Numero 409 del 29 marzo 2008
Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Due penose assai follie e la solita concione
2. Una sottoscrizione per la manifestazione nazionale contro la mafia il 9
maggio a Cinisi
3. Forum sociale antimafia "Felicia e Peppino Impastato": 1978-2008.
Trentennale dell'assassinio di Peppino Impastato
4. Eduardo Galeano: Tre bugie e una verita'
5. Marina Terragni: Gli uomini, l'aborto
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. Riedizioni: Oscar Luigi Scalfaro, La mia Costituzione
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. PEPPE SINI: DUE PENOSE ASSAI FOLLIE E LA SOLITA CONCIONE
La prima assai penosa follia sarebbe non votare alle prossime elezioni
politiche.
Perche' non votare vuol dire lasciare che a fare le leggi, e ad amministrare
la cosa pubblica e le ingenti pubbliche risorse, ci vadano solo gli adepti
del superpartito della guerra che comprende tutto l'arco anticostituzionale
dalla destra nazista alla ex-sinistra arlecchina.
Ovvero: non votare vuol dire consentire che le stragi degli afgani e dei
migranti continuino con il nostro consenso - poiche' l'astenersi dal voto (o
pagliacciate che hanno lo stesso effetto pratico) qui e adesso equivale ad
essere comunque complici col superpartito degli assassini e dei razzisti,
col superpartito di chi nell'ultimo decennio ha governato violando la
Costituzione nei suoi principi fondamentali.
No, grazie. In questo tremendo frangente, mentre la guerra terrorista e
stragista e' in corso, mentre la persecuzione dei migranti e' in corso,
mentre la sempre piu' accelerata devastazione della biosfera e' in corso,
chi non vota (a meno che non abbia solidi motivi di principio: come le
sorelle e i fratelli anarchici; o altri motivi di rilevanza equivalente) si
fa complice del sistema di potere del regime della corruzione, si fa
complice del superpartito della guerra e del razzismo e dell'ecocidio. Si fa
complice, e sia pure solo per omissione di soccorso alle vittime, sia pure
solo per stupidita' e astrattezza, pusillanimita' o frivolezza che gli
narcotizza l'animo e gli ottunde la mente. Si fa complice.
No, grazie.
E dunque: votare occorre.
*
Ma votare per cosa?
Contro la guerra, il razzismo, l'ecocidio.
Quindi contro il superpartito che dalla destra nazista alla ex-sinistra
arlecchina nell'ultimo decennio ha governato attuando politiche di guerra,
razzismo, ecocidio.
Coloro che dicono che occorre votare per gli assassini con la casacca di un
colore per timore degli assassini con la casacca di un altro non sanno
(ovvero fingono di non sapere) che stanno ripetendo le parole di un
personaggio che da sempre l'umanita' disprezza: il collaborazionista, il
manutengolo, quello che con la scusa che c'e' sempre di peggio, si fa
complice del male.
Molto ci addolora che anche vecchi amici, preda di un sillogizzare sempre
piu' astratto e dereistico, siano caduti in questa trappola che da se
medesimi a se stessi hanno ordito, e da due anni si siano messi al servizio
della guerra terrorista e stragista, al servizio del governo della
persecuzione dei migranti, al servizio dei potenti onnidevastatori e
onnicidi.
La nonviolenza o e' concreta opposizione a tutte le violenze, o non e'
nulla. La nonviolenza o e' effettuale lotta contro tutti i poteri violenti,
o non e' nulla.
Chi propone di votare per gli assassini, chi arriva al delirio di sostenere
l'opportunita' di "votare per Mussolini contro Hitler" ha semplicemente
perso il senno, e col suo dire insensato e sciagurato, con simili ignobili
metafore, offende tutte le vittime del nazifascismo, e tutte le vittime
della guerra in corso in Afghanistan, tutte le vittime della persecuzione
dei migranti. Vorremmo che rinsavisse al piu' presto. Vorremmo che
rinsavisse. Al piu' presto. Al piu' presto, che rinsavisse, vorremmo.
Non un voto al superpartito della guerra e del razzismo. Non un voto a chi
ha votato per le stragi. Non un voto al programma politico dell'omicidio e
dell'onnicidio. Non un voto ai golpisti.
E dunque: votare occorre, votare per quelle liste e per quelle persone
candidate che alla guerra e al razzismo e all'ecocidio si sono opposte ieri,
si oppongono oggi e quindi e' ragionevolmente sperabile che si opporranno
anche domani.
*
Ma ci sono queste liste, questi candidati?
Avremmo voluto che ci fossero liste di una sinistra che avesse
consapevolmente scelto la nonviolenza. E nei limiti delle nostre scarse
forze per questo si e' battuto questo foglio negli scorsi mesi. Non siamo
riusciti a persuaderne un numero sufficiente di interlocutori. E questo e'
ormai il passato. Per il futuro forse si riuscira' (ed a tal fine benemerito
e' stato l'appello promosso da Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao
Valpiana che ha messo capo al manifesto "Una rete di donne e uomini per
l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza"). Ma per quanto riguarda questo
cruciale attuale momento e' andata cosi'. Male. Amen.
Ma poiche' non vogliamo votare per il superpartito della guerra e del
razzismo, ed anzi vogliamo votare per contrastarlo, dobbiamo trovare tra le
liste effettualmente presenti nelle schede elettorali delle politiche
dell'aprile 2008 almeno una lista votabile. Ve ne sono?
Alcune liste che dichiarano piu' o meno esplicitamente (ovvero piu' o meno
esplicitamente pretendono) di essere contro la guerra e il razzismo, contro
l'ecocidio e il patriarcato, per la democrazia e la legalita'
costituzionale, vi sono. Lo sono poi davvero? In certi casi - e forse in
tutti o quasi - e' lecito dubitarne.
Ma anche dubitandone, non vi sono alternative ulteriori: per una di esse
votare occorre.
E l'ulteriore elemento dirimente per una valutazione adeguata e' verificare
quali persone verrebbero eventualmente elette qualora una di esse liste
superasse la soglia dei voti necessari a portare in parlamento una sia pur
esigua rappresentanza: ovvero verificare la storia, le posizioni e quindi
l'affidabilita' della persona "candidata a premier" e delle persone collegio
per collegio capolista per il Senato e capolista per la Camera (giacche' si
vota su liste bloccate, senza voto di preferenza).
*
Vorrei fermarmi qui. Ma forse e' preferibile vuotare il sacco. E allora,
orsu', vuotiamolo.
Muovo da due premesse.
La prima: va da se' che ci sono brave persone in molte liste, anche in
quelle dei partiti della guerra, del razzismo, dell'ecocidio e del
patriarcato. E tra esse non pochi cari amici del reprobo che queste righe
stende. Mi duole per loro: candidandosi in quelle liste si sono prostituiti
alla guerra, al razzismo, all'ecocidio, alla violazione della legalita'
costituzionale. E non c'e' altro da aggiungere, se non che continueremo
naturalmente a voler loro bene, ma la stima che avemmo per loro ne restera'
per sempre lesa. Come ci sono brave persone nelle liste del superpartito
della guerra e del razzismo, ve ne sono anche nelle liste che alla guerra e
al razzismo si oppongono, ci mancherebbe altro, e per fortuna. Ma nelle une
e nelle altre vi potrebbero essere - ed in molti casi palesemente vi sono -
anche persone che brave non sono affatto, anzi. E quindi non basta
inalberare una bandiera o un motto, conta anche con chi ci si accompagna.
La seconda: esprimere un voto significa esprimere una speranza, e una
promessa. E chiedere un voto significa fare una promessa e una speranza
suscitare.
Il primo criterio di valutazione delle liste elettorali e' naturalmente
verificare se si concorda col loro programma: e con chi proclama di opporsi
alla guerra, al razzismo, all'ecocidio e al patriarcato, una base comune
d'intesa o almeno di fiducia - sia pur solo a parole, poiche' un programma
di mere parole consiste - dovrebbe pur darsi.
Ma detto questo, e posto che si concordi sui fondamenti almeno del programma
(dico solo sui fondamenti, i dettagli in questo caso contano ben poco,
poiche' parliamo di liste che ben difficilmente giungeranno in parlamento, e
se vi giungeranno i loro rappresentanti dovrebbero prevedibilmente
acconciarsi a una rigida opposizione su molte cose essenziali), l'unico
certo elemento di giudizio su cui fondare un gesto che impegna per il futuro
e' la verifica della condotta nel passato. Si tratta quindi di verificare e
valutare cosa abbiano fatto in passato quelle liste che proclamano di
opporsi alla guerra, al razzismo, all'ecocidio e al patriarcato (ovvero le
forze politiche che a quelle liste abbiano dato vita; ovvero le persone
candidate in testa di lista in esse ed eventualmente concretamente
eleggibili).
Ed allora, il modesto parere di chi scrive queste righe, ridotto ai suoi
minimi termini e' il seguente:
1. liste populiste e candidati che abbiano ammiccato al razzismo, o
all'illegalitarismo e/o al violentismo, o a pulsioni ed atteggiamenti
autoritari, liberticidi ed antidemocratici, non sono votabili. Punto. E
purtroppo anche liste che pur si proclamano oggi a sinistra della
ex-sinistra, e che pur si proclamano oggi per la legalita' e la democrazia,
in verita' non hanno esitato ad accogliere (e in alcuni casi sono state
addirittura fondate e sono de facto capeggiate da) personaggi che non
possono essere votati da chi si oppone al razzismo e alla violenza, alla
collusione con ideologie e prassi oppressive e inammissibili dal nostro
punto di vista di persone amiche della nonviolenza.
2. Ne' possono essere votate liste inventate in quattro e quattr'otto da
personaggi e gruppi che fino a pochi mesi fa erano parte dei partiti che
compongono il superpartito della guerra e del razzismo. Beninteso: chiunque
ha il diritto di cambiare opinione, ma certo non e' credibile chi ancora
poche settimane fa era stipendiato da un partito guerriero e razzista, chi
ancora poche settimane fa con la sua tessera e la sua militanza e finanche
la sua retribuzione ipso facto propagandava la bonta' dell'assassinare gli
afgani e i migranti (che era il cuore della politica internazionale del
governo in carica).
3. Resta ben poco; e quel poco esprime sovente posizioni talmente ingenue,
confuse, stupide e non di rado deliranti, che certo io non voterei per far
governare dai personaggi che hanno dato vita a quelle liste (e propalato
quelle esternazioni) neppure il condominio del palazzo dove abito. Ma in
effetti non si vota per mandarle al governo, se mai all'opposizione. E vi
sono anche delle eccezioni, per fortuna.
4. Di tutte le persone candidate in testa di lista nelle liste a sinistra
della ex-sinistra, tra quelle che personalmente conosco e di cui mi sono
peritato di leggere le dichiarazioni, mi sentirei di dire che tra quante su
due piedi mi vengono in mente solo Michele Boato, capolista in Veneto della
lista "Per il bene comune" per la Camera dei deputati, e' persona di cui
posso ragionevolmente pensare con ragionevole certezza che continuerebbe ad
opporsi alla guerra, al razzismo, all'ecocidio e al patriarcato. Col che non
voglio dire che tutti gli altri candidati eccetera (anche perche' la
grandissima maggioranza di loro non conosco abbastanza o non conosco
affatto), dico semplicemente che per quel che ne so (nella mia ignoranza) e
ne penso (con i miei pregiudizi) mi sembra qui e adesso che sia cosi'.
E' ben poco. Ma e' gia' qualcosa.
E' qualcosa. Ma certo e' ben poco.
Meglio di niente.
Se altri candidati vi fossero, in testa di lista delle liste a sinistra
della ex-sinistra, che potessero dimostrare di essersi costantemente in
passato opposti alla guerra, al razzismo, all'ecocidio e al patriarcato, e
di intendere continuare a farlo, io ne sarei la persona piu' felice del
mondo. Non dubito che ve ne siano, ed anzi ne ho viva speranza. Se poi ve ne
fossero anche nel Lazio, che e' la regione in cui voto, mi renderebbero
ancor piu' facile votare.
Ma anche se non ve ne fossero voterei comunque. Voterei comunque per una
lista a sinistra della ex-sinistra; una lista che almeno programmaticamente
esprimesse una nitida e intransigente opposizione alla guerra, al razzismo,
all'ecocidio e al patriarcato.
Poi non mi faccio illusioni. E la lotta naturalmente continua.
*
Una postilla infine.
Questo foglio non ha la pretesa di esprimere altro che le opinioni di chi lo
redige, e quelle opinioni impegnano quindi solo chi le firma.
E non ha neppure la pretesa di essere rappresentativo di altro che di se
stesso.
E chi di tutto cio' che vi appare si assume la corresponsabilita' firmandolo
con la locuzione di "direttore responsabile" non ha mai preteso di essere
nulla di piu' che una persona amica della nonviolenza, ovvero persuasa della
necessita' pratica di assumere la scelta della nonviolenza come
indispensabile fondamento per un'azione politica di affermazione della
dignita' e dei diritti di ogni essere umano, di liberazione dell'umanita'
dalle molteplici oppressioni di cui e' vittima, di difesa della biosfera.
E se i giudizi che in questo foglio si esprimono in termini non diplomatici
avessero a dispiacere a qualcuno, del che non dubitiamo affatto,
compatiscano lorsignori, che non lo si fa per cattiveria ma per cercar di
far opera - ahinoi - di verita', e di contribuire a salvare qualche misera
umana vita, e di contrastare le ideologie e le pratiche che quotidianamente
fanno scempio di concrete umane esistenze, e dell'unico mondo che abbiamo.
2. APPELLI. UNA SOTTOSCRIZIONE PER LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LA
MAFIA IL 9 MAGGIO A CINISI
[Da Giovanni Impastato (per contatti: giovannimpastato@gmail.com) riceviamo
e volentieri diffondiamo.
Giovanni Impastato, figlio di Felicia Bartolotta Impastato e fratello di
Peppino Impastato, ne prosegue la lotta; e' animatore dell'"Associazione
Peppino Impastato - Casa Memoria" di Cinisi (Pa), impegnato nel Centro
Impastato di Palermo e in molte altre iniziative antimafia.
Giuseppe Impastato nato nel 1948, militante della nuova sinistra di Cinisi
(Pa), straordinaria figura della lotta contro la mafia, di quel nitido e
rigoroso impegno antimafia che Umberto Santino defini' "l'antimafia
difficile", fu assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978. Scritti di Peppino
Impastato: Lunga e' la notte. Poesie, scritti, documenti, Centro siciliano
di documentazione Giuseppe Impastato, seconda edizione Palermo 2003. Opere
su Peppino Impastato: Umberto Santino (a cura di), L'assassinio e il
depistaggio, Centro Impastato, Palermo 1998; Salvo Vitale, Nel cuore dei
coralli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Felicia Bartolotta Impastato, La
mafia in casa mia, La Luna, Palermo 1986; Claudio Fava, Cinque delitti
imperfetti, Mondadori, Milano 1994. Tra le pubblicazioni recenti: AA. VV.,
Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma 2001,
2006 (pubblicazione della relazione della commissione parlamentare antimafia
presentata da Giovanni Russo Spena; con contributi di Giuseppe Lumia, Nichi
Vendola, Michele Figurelli, Gianfranco Donadio, Enzo Ciconte, Antonio
Maruccia, Umberto Santino); Marco Tullio Giordana, Claudio Fava, Monica
Zapelli, I cento passi, Feltrinelli, Milano 2001 (sceneggiatura del film
omonimo). Ma cfr. anche le molte altre ottime pubblicazioni del Centro
siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" (per contatti: Centro
siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15,
90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi@tin.it, sito:
www.centroimpastato.it).
Felicia Bartolotta Impastato e' la madre di Giuseppe Impastato (1948-1978),
il militante antimafia di Cinisi (Pa) assassinato dalla mafia; Felicia
Bartolotta Impastato lo ha sostenuto nella sua lotta, che ha proseguito dopo
l'uccisione del figlio. E' deceduta nel dicembre 2004. Opere di Felicia
Bartolotta Impastato: La mafia in casa mia, intervista di Anna Puglisi e
Umberto Santino, La Luna, Palermo 1987. Opere su Felicia Bartolotta
Impastato: Anna Puglisi e Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A
Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe
Impastato, Palermo 2005; di lei ovviamente si parla ampiamente nei libri
dedicati alla figura di Peppino Impastato]
Cari amici e cari compagni,
manca ormai poco tempo al 9 maggio 2008, giornata in cui si svolgera' la
manifestazione nazionale contro la mafia qui a Cinisi partendo
dall'esperienza di Peppino Impastato. Come sapete quest'anno cade una
ricorrenza importante, ossia il trentennale dell'omicidio politico-mafioso
di Peppino ed e' per questo che stiamo lavorando per dare una svolta al
nostro impegno sociale e contro la mafia.
Come ogni anno faremo di tutto per realizzare al meglio il Forum sociale
antimafia qui a Cinisi dall'8 all'11 maggio, all'interno del quale e'
prevista la manifestazione, ma, nonostante il nostro programma sia ormai
definito, per lo meno a grandi linee, e le nostre idee siano chiare,
rischiamo di non poter portare a termine quanto preventivato a causa delle
scarse risorse economiche di cui disponiamo. Non abbiamo mai ricevuto
contributi pubblici e abbiamo sempre cercato di mantenere la nostra
indipendenza e la nostra liberta' di pensiero.
A questo punto tocca a voi, alla vostra buona volonta' e alla vostra
fiducia. Chiediamo anche un piccolo contributo lanciando una sottoscrizione
a livello nazionale che avra' come riferimento il conto corrente postale
della nostra associazione. Ci abbiamo gia' provato il 22 febbraio con una
conferenza stampa che e' stata totalmente ignorata dalle grandi testate
giornalistiche e dalla tv di stato.
E' necessario che questo messaggio abbia la massima diffusione e possiamo
contare soltanto sull'impegno dal basso di ognuno di voi.
Il 9 maggio invitiamo tutti a scendere in piazza non solo in ricordo di
Peppino, ma per contribuire a cambiare il percorso della nostra democrazia.
Associazione Peppino Impastato
*
Per inviare contributi:
Associazione Peppino Impastato
codice iban IT24 k076 0104 6000 0002 6951 889
c.c.p. 26951889
ABI 07601 CAB 04600 Cin K
*
Per ulteriori informazioni: Associazione Peppino Impastato - Casa Memoria,
90045 Cinisi (Pa), tel. 0918666233-3341689181, e-mail:
giovannimpastato@gmail.com o anche casamemoriaimpastato@gmail.com, sito:
www.peppinoimpastato.com
3. APPELLI. FORUM SOCIALE ANTIMAFIA "FELICIA E PEPPINO IMPASTATO":
1978-2008. TRENTENNALE DELL'ASSASSINIO DI PEPPINO IMPASTATO
[Da Giovanni Impastato (per contatti: giovannimpastato@gmail.com) riceviamo
e volentieri diffondiamo]
Il trentennale e' l'occasione per riflettere su alcuni punti fermi che
riguardano la storia di Peppino, le sue scelte politiche, le sue analisi, il
suo progetto di mutamento sociale. Cio' e' necessario poiche' da alcuni anni
sono in atto tentativi di mitizzazione, di sacralizzazione, di
appropriazione e strumentalizzazione della sua immagine da parte dei mezzi
di informazione e di parti politiche che tendono a snaturarne il pensiero.
1. Peppino ha attraversato il suo percorso politico in quelle formazioni
della sinistra rivoluzionaria nate prima e dopo la contestazione del '68,
dai gruppi marxisti-leninisti alla campagna elettorale per il Manifesto, a
Lotta continua, alla candidatura alle elezioni comunali come Democrazia
Proletaria. La sua scelta del comunismo rifuggiva dalle dittature
burocratiche del "socialismo reale" e si fondava sull'eguaglianza, il
soddisfacimento collettivo dei bisogni, la partecipazione dal basso. Tutto
questo viene drasticamente piallato o fortemente emarginato dall'iconografia
affermatasi negli ultimi anni. Nascevano da queste scelte la polemica con il
Pci nella stagione del "compromesso storico", l'impegno a fianco dei
contadini espropriati per l'ampliamento dell'aeroporto, degli edili
disoccupati, con l'obiettivo di coniugare lotte sociali e impegno culturale
e politico fuori e all'interno delle istituzioni.
2. L'analisi della mafia, intesa come modello di accumulazione e di
interazione con tutti gli aspetti del potere, e' stata il punto centrale di
questo molteplice impegno, fatto di proposte, denunce, controinformazione,
mobilitazione. Tutto cio' in netta opposizione con chi ritiene che la mafia
sia soltanto un gruppo criminale o un generico comportamento, e che la lotta
contro di essa non abbia valenza politica, non sia ne' di destra ne' di
sinistra. Peppino fa parte di una storia che e' quella della lotta di classe
diretta dalle grandi forze della sinistra, dai Fasci siciliani alle lotte
contadine degli anni '50, un patrimonio in seguito disperso con l'adozione
di una politica di cedimenti e di compromessi. L'esperienza di Peppino,
troncata dalla violenza, rivive nelle analisi piu' serie e conseguenti della
mafia e delle mafie, che mettono al centro la loro complessita' e lo
sviluppo di borghesie mafiose all'interno dei processi di globalizzazione
neoliberista, nelle esperienze di movimento, dai noglobal all'antimafia
sociale, non certo nelle generiche manifestazioni di legalita' formale e
negli appelli a un'antimafia unanimistica.
3. In Sicilia e nell'intero Paese negli ultimi anni si e' assistito al
prevalere di forme di legalizzazione dell'illegalita', con l'affermarsi del
cuffarismo e del berlusconismo, con il tentativo di cancellazione della
matrice della Resistenza antifascista a fondamento della Costituzione
repubblicana. Il centrosinistra si e' dimostrato incapace di opporre un
argine al dilagare del conservatorismo e all'inasprirsi dei problemi
suscitati dalla precarizzazione e flessibilizzazione del lavoro. Occorre
dare vita a politiche alternative non subalterne al mercato capitalistico e
ai suoi dogmi della competitivita' ad ogni costo e del successo con ogni
mezzo, in un quadro internazionale in cui le logiche di dominio e i
fanatismi identitari portano alla guerra permanente e alla diffusione dei
terrorismi.
4. In questo contesto i tentativi di costruire nuove forme del fare
politica, le esperienze di antimafia sociale (dalle lotte dei senzacasa di
Palermo alle forme cooperativistiche per l'uso sociale dei beni confiscati,
all'antiracket) debbono essere capaci di uscire dal minoritarismo e dalla
logica della testimonianza, estendere il coinvolgimento dei movimenti,
legando vari temi, dal lavoro all'ambiente: occorre costruire alleanze,
valorizzare il pluralismo, creare cultura, a cominciare dalle scuole, darsi
forme adeguate di comunicazione, in un clima dominato dalle banalita' del
"pensiero unico" e dalla stupidificazione programmata delle televisioni
omologate. E' necessario aprire una nuova stagione di scontro politico per
la conquista della liberta' del lavoro e delle idee contro l'uso
spregiudicato del potere come strumento di sfruttamento e di ricatto per
procurare consenso. La condanna e le dimissioni di Cuffaro pongono il
problema del superamento di un sistema di potere e della costruzione di
un'alternativa credibile sul piano sociale e politico.
5. Su questo terreno il Forum vuole continuare a costruire uno spazio
d'incontro, di analisi e di operativita' tra i nuovi movimenti di lotta, le
esperienze piu' significative del mondo religioso, della cooperazione
internazionale, le organizzazioni che operano in varie parti del mondo, per
dare vita a un progetto che unifichi le resistenze, coniughi la liberazione
dalle mafie e la costruzione di una nuova societa' possibile, nel nome di
Peppino e sulla strada da lui indicata.
*
Promotori: Associazione Peppino Impastato - Casa Memoria di Cinisi, Centro
siciliano di documentazione Giuseppe Impastato di Palermo, Associazione
Radio Aut, Circolo Metropolis di Castellammare del Golfo.
*
Per informazioni, adesioni e contatti:
- Associazione Peppino Impastato - Casa Memoria, 90045 Cinisi (Pa), tel.
0918666233-3341689181, e-mail: giovannimpastato@gmail.com,
casamemoriaimpastato@gmail.com, sito: www.peppinoimpastato.com
- Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, via Villa Sperlinga
15, Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi@tin.it, sito:
www.centroimpastato.it
*
Per dare il proprio contributo: Associazione culturale Peppino Impastato,
c.c.p. 26951889, CIN K CAB 04600 ABI 07601
4. RIFLESSIONE. EDUARDO GALEANO: TRE BUGIE E UNA VERITA'
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 marzo 2008, col titolo "I poveri non
esistono".
Eduardo Galeano e' nato nel 1940 a Montevideo (Uruguay); giornalista e
scrittore, nel 1973 in seguito al colpo di stato militare e' stato
imprigionato e poi espulso dal suo paese; ha vissuto lungamente in esilio
fino alla caduta della dittatura. Dotato di una scrittura nitida, pungente,
vivacissima, e' un intellettuale fortemente impegnato nella lotta per i
diritti umani e dei popoli. Tra le sue opere, fondamentali sono: Le vene
aperte dell'America Latina, recentemente ripubblicato da Sperling & Kupfer,
Milano; Memoria del fuoco, Sansoni, Firenze; e i recenti A testa in giu',
Sperling & Kupfer, Milano, e Le labbra del tempo, Sperling & Kupfer, Milano.
Tra gli altri suoi libri editi in italiano: Guatemala, una rivoluzione in
lingua maya, Laterza, Bari; Voci da un mondo in rivolta, Dedalo, Bari; La
conquista che non scopri' l'America, Manifestolibri, Roma; Las palabras
andantes, Mondadori, Milano]
Una bugia. Fino a pochissimo tempo fa, i grandi mezzi di comunicazione ci
regalavano, ogni giorno, cifre trionfali sulla lotta internazionale contro
la poverta'. La poverta' stava battendo in ritirata, sebbene i poveri, male
informati, non si accorgessero della buona novella. I burocrati meglio
pagati del pianeta, adesso, stanno confessando che i male informati erano
loro.
La Banca Mondiale ha diffuso l'aggiornamento del suo International
Comparison Program. Al lavoro hanno partecipato, insieme alla Banca
Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, le Nazioni Unite,
l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico e altre
istituzioni filantropiche. La' gli esperti correggono alcuni piccoli errori
dei rapporti precedenti. Fra le altre cose, adesso veniamo a sapere che i
poveri piu' poveri del mondo, i cosiddetti indigenti, sono cinquecento
milioni in piu' di quelli che comparivano nelle statistiche. Inoltre, adesso
sappiamo che i paesi poveri sono alquanto piu' poveri di quanto dicessero i
numerini, e che la loro disgrazia e' peggiorata mentre la Banca Mondiale
vendeva loro la pillola della felicita' del libero mercato. E come se non
bastasse, risulta che la disuguaglianza universale fra poveri e ricchi era
stata misurata male, e su scala planetaria l'abisso e' ancora piu' profondo
di quello del Brasile, paese ingiusto se ce ne sono.
*
Altra bugia. Allo stesso tempo, un vicepresidente della Banca Mondiale,
Joseph Stiglitz, in un lavoro realizzato con Linda Bilmes, ha studiato i
costi della guerra in Iraq. Il presidente George W. Bush aveva annunciato
che la guerra avrebbe potuto costare, al massimo, 50.000 milioni di dollari,
il che di primo acchito non sembrava troppo caro, trattandosi della
conquista di un paese cosi' ricco di petrolio. Erano cifre tonde, o,
piuttosto, quadrate. La strage dell'Iraq va avanti da piu' di cinque anni, e
in questo periodo gli Stati Uniti hanno speso un milione di milioni di
dollari uccidendo civili innocenti. Dalle nuvole, le bombe uccidono senza
sapere chi. Sotto il sudario del fumo, i morti muoiono senza sapere perche'.
Quella cifra di Bush basta appena per finanziare un trimestre di crimini e
discorsi. La cifra mentiva, al servizio di questa guerra, nata da una bugia,
che continua nella menzogna.
*
E ancora un'altra bugia. Quando ormai tutti sapevano che in Iraq non c'erano
altre armi di distruzione di massa all'infuori di quelle che usavano gli
invasori, la guerra continuo', sebbene avesse dimenticato i suoi pretesti.
Allora, il 14 dicembre 2005, i giornalisti domandarono quanti iracheni
fossero morti nei due primi anni di guerra. E il presidente Bush parlo' del
tema per la prima volta. Rispose: circa trentamila, piu' o meno. E subito
dopo fece una battuta, confermando il suo senso dell'umorismo sempre
opportuno, e i giornalisti risero. L'anno dopo, reitero' la cifra.
Non chiari' che i trentamila si riferivano ai civili iracheni la cui morte
era comparsa sui giornali. La cifra reale era di gran lunga maggiore, come
lui ben sapeva, perche' la maggioranza delle morti non si pubblica, e ben
sapeva pure che fra le vittime c'erano molti vecchi e bambini. Quella fu
l'unica informazione fornita dal governo degli Usa sulla pratica del tiro a
segno contro i civili iracheni. Il paese invasore tiene il conto dettagliato
solo dei suoi soldati caduti. Gli altri sono nemici o danni collaterali, che
non meritano di essere contati. E in ogni caso, contarli risulterebbe
pericoloso: quella montagna di cadaveri potrebbe causare una brutta
impressione.
*
E una verita'. Bush viveva i primi tempi della sua presidenza quando il 27
luglio 2001 domando' ai suoi compatrioti: potete immaginarvi un paese non in
grado di coltivare alimenti sufficienti per sfamare la sua popolazione?
Sarebbe una nazione esposta a pressioni internazionali. Sarebbe una nazione
vulnerabile. E per cio', quando parliamo dell'agricoltura americana, in
realta' parliamo di una questione di sicurezza nazionale. Quella volta, il
presidente non menti'. Lui stava difendendo i favolosi sussidi che
proteggono la campagna del suo paese. L'agricoltura americana significava e
significa unicamente l'Agricultura degli Stati Uniti. Tuttavia, e' il
Messico, un altro paese americano, quello che meglio illustra i suoi
azzeccati concetti. Da quando ha firmato il trattato del libero commercio
con gli Stati Uniti, il Messico non coltiva alimenti sufficienti per le
necessita' della sua popolazione, e' una nazione esposta a pressioni
internazionali, ed e' una nazione vulnerabile, la cui sicurezza nazionale
corre un grave rischio: oggigiorno, il Messico compra dagli Stati Uniti
dieci milioni di dollari di alimenti che potrebbe produrre; i sussidi
protezionisti rendono impossibile la concorrenza; le tortillas messicane
continuano ad essere messicane per le bocche di coloro che le mangiano, ma
non per il mais che le fa, importato, sussidiato e transgenico; il trattato
aveva promesso prosperita' commerciale, ma la carne umana, contadini
rovinati che emigrano, e' il principale prodotto messicano di esportazione.
Ci sono paesi che sanno difendersi. Sono pochi. Per questo sono ricchi. Ci
sono altri paesi allenati per lavorare alla loro perdizione. Sono quasi
tutti gli altri.
5. RIFLESSIONE. MARINA TERRAGNI: GLI UOMINI, L'ABORTO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente articolo apparso su "Io donna" dell'8 marzo 2008 col
titolo "Se gli uomini parlano troppo di aborto".
Marina Terragni, giornalista, e' editorialista di "Io Donna" e scrive sul
"Corriere della Sera" e su "Il foglio". Opere di Marina Terragni: (con
Vittorino Andreoli), E vivremo per sempre liberi dall'ansia, Rizzoli, Milano
1997; La scomparsa delle donne, Mondadori, Milano 2007]
Fino a non molto tempo fa gli uomini non parlavano di aborto. Era una cosa
di donne, una di quelle cose vicine alla nascita - sangue, parti,
concepimenti -, di cui preferivano non impicciarsi. Era il silenzio di chi
lasciava fare alla competenza femminile, e non senza qualche ragione di
comodo: sbrigatevela voi. Da qualche tempo invece hanno preso a metterci il
naso. Ne parlano molto piu' delle donne, che si sentono costrette a
rispondere. Soprattutto i "contro", i cosiddetti pro life, con toni accesi e
accusatori, accostando l'aborto all'omicidio e alla pena di morte.
Le donne non hanno mai posto la questione in termini di pro o contro.
L'aborto e' sempre stato un fatto della vita, e anche quelle che non
abortirebbero mai non hanno mai giudicato e condannato chi l'ha fatto,
confidando nelle sue buone ragioni. Dalla notte dei tempi, le donne si sono
sempre dimostrate di necessita' pro choice.
Un'affollata riunione alla storica Libreria delle donne di Milano, indetta
in mezzo a questo fervoroso dibattito maschile, e in seguito alla
presentazione della Lista per la vita concepita da Giuliano Ferrara,
mantiene questa impostazione: nessuna posizione reattiva, ma un discorso
sull'aborto che riprende il filo delle moltissime cose gia' dette, vissute e
pensate dalle donne, e le fa andare avanti. Nessun rituale "la legge 194 non
si tocca", ne' tantomeno una difesa del supposto "diritto d'aborto", diritto
che nessuna mai nel femminismo ha rivendicato. L'aborto, come dice Luisa
Muraro, tra le fondatrici della Libreria, fa anzi parte di quelle "materie
di confine per le quali la lingua dei diritti non aiuta di sicuro a trovare
la parola giusta".
Muraro ipotizza che l'aborto "tocca inconsciamente gli uomini, che sono nati
e nascono da donne". Anche secondo altre l'offensiva maschile puo' essere
letta come capitolo di una generale guerra alle madri, la cui competenza non
e' piu' riconosciuta. Le donne sono costrette a negoziare non solo la loro
volonta' di non avere figli, ma soprattutto quella di averne. Con i datori
di lavoro, con chi decide i tempi di vita nelle citta', con una societa' che
non aiuta le madri e che vede i bambini solo come un incomodo. Ma
soprattutto devono negoziare con gli uomini, per i quali non e' mai il
momento giusto per diventare padri: "La fine del patriarcato" osserva Lia
Cigarini, altra fondatrice della Libreria, "si esprime anche in questo
disinteresse maschile per il rapporto padre-figlio". Dietro a ogni aborto
c'e' sempre un uomo, e quasi mai uno che avrebbe invece voluto diventare
padre. Ma se non vogliono diventare padri, perche' poi dicono di volere i
bambini?
L'interesse maschile si ferma al feto, a quella fase in cui il bambino e'
ancora totalmente dipendente da una madre fantasticata come onnipotente,
irresponsabile e crudele. E' una specie di fissazione sull'embrione,
un'identificazione con lui contro la madre "nemica". Poi quando il bambino
nasce torna a essere un affare di donne, lasciate sole a svolgere il loro
compito. "La filiera", dice qualcuna, "si interrompe con il parto".
Da quando l'embrione e' stato separato dal corpo della madre il disordine
simbolico e' straordinario. Da quando la competenza materna come e' data in
natura e' stata esautorata, irrompendo nella stanza del concepimento e del
parto e inondando con la luce della tecnica cio' che e' sempre accaduto nel
buio e nel silenzio, l'antagonismo tra madre e figlio e' definitivamente
sancito. Ma piu' si fara' guerra alle madri, meno bambini ci saranno. Non
c'e' verso: diritto o non diritto, e' sempre e solo il si' della madre che
da' inizio a ogni nuova vita umana. La sola cosa che si puo' fare e'
costruire le condizioni perche' il piu' delle volte questo si' venga.
Dietro questo aggressivo interesse maschile per il feto, Marisa Guarneri
della Casa delle donne maltrattate di Milano dice di intravedere "un
sentimento di controllo e di possesso, quella stessa ossessione, molto
diffusa, di essere tagliati fuori dalle donne, che e' il brodo di coltura da
cui si generano i comportamenti violenti". Un'altra nota che le donne
abortiscono soprattutto quando sono sole.
Nel 1971, sette anni prima dell'approvazione della legge 194, Carla Lonzi,
una delle madri del femminismo italiano, scriveva: "L'uomo ha lasciato la
donna sola di fronte a una legge che le impedisce di abortire: sola,
denigrata, indegna della collettivita'. Domani finira' per lasciarla sola di
fronte a una legge che non le impedira' di abortire. Ma la donna si chiede:
per il piacere di chi sono rimasta incinta e (...) sto abortendo?". E'
proprio sull'impossibilita' di separare il discorso sull'aborto da quello
sulla sessualita' che molte insistono. "Se c'e' un elemento unificante negli
aborti - dice Ritanna Armeni, autrice del libro-inchiesta La colpa delle
donne - e' la soggezione alla sessualita' maschile. Per la donna del sud la
sessualita' del marito non si discute. Al nord e' l''incidente', la
contraccezione che non ha funzionato. Ma questa soggezione c'e' per tutte".
Gli uomini che discutono di aborto sono disponibili a parlare anche di
questo?
Infine: la parola piu' strettamente politica che esce dal dibattito e'
"depenalizzazione". Per la legge italiana l'aborto e' ancora un reato
perseguibile, a meno che non venga praticato nella struttura pubblica.
Esemplare il caso di Torino, dove il ginecologo Silvio Viale e altri tre
medici sono indagati per violazione della legge 194, avendo concesso ad
alcune pazienti di tornare a casa in corso di somministrazione della pillola
abortiva RU 486, il che secondo gli inquirenti avrebbe comportato la
possibilita' di abortire fuori dall'ospedale. Depenalizzazione vuole dire
che l'aborto non sarebbe piu' reato, ne' dentro ne' fuori dagli ospedali.
Quindi che si potrebbe abortire anche nel privato.
40 anni fa, prima dell'approvazione della legge 194, un lungo dibattito
contrappose la proposta di depenalizzazione, avanzata da piccoli gruppi di
autocoscienza che vedevano l'aborto come una questione che eccedeva il campo
del diritto (ipotesi sostenuta dai radicali), alla proposta di
legalizzazione contro l'emergenza degli aborti clandestini, sostenuta della
maggioranza delle donne. Alla gran parte l'idea di depenalizzare pareva solo
un'interessante posizione teorica e ultralibertaria. Oggi ci sono anche
immediate ragioni pratiche per riconsiderarla.
Dall'entrata in vigore della 194 il numero degli aborti si e' ridotto di
oltre il 40%, la legge sembra aver funzionato. Ma ormai da tempo la sua
applicazione non e' piu' garantita a causa del numero crescente di obiettori
negli ospedali. La leva delle ginecologhe e dei ginecologi "cresciuti" a
fianco del movimento delle donne e sfiniti da anni di prima linea e di
progressivo isolamento, viene via via rimpiazzata da giovani medici che di
aborti non vogliono piu' saperne, spesso per ragioni di carriera, ma anche
per una diversa sensibilita' al problema.
Gridare che "la 194 non si tocca", quindi, oggi serve a poco: nessuno,
neanche la Chiesa, sembra piu' intenzionato a toccarla. L'auspicio semmai e'
quello di vederla in breve svuotata dall'interno, estinta per morte
naturale. La depenalizzazione consentirebbe anche di "liberare" quei pochi
posti in ospedale e nelle cliniche convenzionate - l'intervento resterebbe
garantito e mutuabile -, formalizzando una situazione di fatto che oggi vede
soprattutto straniere rivolgersi alla struttura pubblica, mentre chi ha la
possibilita' di sottrarsi alla trafila va ad abortire in Svizzera, in
Spagna, a Londra.
E poi si', certo, meno aborti possibile, e al piu' presto possibile. Questo
resta l'obiettivo primario. "Ma chi vuole davvero vedere nascere piu'
bambini" dice Luisa Muraro, "dovrebbe mostrare il desiderio che ha di loro,
di vederne di piu', di starci piu' insieme. E di condividerli con le madri".
6. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]
Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per
molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per
la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza.
Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del
commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'
chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an@nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org
7. RIEDIZIONI. OSCAR LUIGI SCALFARO: LA MIA COSTITUZIONE
Oscar Luigi Scalfaro, La mia Costituzione, Passigli, Bagno a Ripoli
(Firenze) 2005, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2008, pp. 240, euro 6,90
(in supplemento a "L'Unita'"). A cura di Guido Dell'Aquila, un'ampia
intervista al Presidente emerito della Repubblica che rievoca la nascita
della Costituzione italiana, ne ripercorre e commenta gli articoli alla luce
delle vicende del passato fin recentissimo, e ne difende infine il valore e
l'attualita' di contro ai golpisti vecchi e nuovi. Un'utile lettura
(ovviamente non tutte le opinioni ivi espresse ci trovano concordi), in
particolare per insegnanti, studenti, pubblici amministratori e militanti
politici. Con il testo integrale della nostra carta costituzionale.
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir@peacelink.it, luciano.benini@tin.it,
sudest@iol.it, paolocand@libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info@peacelink.it
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 409 del 29 marzo 2008
Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
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