dal vinto il riconoscimento
della sua superiorita'.
I videogiochi di guerra seducono con il richiamo all'eroismo, ma perche' la
seduzione sia efficace occorre nascondere un elemento essenziale della
guerra: il terrore, che i combattenti non possono confessare per non
apparire vili. Nel videogioco non si sente odore di carne putrefatta, non si
ascoltano i lamenti dell'agonia, non si vedono il sangue e le viscere che
erompono dai corpi. Si osservano a distanza l'ardore e l'eccitazione, ma non
si vive la paura che torce le budella. Ci vuole il caos del campo di
battaglia, il suo rumore assordante e spaventoso per far capire che la
guerra dei videogiochi ha il realismo di un balletto.
La guerra e' necrofila, non solo perche' ammazza, ma perche' richiede a
ciascun combattente una familiarita' con la propria morte. La necrofilia e'
fondamentale per il mestiere delle armi, cosi' come lo e' per la formazione
dei kamikaze, perche', nell'intossicazione della guerra, la necrofilia
innesca quella frenesia per cui tutte le vite umane, compresa la propria,
sembrano secondarie. Ma questo messaggio nel videogioco non traspare, cosi'
come non traspare la lussuria sfrenata, carica di un'energia sessuale cruda
e intensa che ha il sapore della volutta' autodistruttiva della guerra
stessa, dove le uniche scelte sembrano la morte o lo scatenamento della
sessualita'. Perche' in guerra gli esseri umani diventano cose, cose da
distruggere o da usare per gratificazioni carnali.
L'accumulo di distruttivita', vista e seminata, diventa autodistruttivita'
che non conosce limite. E chi gioca, anche solo a livello virtuale, con
questa autodistruttivita' non ne resta immune. Nel videogioco, infatti, non
si muore, ma dall'accumulo di distruttivita' e di autodistruttivita' nessuno
difende il giocatore.
*
La violenza da stadio
I videogiochi danno il contributo a quelle guerriglie simulate che poi
vediamo tradotte in atto da quei facinorosi da stadio, con i loro
passamontagna calati perche' la violenza e' codarda, coi loro fumogeni che
annebbiano l'ambiente per garantire impunita', le loro sassaiole che piovono
come grandine da tutte le parti in modo che non ti puoi difendere, con i
petardi, che quando non spaventano, feriscono, con le loro bombe carta
capaci anche di uccidere. Il virtuale, con la scusa che non e' reale, apre
le porte al piacere dell'eccesso, allo sconfinamento dell'eccitazione, al
rituale ripetuto della messa in scena, alla festa del massacro, alla
socievolezza dell'assassinio, al lavoro di gruppo dei complici, alla
pianificazione della crudelta', alla risata di scherno sul dolore della
vittima, dove la freddezza del calcolo e' inscindibilmente intrecciata alla
furia del sangue, la noia dello spirito alla bestialita' umana.
Assicurati dalla virtualita' del gioco, i giocatori dei videogames, a loro
insaputa, si lasciano inoculare quella violenza che e' cieca perche' e'
assurda, e assurda perche' non e' neppure un mezzo per raggiungere uno
scopo. E' puro scatenamento di forza che non si sa come impiegare, e percio'
si sfoga nell'anonimato di massa, senza considerazione e senza calcolo delle
conseguenze. La mancanza di scopi rende la violenza infondata, e quindi
assoluta. Ma proprio nel momento in cui la violenza e' libera da qualsiasi
considerazione e da qualsiasi scopo, e quindi da qualsiasi razionalita', la
violenza diventa completamente se stessa e si trasforma in pura e sfrenata
crudelta'.
Una crudelta' che si ritualizza secondo quel meccanismo che Freud ha
spiegaro la' dove scrive che la violenza, latente nell'inconscio individuale
di ciascuno di noi, diventa manifesta nell'inconscio collettivo di massa,
dove la responsabilita' individuale diventa difficile da identificare e
l'impunita' generale diventa un salvacondotto per gesti senza motivazione,
perche' la violenza assoluta e' autosufficiente.
E siccome nei videogiochi ci sono schemi di regolarita' che, per diversi che
siano gli scenari, ripetono se stessi, per esorcizzare la routine che
annoia, si introduce quella variante quantitativa per cui, come per i
drogati, ogni volta si aumenta la dose e, con la dose, l'euforia di un
incontrollato sconfinamento di se', di una sovranita' illimitata e di
un'assoluta liberta' dal peso della morale e del vincolo sociale.
*
Il bullismo
Nei videogiochi la sfida non e' tra permesso e proibito, come accadeva nei
giochi di quando io ero bambino, cresciuto in quella che potremmo chiamare
"societa' della disciplina", ma in conformita' della "societa'
dell'efficienza e della performance spinta", oggi la sfida e' tra il
possibile e l'impossibile, senza nessun riguardo e forse nessuna percezione
del concetto di limite. Per cui vien da chiedersi: qual e' il limite tra un
atto di esuberanza e una vera aggressione, tra un atto di insubordinazione e
il misconoscimento di ogni gerarchia, tra le strategie di seduzione troppo
spinte e l'abuso sessuale?
E cosi' i videogiochi hanno presa sui giovani che non si sentono mai
sufficientemente se stessi, mai sufficientemente colmi di identita', mai
sufficientemente attivi se non quando superano se stessi, senza essere mai
se stessi, ma solo una risposta ai modelli o alle performance che i
videogames a piene mani distribuiscono, con conseguente inaridimento della
vita interiore, desertificazione della vita emozionale, insubordinazione
alle norme sociali. Come scrive il sociologo tedesco Falko Blask: "Meglio
esagitati ma attivi che sprofondati in un mare di tristezza meditativa,
perche' se la vita e' solo uno stupido scherzo, dovremmo almeno poterci
ridere sopra".
In questo modo il gioco, anche se virtuale, genera nei ragazzi un'emotivita'
sovraeccitata che li sposta dove vuole a loro stessa insaputa, senza che un
briciolo di riflessione sia in grado di raffreddare l'emozione e non
confondere il desiderio con la pratica anche violenta per soddisfarlo. Il
risultato, quando non si esprime nell'eccitazione della violenza, per
effetto dell'assuefazione conduce all'ignavia o all'indifferenza emotiva,
dove la separazione del bene dal male diventa impercettibile, cosi' come la
differenza tra il virtuale e il reale.
I videogiochi non hanno l'innocenza dei giochi, e se anche l'avessero, non
dimentichiamo che il gioco e' il modo con cui il bambino impara a vivere
nella realta'. E se questi sono i modelli su cui i nostri ragazzi si
confrontano, cosa rimane da sperare?

5. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per
molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per
la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza.
Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del
commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'
chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an@nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir@peacelink.it, luciano.benini@tin.it,
sudest@iol.it, paolocand@libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info@peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 403 del 23 marzo 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

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possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
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