NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINONumero 412 del primo aprile 2008Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricercaper la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenzaDirettore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.itSommario di questo numero:1. "Azione nonviolenta" di aprile2. Il 19 aprile a Bologna3. Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento5. Letture: Ferdinando Imposimato, Sandro Provvisionato, Doveva morire6. Letture: Quasimodo. Vita, poetica, opere scelte7. Riedizioni: Simone de Beauvoir, Quando tutte le donne del mondo...8. Indice de "La nonviolenza e' in cammino" marzo 20089. La "Carta" del Movimento Nonviolento10. Per saperne di piu'1. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI APRILE[Dal Movimento Nonviolento (per contatti: azionenonviolenta@sis.it)riceviamo e volentieri diffondiamo]E' uscito il numero di aprile 2008 di "Azione nonviolenta", rivista delMovimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile diformazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza inItalia e nel mondo.*In questo numero: La nonviolenza di Martin Luther King attraverso cinquemomenti di vita e di morte, di Sergio Albesano; Educare alla nonviolenza inCalabria, a partire da Rosa Parks, di Vincenzo Altomare; Manifesto del primomarzo 2008; Il potere della coscienza, a Locri, contro il dominio della'ndrangheta, di Vincenzo Linarello; Lotta di liberazione della Calabria
dalle tre violenze della criminalita', di Pasquale Pugliese; Io voto liberodalla paura della 'ndrangheta (testo di un volantino distribuito in Calabriaprima delle elezioni); Donne d'onore, storie di mafia al femminile, di ElenaBuccoliero; Tra autodeterminazione ed integrita' territoriale, di PaoloBergamaschi; Crisi della democrazia. Puo' rinascere la fiducia fra cittadinied istituzioni? Intervista collettiva a Giancarla Codrignani, Michele Boato,Tiziana Valpiana, Lidia Menapace, Maria G. Di Rienzo, Daniele Lugli, a curadi Mao Valpiana.Le rubriche: Educazione. Complessita' e nonviolenza (seconda parte), a curadi Pasquale Pugliese; Economia. Bilancio positivo dell'integrazionescolastica della disabilita', a cura di Paolo Macina; Per esempio. Praticheculturali vecchie e nuove che rovinano la vita alle donne, a cura di MariaG. Di Rienzo; Cinema. Piovono ancora le pietre della precarieta' permanente,a cura di Enrico Pompeo; Libri. Ancora quarant'anni di petrolio ma cinquemiliardi di anni di sole, a cura di Sergio Albesano.In copertina: Il potere dell'amore, quarant'anni dopo. Martin Luther King1968-2008.In seconda: In ricordo di Alerino Peila, obiettore di coscienza, a cura diAlberto Trevisan.In terza di copertina: 5 per mille al Movimento Nonviolento.In ultima: L'ultima di Biani, I Have A Dream.*Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212,e-mail: an@nonviolenti.org, sito: ww.nonviolenti.orgPer abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile
chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzoan@nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".2. INCONTRI. IL 19 APRILE A BOLOGNASabato 19 aprile, dalle ore 10 alle 17, a Bologna, nella sala sindacaledella stazione ferroviaria, si terra' l'assemblea "per una rete di donne euomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza" promossa daipartecipanti al precedento incontro del 2 marzo realizzato a seguitodell'appello diffuso lo scorso febbraio da Michele Boato, Maria G. Di Rienzoe Mao Valpiana.Per informazioni e contatti coi promotori dell'iniziativa: Michele Boato:micheleboato@tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59@libero.it, Mao Valpiana:mao@nonviolenti.org3. DOCUMENTI. UNA RETE DI DONNE E UOMINI PER L'ECOLOGIA, IL FEMMINISMO E LANONVIOLENZA[Riproponiamo ancora una volta il documento conclusivo dell'assemblea diBologna del 2 marzo 2008 (per contatti coi promotori: Michele Boato:micheleboato@tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59@libero.it, Mao Valpiana:mao@nonviolenti.org)]Dall'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 nasce una rete di donne e uominiper l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza.*Ci siamo incontrati in molti, da tutta Italia, per dare assieme una risposta
all'abisso che divide il Palazzo dalla popolazione, per uscire dallasubalternita' e dal fatalismo del "non si puo' fare nulla" contro lecontinue guerre, le devastazioni ambientali, il maschilismo e ifondamentalismi che negano la dignita' di tutti gli esseri umani, le mafie eil razzismo, le sopraffazioni e le ingiustizie.Ci siamo detti che, sulle questioni piu' importanti, come la partecipazioneanticostituzionale dell'Italia alla guerra in Afghanistan, lo scandalo dellaTav, del Mose, dei rigassificatori e degli inceneritori, dell'incrementodissennato del trasporto aereo e delle autostrade, la provocazione dellanuova base militare Usa a Vicenza e delle testate nucleari a Ghedi edAviano, il razzismo, l'informazione negata, la corruzione e le complicita'con i poteri criminali, i governi di destra e di centrosinistra non hannomostrato grandi differenze.*Percio' noi, che facciamo parte dell'arcipelago di comitati, associazioni,movimenti e persone che non si sono stancate di lottare contro leingiustizie, le guerre e le violenze (anche contro gli amici animali), ilrazzismo e le mafie, il maschilismo e la devastazione delle relazioni umanee della biosfera, e ci sforziamo di realizzare una societa' e una vita piu'amichevole e piu' sana, fuori dall'ossessione consumistica e dall'invasionedei rifiuti, in armonia con la natura e nella difesa dei beni comuni, comenostra sorella acqua, abbiamo deciso di riprendere il cammino iniziato conla nonviolenza di Aldo Capitini e Maria Montessori, il socialismo libertariodi Rosa Luxemburg e Lelio Basso, l'anti-autoritarismo del '68, il femminismoche dagli anni '70 illumina le nostre vite, l'ecologismo di Laura Conti eAlex Langer e del primo arcipelago verde.*Per costruire, con un metodo basato su comunicazione, concretezza,inclusione, democrazia dal basso e rispetto reciproco:
- una rete che colleghi e rafforzi le moltissime esperienze locali, e,partendo da esse, prepari anche una presenza diretta del movimento nellapolitica anche istituzionale, attraverso la costruzione di listepulitissime, fatte da uomini e donne coraggiose, disinteressate, nonviolentee competenti;- un programma che, uscendo dal "pensiero unico" di sviluppo e crescita, sibasi su:1. decrescita e ricerca del benessere nella sobrieta';2. energia solare, risparmio e bioarchitettura per diventare indipendentidai combustibili fossili, dal ricatto nucleare e dalle emissioni di gasserra e di polveri cancerogene;3. difesa della democrazia e suo ampliamento verso i referendum locali e ilpotere dal basso;4. smilitarizzazione del territorio, con riduzione delle spese militari,abbandono di armamenti offensivi e basi Usa - nucleari e non -, creazione diun corpo civile di pace europeo;5. societa' accogliente, solidale e aperta alle diversita', nel rispettodelle regole di convivenza e solidarieta', con un forte impegno per idiritti delle donne e contro la violenza su di esse; con un particolareimpegno all'educazione al genere ed al rispetto tra i generi; un impegnoalla lotta contro la violenza di genere e all'analisi di genere di ogniprogetto; apertura alle varie culture, ma ne' tradizioni ne' ideologiepossono essere usate per negare alle donne i loro diritti umani.*Con regole di comportamento comuni che:1. impediscano la politica come professione e come strumento diarricchimento;2. instaurino un confronto diretto sistematico tra elettori ed eletti;3. pratichino il principio del 50% di presenza femminile in ogni sedeistituzionale;4. applichino la scelta della nonviolenza anche nel linguaggio.*Constatando che la precipitazione della crisi di governo impediscematerialmente la presentazione di queste liste alle prossime elezioni (con
la conseguenza di diverse scelte, dal voto per il "meno peggio" di quelloche i partiti di centro e di sinistra propongono, alla disponibilita' dicandidarsi nella lista civica "Per il bene comune", fino all'astensionismoattivo) l'assemblea ha deciso di mettere le basi per la rete utilizzandoanche a questo scopo il quotidiano telematico "La nonviolenza e' incammino"; aprendo la lista di discussione "Donne e uomini per l'ecologia, ilfemminismo e la nonviolenza" con l'aiuto tecnico della rete di Lilliput;riconvocandosi subito dopo le elezioni, sabato 19 aprile dalle ore 10 alle17, ancora a Bologna, nella stessa sala sindacale della stazioneferroviaria, per decidere un programma, iniziative e ulteriori strumenti dilavoro comuni.*Per informazioni, adesioni, contatti: Michele Boato: micheleboato@tin.it,Maria G. Di Rienzo: sheela59@libero.it, Mao Valpiana: mao@nonviolenti.org4. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibilesottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione dipromozione sociale).Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamentesoldi gia' destinati allo Stato.Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere ilnumero di codice fiscale dell'associazione.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Permolti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno nonfara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccolaquota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,la gratuita', le donazioni.I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' delMovimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa perla pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato lagenerosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per lapromozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campiestivi, eccetera).Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltrequarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione dellanonviolenza.Grazie.Il Movimento Nonviolento*P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali delcommercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delleEntrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie atutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.*Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an@nonviolenti.org, sito:www.nonviolenti.org5. LETTURE. FERDINANDO IMPOSIMATO, SANDRO PROVVISIONATO: DOVEVA MORIRE
Ferdinando Imposimato, Sandro Provvisionato, Doveva morire. Che ha uccisoAldo Moro. Il giudice dell'inchiesta racconta, Chiare lettere, Milano 2008,pp. XIV + 402, euro 19,60. Un magistrato che e' uno dei fari dell'Italiacivile, e un giornalista fedele alla verita', ricostruiscono una vicendacruciale della nostra storia e ne indicano elementi decisivi su cuigiustizia ancora non e' stata fatta. Con un'intervista ad Eleonora Moro eun'ampia sezione documentaria. Un libro che vivamente raccomandiamo, uncontributo alla democrazia e alla dignita' di tutti e di ciascuno.6. LETTURE. QUASIMODO. VITA, POETICA, OPERE SCELTEQuasimodo. Vita, poetica, opere scelte, Il sole 24 ore, Milano 2008, pp.656, euro 12,90 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore"). Il volumeripropone materiali gia' editi da Mondadori ed Electa: un saggiointroduttivo ed apparati di Anna De Simone, un saggio di Gilberto Finzi su"Quasimodo traduttore di classici", l'opera poetica originale, e per letraduzioni ovviamente tutti i Lirici greci - che se non e' il libro dipoesia decisivo della storia del gusto e della lingua poetica italiana delNovecento poco ci manca - e una selezione di quelle dall'Antologia palatina.Come non raccomandare di leggere, rileggere questa poesia, ormai divenutafibra del nostro medesimo sentire?7. RIEDIZIONI. SIMONE DE BEAUVOIR: QUANDO TUTTE LE DONNE DEL MONDO...Simone de Beauvoir, Quando tutte le donne del mondo..., Einaudi, Torino1982, 2006, pp. IV + 186, euro 9.50. Una miscellanea di interventi per idiritti delle donne della grande intellettuale di forte impegno civile,autrice de Il secondo sesso e di quella vasta opera memorialistica che e'uno dei monumenti della vita culturale del Novecento.8. MATERIALI. INDICE DE "LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO" MARZO 2008* "Minime", numero 381 del primo marzo 2008: 1. Michele Boato, Maria G. Di
Rienzo, Mao Valpiana: Crisi politica, abisso tra palazzo e popolazione: cosapossiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza? 2.Maria G. Di Rienzo: Le liste che vorremmo; 3. Il 2 marzo a Bologna; 4.Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana: Crisi politica. Cosapossiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?Discutiamone il 2 marzo a Bologna; 5. "Azione nonviolenta" di marzo; 6.Elisa Nivola: Esperienze e riflessioni del movimento di cooperazioneeducativa in Sardegna (2003); 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8.Per saperne di piu'.* "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 164 del primo marzo 2008: 1.Angela Azzaro intervista Tamar Pitch; 2. Un estratto da "Le streghe siamonoi" di Barbara Ehrenreich; 3. Alcuni estratti da "Maglia e uncinetto" diLuisa Muraro.* "Minime", numero 382 del 2 marzo 2008: 1. Oggi a Bologna; 2. Da Gaza alPakistan, la guerra; 3. Indice de "La nonviolenza e' in cammino" febbraio2008; 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 5. Per saperne di piu'.* "La domenica della nonviolenza", numero 153 del 2 marzo 2008: 1. Alcunimateriali di riflessione; 2. Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, MaoValpiana: Crisi politica, abisso tra palazzo e popolazione: cosa possiamofare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza? 3. Maria G.Di Rienzo: Le liste che vorremmo; 4. Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, MaoValpiana: Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologistie amici della nonviolenza? Discutiamone il 2 marzo a Bologna; 5. "Centro diricerca per la pace" di Viterbo: Un contributo all'assemblea del 2 marzo aBologna; 6. Una glossa; 7. Centro studi "Sereno Regis" di Torino e Mir-Mndel Piemonte: Un contributo all'assemblea del 2 marzo a Bologna; 8. Una
glossa; 9. "Fucina per la nonviolenza" di Firenze: Un contributoall'assemblea del 2 marzo a Bologna; 10. Una glossa; 11. GiobbeSantabarbara: In guisa di postilla.* "Minime", numero 383 del 3 marzo 2008: 1. Mao Valpiana: Un vero eventopolitico; 2. Fermare la guerra; 3. Ali Rashid: Salviamola noi, subito, lapace in Palestina; 4. Lorella Pica: "Que lindo estar aqui' con ustedes"; 5.Andrea Cortellessa ricorda Michele Ranchetti; 6. Massimo Raffaeli presental'"Autobiografia documentaria" di Renato Solmi; 7. La "Carta" del MovimentoNonviolento; 8. Per saperne di piu'.* "Voci e volti della nonviolenza", numero 153 del 3 marzo 2008: 1. Heridicebamus; 2. Luciano Bonfrate: Ai cari amici in marcia per la pace ed agliamici cari congressisti del Movimento Nonviolento salve; 3. Due passaggi; 4.Cinque cose da fare di cui varrebbe la pena ragionare; 5. Politica e vita;6. Severino Vardacampi: L'attimo fuggente, ovvero una parola rivolta alcongresso delle amiche e degli amici del Movimento Nonviolento; 7. Da unalettera di Malvolio all'amico suo Benigno; 8. Il momento e' ora. Unaproposta alle persone amiche della nonviolenza; 9. Lino Marfori: Per dirlatutta; 10. Il fascismo dei maschi, il razzismo degli sfruttatori.Apocalypsis cum figuris; 11. Le leggi di Norimberga.* "Minime", numero 384 del 4 marzo 2008: 1. Luciano Bonfrate: E poi; 2.Giulio Vittorangeli: Non mi chiamare straniero; 3. Oggi a Viterbo; 4. AFerrara il 7 marzo; 5. A Torino in aprile e maggio; 6. Enzo Mazzi ricordaMichele Ranchetti; 7. Barbara Ehrenreich: Un estratto dall'Introduzione di"Una paga da fame"; 8. Mariuccia Ciotta presenta "Il prezzo del velo" diGiuliana Sgrena; 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10. Per saperne dipiu'.* "Voci e volti della nonviolenza", numero 154 del 4 marzo 2008: 1. Ancora;
2. Cinque tesi sulla nonviolenza in cammino e sui compiti dell'ora; 3. Unrequiem e un appello; 4. Ancora sull'urgenza delle urgenze; 5. Contro laguerra, la nonviolenza (parte prima).* "Minime", numero 385 del 5 marzo 2008: 1. Enrico Piovesana: Le vittimecivili della Nato; 2. Le notizie che trapelano su una parte delle stragidegli ultimi due giorni; 3. Oggi a Napoli; 4. Oggi a Roma; 5. Antonio Armanopresenta "Una paga da fame" di Barbara Ehrenreich; 6. Federico Rampinipresenta "Una paga da fame" di Barbara Ehrenreich; 7. Benedetto Vecchipresenta "Una paga da fame" di Barbara Ehrenreich; 8. La "Carta" delMovimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.* "Voci e volti della nonviolenza", numero 155 del 5 marzo 2008: Contro laguerra, la nonviolenza (parte seconda e conclusiva).* "Minime", numero 386 del 6 marzo 2008: 1. Il 6 marzo a Cento; 2. In variecitta' italiane in questi giorni con "Leggendaria"; 3. A Milano l'8 marzo;4. A Roma l'8 marzo; 5. Chiara Saraceno: Perche' le donne si sono riprese laparola; 6. Goffredo Fofi ricorda Michele Ranchetti; 7. Michele Ranchettiricorda Lorenzo Milani; 8. Elena Loewenthal presenta "Una terra e duepopoli. Sulla questione ebraico-araba" di Martin Buber; 9. La "Carta" delMovimento Nonviolento; 10. Per saperne di piu'.* "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 165 del 6 marzo 2008: 1. Maria G.Di Rienzo: Un impegno alla lotta contro la violenza di genere; 2. GiancarlaCodrignani: A cento anni dal primo otto marzo; 3. Patrizia Gabrielli: E lamimosa resiste; 4. Giovanna Providenti: Un incontro di donne a Japur; 5. Il10 marzo a Terni; 6. Liliana Rampello presenta "Il secondo sesso" di Simonede Beauvoir.* "Minime", numero 387 del 7 marzo 2008: 1. Dall'assemblea di Bologna del 2marzo 2008 nasce una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e
la nonviolenza; 2. Michele Boato: Bologna 2 marzo 2008. Un'assembleanonviolenta, femminista, ecologista ed utile; 3. Lorella Pica: Otto marzo,un progetto di solidarieta' concreta; 4. Il 7 marzo a Lucca; 5. Il 7 e 8marzo a Modena; 6. Il 9 marzo a Bracciano; 7. Il "Cos in rete" di marzo; 8.Riedizioni: Apuleio, L'asino d'oro. Sulla magia; 9. Riedizioni: Arriano,Anabasi di Alessandro; 10. Riedizioni: Plutarco, Vite parallele; 11.Riedizioni: Poeti ellenistici. Callimaco, Teocrito, Meleagro; 12.Riedizioni: Storici latini. Sallustio, Cornelio Nepote; 13. Riedizioni:Publio Terenzio Afro, Commedie; 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento;15. Per saperne di piu'.* "Voci e volti della nonviolenza", numero 156 del 7 marzo 2008: 1. VittorioPallotti ricorda Davide Melodia; 2. Davide Melodia: Un cenno autobiografico;3. Davide Melodia: Ritratto in controluce; 4. Et coetera.* "Minime", numero 388 dell'8 marzo 2008: 1. Maria G. Di Rienzo: Delfemminismo, ovviamente; 2. Adrienne Rich: La mancanza; 3. Robin Morgan:Perche' allora; 4. Norma Rangeri ricorda Tina Lagostena Bassi; 5. In memoriadi Agnese Seranis Piccirillo; 6. Pasquale Iannamorelli: Un sondaggio trapersone amiche della nonviolenza; 7. Benedetto Vecchi intervista GiovanniArrighi; 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.* "Coi piedi per terra", numero 78 dell'8 marzo 2008: 1. Queste elementari edecisive verita'; 2. Dal punto di vista dell'umanita' intera; 3. PaoloRumiz: Scelte quotidiane; 4. Marinella Correggia: Ecotasse; 5. MarinellaCorreggia: Foreste; 6. Il congresso nazionale del Movimento Nonviolento perla riduzione del trasporto aereo; 7. Dall'assemblea di Bologna del 2 marzo2008 nasce una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e lanonviolenza; 8. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di
Viterbo.* "Minime", numero 389 del 9 marzo 2008: 1. Il segreto del nostro orrore; 2.Simone de Beauvoir: Non esiste una morte naturale; 3. Elena Monguzzi:Levatrici, vestali... parole donne; 4. Rossella Ciani intervista LeaMelandri; 5. Premio "Augusto Finzi" per tesi di laurea sull'agricolturabiologica; 6. Sandro Mezzadra presenta "Adam Smith a Pechino" di GiovanniArrighi; 7. Benedetto Vecchi presenta "Adam Smith a Pechino" di GiovanniArrighi; 8. Letture: Baudelaire. Vita, poetica, opere scelte; 9. Letture:Petrarca. Vita, poetica, opere scelte; 10. La "Carta" del MovimentoNonviolento; 11. Per saperne di piu'.* "La domenica della nonviolenza", numero 154 del 9 marzo 2008: Alcuniestratti da "I lager nazisti" di Alessandra Chiappano (parte prima).* "Minime", numero 390 del 10 marzo 2008: 1. Giulio Vittorangeli: Un lavoroper vivere e non per morire; 2. Letizia Tomassone: Puntuale come laprimavera; 3. Ugo Mattei: Alcune note critiche sulla nozione di "rule oflaw"; 4. Ugo Mattei: Alcune note critiche sulla nozione di "AlternativeDispute Resolution"; 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per sapernedi piu'.* "Voci e volti della nonviolenza", numero 157 del 10 marzo 2008: 1. DianaNapoli intervista Michele Boato (parte prima); 2. Dall'assemblea di Bolognadel 2 marzo 2008 nasce una rete di donne e uomini per l'ecologia, ilfemminismo e la nonviolenza.* "Minime", numero 391 dell'11 marzo 2008: 1. Un riconoscimento ad AnnaPuglisi; 2. Anna e Umberto; 3. Paolo Rumiz colloquia con Serge Latouchesulla decrescita; 4. Ugo Mattei: Alcune note critiche sulla nozione di"sviluppo"; 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'.* "Voci e volti della nonviolenza", numero 158 dell'11 marzo 2008: 1. Diana
Napoli intervista Michele Boato (parte seconda e conclusiva); 2.Dall'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 nasce una rete di donne e uominiper l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza.* "Minime", numero 392 del 12 marzo 2008: 1. Ann Jones: La guerra contro ledonne; 2. Etienne Balibar: Ancora su razzismo e antropologia; 3. La "Carta"del Movimento Nonviolento; 4. Per saperne di piu'.* "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 166 del 12 marzo 2008: 1. MariaLuisa Boccia: Nella crisi del patriarcato; 2. Ida Dominijanni: Prima eoltre; 3. Tamar Pitch: Nell'immaginario maschile; 4. Diana Sartori: Ilmessaggio del barrito; 5. Chiara Zamboni: Ferite e fantasmi; 6. GraziaZuffa: Tra scienza e ideologia; 7. Documentazione disponibile nella retetelematica.* "Minime", numero 393 del 13 marzo 2008: 1. Il 5 per mille al MovimentoNonviolento; 2. Patrizia Gentilini: Una lettera ai parlamentari europei; 3.Oggi a Ferrara; 4. Il 27 marzo a Roma; 5. Il 5-6 aprile a Cattolica; 6. EnzoCollotti presenta "Il confine degli altri" di Marta Verginella; 7. La"Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'.* "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 167 del 13 marzo 2008: Alcuniestratti da "La liberta' delle donne" di Anna Rossi-Doria.* "Minime", numero 394 del 14 marzo 2008: 1. Il 5 per mille al MovimentoNonviolento; 2. Ida Dominijanni: Politica e questione maschile; 3. EttoreMasina: A proposito di una occupazione; 4. Marco Morselli: Andre' Chouraqui;5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'.* "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 168 del 14 marzo 2008: 1. ParvinArdalan: Cambiamento per l'eguaglianza; 2. Marina Forti: Un otto marzo aTeheran; 3. Marina Forti intervista Parvin Ardalan.* "Minime", numero 395 del 15 marzo 2008: 1. Peppe Sini: Non un voto ai
partiti terroristi e stragisti corresponsabili della guerra in Afghanistan;2. Marco Garatti: Halima; 3. "Peacereporter": Ancora una strage di civili;4. Enrico Piovesana: Italiani in prima linea; 5. Enrico Piovesana: La guerraafgana sconfina in Pakistan. Bombardamenti Usa sui civili; 6. Il 5 per milleal Movimento Nonviolento; 7. Francesco Ferretti: Leggendo la visione; 8.Valeria Gennero presenta "Il cuore e' un cacciatore solitario" di CarsonMcCullers; 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10. Per saperne di piu'.* "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 169 del 15 marzo 2008: ValeriaGennero presenta "Tutti i miei mondi" di Pearl S. Buck.* "Minime", numero 396 del 16 marzo 2008: 1. E' cosi' facile? 2. E' cosi'difficile? 3. Giuliana Proietti intervista Silvia Vegetti Finzi; 4. Lea Ypiintervista Claus Offe; 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Persaperne di piu'.* "La domenica della nonviolenza", numero 155 del 16 marzo 2008: 1. Alcuniestratti da "I lager nazisti" di Alessandra Chiappano (parte seconda econclusiva); 2. Un estratto da "Filosofia della Shoah" di Fabio Minazzi.* "Minime", numero 397 del 17 marzo 2008: 1. La Birmania, il Tibet,l'Afghanistan e noi; 2. Angela Pascucci: "Il Tibet come la Birmania"; 3.Federico Rampini: Mentre a Lhasa vige il terrore poliziesco; 4. Alcuniestratti da "Verita' e politica" di Hannah Arendt; 5. Letture: Foscolo.Vita, poetica, opere scelte; 6. Letture: Laura Toti Rigatelli, SophieGermain; 7. Riedizioni: Erich Auerbach, Lingua letteraria e pubblico nellatarda antichita' latina e nel Medioevo; 8. Il 5 per mille al MovimentoNonviolento; 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10. Per saperne dipiu'.* "Coi piedi per terra", numero 79 del 17 marzo 2008: 1. Peppe Sini: Quer
pasticciaccio brutto der Ministro de' Trasporti; 2. Centro studi "Demetra":Uno studio sulla relazione del Ministero dei Trasporti del novembre 2007avente ad oggetto "Ampliamento del sistema aeroportuale laziale" (parteprima); 3. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto diViterbo.* "Minime", numero 398 del 18 marzo 2008: 1. Severino Vardacampi: Votareoccorre; 2. Federico Rampini: Se prevale la realpolitik; 3. Anna Nadottipresenta "I giorni dell'amore e della guerra" di Tahmima Anam; 4. BenedettoVecchi presenta "Paura liquida" di Zygmunt Bauman e "Una sociologia dellaglobalizzazione" di Saskia Sassen; 5. Benedetto Vecchi: Come Baumaninterpreta i reality show; 6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento; 7. La"Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'.* "Voci e volti della nonviolenza", numero 159 del 18 marzo 2008: Alcuniestratti dalla "Storia del camminare" di Rebecca Solnit.* "Minime", numero 399 del 19 marzo 2008: 1. Peppe Sini: Contro la guerra,il razzismo, il patriarcato, la devastazione della biosfera, lo sfruttamentoonnicida, votare occorre; 2. Fondazione per la preservazione dellatradizione Mahayana in Italia: Un appello per il Tibet; 3. Una letteraaperta di tre medici della prestigiosa Isde; 4. Gianni Ghirga, AntonellaLitta, Mauro Mocci: Una lettera aperta ai colleghi medici dell'Alto Lazio;5. Letture: Marinella Correggia, Il balcone dell'indipendenza; 6. La "Carta"del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'.* "Coi piedi per terra", numero 80 del 19 marzo 2008: 1. Ne' a Viterbo ne'altrove; 2. Giovanna Rossiello: No all'aeroporto di Viterbo; 3. Centro studi"Demetra": Uno studio sulla relazione del Ministero dei Trasporti delnovembre 2007 avente ad oggetto "Ampliamento del sistema aeroportuale
laziale" (parte seconda e conclusiva); 4. Umberto Cinalli: Una realta'deplorevole; 5. Il 9 marzo a Bracciano diffuso un documento per la riduzionedel trasporto aereo; 6. Si e' svolta il 15 marzo a Viterbo una iniziativa diinformazione dei cittadini; 7. Luca Galassi: Heathrow; 8. MarinellaCorreggia: Quei fine settimana insostenibili; 9. Per contattare il comitatoche si oppone all'aeroporto di Viterbo.* "Minime", numero 400 del 20 marzo 2008: 1. Nello specchio tibetano; 2.Solidarieta' con don Erwin Krautler; 3. Il 20-26 marzo a Roma, il 28-29marzo a Napoli; 4. Il 20 aprile a Rimini; 5. Maria Teresa Carbone: Uncolloquio tra Grossman, Oz, Yehoshua; 6. Giovanna Providenti: La lottanonviolenta delle donne in Myanmar; 7. Il 5 per mille al MovimentoNonviolento; 8. Letture: Nicola Grandi, Fondamenti di tipologia linguistica;9. Riletture: John Stuart Mill, La liberta'. L'utilitarismo. L'asservimentodelle donne; 10. Riedizioni: La satira. Persio e Giovenale; 11. La "Carta"del Movimento Nonviolento; 12. Per saperne di piu'.* "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 170 del 20 marzo 2008: 1. SilviaVegetti Finzi: Tenendosi per mano; 2. Mimmo de Cillis: Chiara Lubich; 3.Wikipedia: Un profilo di Chiara Lubich; 4. Daniele Barbieri intervistaDaniela Danna; 5. Daniela Preziosi intervista Manuela Fraire.* "Minime", numero 401 del 21 marzo 2008: 1. Movimento internazionale dellariconciliazione: Per il Tibet; 2. Gerard Lutte: Vida y muerte; 3. GiulioVittorangeli: Ricordando Oscar Romero e Marianella Garcia; 4. Per OscarRomero; 5. Una canzone per Marianella Garcia; 6. Marianella Garcia, o dellagiustizia; 7. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento; 8. GiovannaProvidenti presenta "A modo mio" di Elena Liotta; 9. Letture: PiergiorgioDonatelli, Introduzione a Mill; 10. Letture: George Orwell, Diari di guerra;
11. Letture: Silvia Vegetti Finzi: Quando i genitori si dividono; 12.Riedizioni: Bernard Bailyn, Gordon S. Wood, Le origini degli Stati Uniti;13. Riedizioni: Giuseppe De Lutiis, Il golpe di via Fani; 14. Riedizioni:Margaret C. Jacob, Massoneria illuminata; 15. Riedizioni: Ruggero Taradel,L'accusa del sangue; 16. Riedizioni: Trattatisti greci. Teofrasto, Anonimodel Sublime, Galeno; 17. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 18. Persaperne di piu'.* "Coi piedi per terra", numero 81 del 21 marzo 2008: 1. Dall'universita'contro l'aeroporto; 2. Una lettera aperta di tre medici della prestigiosaIsde; 3. Gianni Ghirga, Antonella Litta, Mauro Mocci: Una lettera aperta aicolleghi medici dell'Alto Lazio; 4. Il 18 marzo a Viterbo si e' svolta unainiziativa di informazione dei cittadini; 5. Michele Boato: Presentazione di"Gaia - ecologia, nonviolenza, tecnologie appropriate"; 6. Per contattare ilcomitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo.* "Minime", numero 402 del 22 marzo 2008: 1. Mao Valpiana: Tibet. Gli impericrollano, ma il Budda rinasce; 2. Peppe Sini: Ogni giorno; 3. Votare; 4. Il5 per mille al Movimento Nonviolento; 5. Maria G. Di Rienzo presenta il suoromanzo "Il giudizio di Morna"; 6. Letture: Umberto Eco, A passo di gambero;7. Letture: Masters. Vita, poetica, opere scelte; 8. Riletture: FritjofCapra, Ecoalfabeto. L'orto dei bambini; 9. Riletture: Silvia Vegetti Finzi eAnna Maria Battistin, I bambini sono cambiati; 10. Riedizioni: JeanBerenger, Storia dell'impero asburgico; 11. Riedizioni: Stephen Jay Gould,Quando i cavalli avevano le dita; 12. Riedizioni: Luciano, Opere scelte; 13.Riedizioni: Antonio Martelli, La lunga rotta per Trafalgar; 14. La "Carta"del Movimento Nonviolento; 15. Per saperne di piu'.* "Coi piedi per terra", numero 82 del 22 marzo 2008: 1. Le ragioni della
nostra lotta; 2. Peppe Sini: Una storia semplice; 3. Peppe Sini: Querpasticciaccio brutto der Ministro de' Trasporti; 4. Peppe Sini: Sistema dipotere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo (1995); 5.Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo.* "Minime", numero 403 del 23 marzo 2008: 1. Enrico Peyretti: Il Tibet enoi; 2. A Torino il 27 marzo; 3. Maria G. Di Rienzo: Violenza di genere; 4.Umberto Galimberti: Videogiochi. La seduzione della crudelta'; 5. Il 5 permille al Movimento Nonviolento; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7.Per saperne di piu'.* "La domenica della nonviolenza", numero 156 del 23 marzo 2008: 1. EnzoBianchi: Per cosa combatte il Tibet; 2. Angelo Stefanini: I costi umanidell'invasione dell'Iraq cinque anni dopo; 3. Marcelo Barros: Buona pasqua,amici; 4. Elisabetta Donini: Donne, scienza e modelli di sviluppo; 5.Francesco Pistolato intervista Hans-Peter Duerr.* "Minime", numero 404 del 24 marzo 2008: 1. Maria G. Di Rienzo: Tibet. Ilreato di cantare; 2. Il 26 marzo a Casalbordino; 3. Daniele Barbieri: ArthurC. Clarke; 4. "Noi siamo chiesa": Auguri ad Hans Kung per l'ottantesimocompleanno; 5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento; 6. Letture:Francesca Balena Arista, Le Corbusier e il razionalismo; 7. Riedizioni:Carson McCullers, Il cuore e' un cacciatore solitario; 8. Riedizioni: GeorgeOrwell, Giorni in Birmania; 9. Riedizioni: Pier Paolo Pasolini, Petrolio;10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per saperne di piu'.* "Coi piedi per terra", numero 83 del 24 marzo 2008: 1. Il segreto diPulcinella. A Viterbo; 2. Una intervista ad Antonella Litta; 3. Una letteraaperta ai candidati a sindaco del Comune di Viterbo; 4. Per contattare ilcomitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo.* "Minime", numero 405 del 25 marzo 2008: 1. I massacri che non commuovono;
2. Stanislao Arditi e Oliviero Lorelli: Perche' votare, votare per che; 3.Angela Pascucci: Lezioni dal Tibet; 4. Michele Boato: Elezioni politiche.Cosa conviene fare? 5. Giulio Vittorangeli: Sensi, sentimenti, umanita'; 6.Il 5 per mille al Movimento Nonviolento; 7. Il 26 marzo a Siena; 8. La"Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.* "Voci e volti della nonviolenza", numero 160 del 25 marzo 2008: 1. NanniSalio: Per una trasformazione nonviolenta del conflitto Cina-Tibet; 2. Etcoetera.* "Minime", numero 406 del 26 marzo 2008: 1. Enrico Piovesana: Le nostrebombe sui bambini afgani; 2. Maso Notarianni: Adesso basta; 3. DanieleLugli: Il Tibet e noi; 4. Peppe Sini: Non un voto agli assassini; 5. IlForum sociale convocato dai complici degli stragisti; 6. Agli amiciprofessori che scrivono i menu per i ristoranti dell'avvenire; 7. Il 5 permille al Movimento Nonviolento; 8. Marinella Correggia: Ecoalfabeto minimo;9. Liliana Moro presenta "Troppo belle per il Nobel" di Nicolas Witkowski;10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per saperne di piu'.* "Coi piedi per terra", numero 84 del 26 marzo 2008: 1. Ampliato edarricchito il sito www.coipiediperterra.org; 2. Per una minima cronistoriadocumentaria del comitato; 3. Alcune rilevanti personalita' che hannoespresso solidarieta' al comitato; 4. Per contattare il comitato che sioppone all'aeroporto di Viterbo.* "Minime", numero 407 del 27 marzo 2008: 1. Giobbe Santabarbara: MohandasGandhi, Rosa Luxemburg e la guerra; 2. A Udine il 27 marzo; 3. NormannaAlbertini intervista Claudia Fanti; 4. Marinella Correggia: Sobrieta'creativa; 5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento; 6. Paola EmiliaCicerone presenta "Scienziate nel tempo. 65 biografie" di Sara Sesti e
Liliana Moro; 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne dipiu'.* "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 171 del 27 marzo 2008: 1. EmilyDickinson: Questi stranieri, in un mondo straniero; 2. Marinella Correggia:Morire di diarrea a tre anni; 3. Il gruppo di via Ricordi presenta "Dopo lasolitudine" di Barbara Mapelli; 4. Umberto Bottazzini presenta "The World ofMaria Gaetana Agnesi, Mathematician of God" di Massimo Mazzotti; 5. VeronicaPravadelli presenta "Il sogno di Butterfly" di Rey Chow.* "Minime", numero 408 del 28 marzo 2008: 1. Mentre proseguono le stragi; 2.Enrico Piovesana: La truffa degli aiuti mentre le stragi proseguono; 3.Michael Moore: La guerra di Bush; 4. Il 28 marzo a Roma; 5. Il 5 per milleal Movimento Nonviolento; 6. Luca Cangemi presenta "Il mondo nel mirino" diRey Chow; 7. Alessandro Corio presenta "Il mondo nel mirino" di Rey Chow; 8."Le Monde Diplomatique" presenta "Il mondo nel mirino" di Rey Chow; 9.Chiara Marchetti presenta "Giovani musulmani d'Italia" di Annalisa Frisina;10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per saperne di piu'.* "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 172 del 28 marzo 2008: 1. IdaDominijanni: Oltre il confine; 2. Ida Dominijanni intervista Judith Butler;3. Ida Dominijanni intervista Wendy Brown.* "Minime", numero 409 del 29 marzo 2008: 1. Peppe Sini: Due penose assaifollie e la solita concione; 2. Una sottoscrizione per la manifestazionenazionale contro la mafia il 9 maggio a Cinisi; 3. Forum sociale antimafia"Felicia e Peppino Impastato": 1978-2008. Trentennale dell'assassinio diPeppino Impastato; 4. Eduardo Galeano: Tre bugie e una verita'; 5. MarinaTerragni: Gli uomini, l'aborto; 6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento;7. Riedizioni: Oscar Luigi Scalfaro, La mia Costituzione; 8. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.* "Voci e volti della nonviolenza", numero 161 del 29 marzo 2008: 1. IlariaUrbani intervista Thich Nhat Hanh; 2. Et coetera.* "Minime", numero 410 del 30 marzo 2008: 1. Il pagliaccio e l'assassino; 2.La Fondazione Alexander Langer sostiene l'appello degli intellettuali cinesi"Dodici idee sulla situazione in Tibet"; 3. L'appello degli intellettualicinesi: "Dodici idee sulla situazione in Tibet"; 4. Adriana Cavarero: Peruna fenomenologia e un'ermeneutica dell'orrorismo; 5. Il 5 per mille alMovimento Nonviolento; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Persaperne di piu'.* "La domenica della nonviolenza", numero 157 del 30 marzo 2008: Alcuniestratti da "Niente come prima. Il passaggio del '68 tra storia e memoria" acura di Marina Giovannelli.* "Minime", numero 411 del 31 marzo 2008: 1. Benito D'Ippolito: Di AnnaBravo ascoltando le parole; 2. Maria G. Di Rienzo: Una bambina afgana; 3. Dauna lettera di Margite a un amico e maestro suo colendissimo; 4. LucianoBenini: Tibet. Una proposta di azione nonviolenta; 5. Giulio Vittorangeli:70.000 firme per l'Italia libera da armi nucleari; 6. A Verona il 3 aprile;7. Ugo Mattei: Alcune note critiche sulla nozione di "proprieta' privata";8. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento; 9. La "Carta" del MovimentoNonviolento; 10. Per saperne di piu'.* "Coi piedi per terra", numero 85 del 31 marzo 2008: 1. Una sezione ininglese nel sito www.coipiediperterra.org; 2. Alcuni estratti da "Un altromondo e' possibile se..." di Susan George; 3. Per contattare il comitato chesi oppone all'aeroporto di Viterbo.9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individualee di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionalee internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che traealimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue loscopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova illibero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:1. l'opposizione integrale alla guerra;2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e dinazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienzageografica, al sesso e alla religione;3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, ela creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta eresponsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come serviziocomunitario;4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sonopatrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione econtaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiutodell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, lanoncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazionedi organi di governo paralleli.10. PER SAPERNE DI PIU'* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento:
www.nonviolenti.org; percontatti: azionenonviolenta@sis.it* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale dellaRiconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:www.miritalia.org; per contatti: mir@peacelink.it, luciano.benini@tin.it,sudest@iol.it, paolocand@libero.it* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifistaPeacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnatiper la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; percontatti: info@peacelink.itNOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINONumero 412 del primo aprile 2008Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricercaper la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenzaDirettore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.itPer ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
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lunedì 31 marzo 2008
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINONumero 411 del 31 marzo 2008Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricercaper la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenzaDirettore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.itSommario di questo numero:1. Benito D'Ippolito: Di Anna Bravo ascoltando le parole2. Maria G. Di Rienzo: Una bambina afgana3. Da una lettera di Margite a un amico e maestro suo colendissimo4. Luciano Benini: Tibet. Una proposta di azione nonviolenta5. Giulio Vittorangeli: 70.000 firme per l'Italia libera da armi nucleari6. A Verona il 3 aprile7. Ugo Mattei: Alcune note critiche sulla nozione di "proprieta' privata"8. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento9. La "Carta" del Movimento Nonviolento10. Per saperne di piu'1. MAESTRE. BENITO D'IPPOLITO: DI ANNA BRAVO ASCOLTANDO LE PAROLE[Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, doveha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, dideportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura deigruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato aconvegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientificoche ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned(Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa'italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storicodella Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altreistituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, dellaforza della verita'. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vitaoffesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza,
Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti dimemoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con AnnaMaria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza,Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, LiberalLibri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria.Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con MargheritaPelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donnenell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, IlMulino, Bologna 2003]E improvviso un raggio di lucerompe talora queste grevi tenebre.Come la voce di Anna Bravo, un'oasisenza di cui non altro che deserto.Come la voce di Anna Bravo, specchioche splendida riflette intera integral'umanita'.2. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: UNA BAMBINA AFGANA[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) perquesto intervento.Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerchestoriche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economicadell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delledonne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa deidiritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e MaoValpiana ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare comedonne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturital'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete didonne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Tra le opere
di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti,Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senzavelo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e'in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81]Ciao, sono una bambina di otto anni e vivo in un paese chiamato Afghanistan.Due anni fa mi hanno fatto sposare un uomo piu' vecchio di mio padre, la miamamma non c'e' piu' e lui ha i miei fratellini a cui badare cosi' il prezzoche gli hanno pagato per me consentira' alla mia famiglia di sopravvivere.Il mio non e' un caso raro, il 57% delle ragazze in Afghanistan si sposanosotto i 16 anni per ragioni identiche alle mie. Avrei voluto imparare aleggere e scrivere ma mia sorella, che era maggiore di me di un anno, e'morta quando hanno assalito la scuola e da allora nessuna bambina nel miovillaggio si arrischia piu' ad andarci. Solo il 5% delle ragazze afganefrequenta la scuola secondaria. Non sapevo bene cosa volesse dire essere unamoglie, pensavo che si dovesse essere piu' grandi. I miei nuovi parenti mihanno fatto molto male, non solo mio marito, ma anche questo non e'inconsueto: l'87% delle donne afgane soffre per quelle che chiamano violenzadomestica e violenza sessuale. Io non so ancora cosa significano questeparole, ma ho gia' sperimentato tutte e due. Piango ogni notte. Ho chiestodi poter andare a trovare la mia famiglia, ma me lo proibiscono, dicono:"Abbiamo pagato per te, 800 euro, il salario di tre anni per un uomo. Adessodevi lavorare e stare zitta". A volte sono cosi' stanca che mi addormento inpiedi. Quando mi picchiano penso che voglio morire. Ma forse mendicaredev'essere peggio: trent'anni di guerra hanno lasciato nel mio paese piu' diun milione di vedove, donne che non hanno diritti da reclamare e chiedono la
carita' per le strade assieme agli orfani.Una mia amica adulta che vive in Italia, il vostro paese, mi manda a diretramite altre amiche grandi di non disperare. Non vuole che io muoia. Io nonlo so, e lei non me lo dice, ma l'Afghanistan e' l'unico luogo al mondo incui il tasso di suicidi femminili e' piu' alto di quello maschile. Io non loso quel che proclamavate piu' di sei anni fa, mostrando la foto di mia madresoffocata nel burqa prima che morisse soffocate dalle macerie di unbombardamento, ma le mie amiche si': abbiamo liberato le donne afgane. Oggimostrate le foto delle mie zie nello stesso burqa e glissate: indossanoabiti tradizionali. Ma che e' una bugia saprei dirvelo anch'io che sono solouna bambina, perche' le mie nonne non l'hanno mai indossato, e le loro madrinemmeno. La mia amica italiana ha appena ricevuto le mie ultime notiziedalle altre amiche, assieme alle immagini di una ragazza non molto piu'vecchia di me, che per sfuggire al suo matrimonio imposto si e' data fuoco.E' sopravvissuta, ma le sue non sono immagini adatte ad una bambina, persinoad una bambina afgana come me che ha gia' visto troppe cose brutte.Non credo che mi lasceranno piu' tornare a casa, ma almeno adesso ci sonoqueste donne, le mie amiche, che sono venute nel mio nuovo villaggio adinsegnare che la religione non vuole che le bambine siano trattate come sonotrattata io, e che l'abuso sessuale e' sbagliato: hanno persino convinto ilmullah, che prima mi faceva paura, ma adesso qualche volta sorride. Mi hannoinsegnato questa cosa, che si chiama "diritti umani", e significa che io hoil diritto di vivere e di andare a scuola, e di non essere picchiata,proprio come le vostre bambine italiane.E parlando di diritti, credo che la mia amica italiana pensi proprio che isuoi connazionali non abbiano nessun diritto di fare quello che fanno nelmio paese. Forse, se riesco a crescere, se non mi uccido io o se non mi
uccide mio marito, o se non mi uccidono i talebani, o i signori dellaguerra, o gli eserciti stranieri, potro' liberarmi di questo matrimonioforzato. Forse potro' andare a trovarla. Sempre che non mi caccino allevostre frontiere. Voi pero' quelle afgane le avete trovate aperte.Pensate a me, qualche volta.Firmato: una bambina afgana.3. EPISTOLARI. DA UNA LETTERA DI MARGITE A UN AMICO E MAESTRO SUOCOLENDISSIMO... Quanto alle mie opinioni sulla guerra afgana e sui responsabili dellapartecipazione militare italiana ad essa, provo a compendiarle nelle righeche seguono.Non pretendo affatto che si sia tutti amici della nonviolenza.Chiedo soltanto che chi governa in forza della Costituzione ed avendo adessa giurata fedelta' rispetti il giuramento fatto, rispetti la legge inforza di cui governa.Ovvero: chiedo che avendo il potere di fare le leggi si legiferi per salvarele vite anziche' per sopprimerle. Ovvero si rispetti la legge che proibiscel'omicidio.Ed aver reiteratamente deliberato in Consiglio dei Ministri e in Parlamentola partecipazione ovvero la prosecuzione della partecipazione militareitaliana alla guerra afgana in violazione del diritto internazionale e dellalegalita' costituzionale, ebbene, mi sembra che costituisca uno scandalo eun crimine inaccettabili sia de jure che de facto.Chiedo solo che chi e' investito dell'esercizio di pubblici poteri adempiaal suo compito nel rispetto delle leggi e nel rispetto di quel basilarediritto umano che ad ogni essere umano inerisce e tutti gli altri dirittifonda: il diritto a non essere uccisi.Non mi sembra di chiedere la luna.Quanto al definire assassino chi con la sua consapevole azione direttamentecontribuisce a far morire delle persone trovo che la cosa orribile sia farmorire delle persone, non constatare e denunciare il crimine usando iltermine che ad esso crimine si attaglia.
Tutto qui. Ovviamente e' solo il mio punto di vista. Ma e' davvero il miopunto di vista. Meditato, addolorato, e quindi anche indignato, certo.4. INIZIATIVE. LUCIANO BENINI: TIBET. UNA PROPOSTA DI AZIONE NONVIOLENTA[Ringraziamo Luciano Benini (per contatti: luciano.benini@tin.it) per avercimesso a disposizione questa proposta avanzata alla segreteria del MovimentoInternazionale della Riconciliazione (in sigla: Mir - una delle grandiesperienze organizzate della nonviolenza).Luciano Benini, gia' presidente e attualmente vicepresidente del MovimentoInternazionale della Riconciliazione (Mir-Ifor), responsabile della Scuoladi pace di Fano, da sempre impegnato in molte attivita' e iniziative di pacee di solidarieta', per l'ambiente e per i diritti umani, apprezzatissimopubblico amministratore, e' una delle persone piu' prestigiose dei movimentinonviolenti in Italia]L'occasione delle Olimpiadi in Cina deve diventare occasione per faremergere le responsabilita' cinesi sulla situazione in Tibet. Una propostanonviolenta che mi sembra potrebbe avere grande efficacia e visibilita' e'questa.Il Movimento Internazionale della Riconciliazione mandi una lettera al Coni,e per conoscenza ai mezzi di formazione e ad alcune associazioni comeAmnesty International, Movimento Nonviolento, Pax Christi, Caritas, ecc.,chiedendo che il Coni porti a conoscenza di tutti gli atleti italiani cheandranno alle olimpiadi di Pechino la grave situazione nel Tibet, proponendoloro, o almeno facendo sapere loro, di mettere in atto una semplice azionenonviolenta: prima di iniziare la loro gara a Pechino, incrocino davantialla testa i pugni chiusi come segno per ricordare al mondo la gravesituazione dei diritti umani nel Tibet. Questo gesto, diversamente da quelloavvenuto l'altro giorno ad Olimpia, non potrebbe essere oscurato dalla tv
cinese in quanto compiuto, sperabilmente, migliaia di volte da migliaia diatleti prima della loro gara e al momento della premiazione.Questa azione nonviolenta, se riuscissimo ad allargarla ad altri organismiinternazionali (perche' non proporla a Parigi al salone della pace?) avrebbeuna enorme risonanza e sarebbe ben piu' efficace che gesti isolati, comequello di Sarkozy che forse non andra' all'inaugurazione.5. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: 70.000 FIRME PER L'ITALIA LIBERA DAARMI NUCLEARI[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli@wooow.it) perquesto intervento.Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questonotiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da semprenei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e disolidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore dicondotta impareggiabili; e' il responsabile dell'AssociazioneItalia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni distudio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzionedi occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune trasoggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Hasvolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione eriflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevantiinterventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da luipromossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, traaltri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; Lasolidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; Imovimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggettopolitico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: traneoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida dellasolidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Peranni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi dellasolidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che hacessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli chesolidarieta'"]Il nostro mondo quotidiano somiglia sempre piu' al mondo capovolto dellefiabe di Gianni Rodari. Tutto avviene alla rovescia rispetto alla realta'normale. Cosi' il panettiere viene chiamato cartolaio, e viceversa; i gattiabbaiano e i cani miagolano; i giornali capovolgono le notizie; ed oramaiinfranto il sacrosanto tabu' della guerra, essa diventa sinonimo di pace.La triste realta' e' che la guerra continua, con il coinvolgimento deinostri soldati; anche se per la sua legge fondamentale, la Costituzionedella Repubblica Italiana, "l'Italia ripudia la guerra come strumento dioffesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione dellecontroversie internazionali".La cultura della guerra ha oramai pervaso ogni ambito della nostra vita, edabbiamo visto l'intelligenza soccombere sotto le bombe. Cosi' siamoschiacciati tra "guerre regolari" fra stati, che fanno dello sterminio dei
civili la norma; e un terrorismo "irregolare" che agisce su scalaplanetaria.Soltanto che il tanto paventato e sbandierato "scontro di civilta'" nonpassa tra l'occidente cristiano e l'islam, ma all'interno di tutte lecivilta', tra esseri pensanti ed esseri non pensanti.Il fallimento delle interminabili guerre in Afghanistan ed in Iraq, dovrebbeessere di monito a tutta la nostra classe politica; che non a caso poco oniente parla di politica estera in queste elezioni.La popolazione afgana, inizialmente fredda verso i redivivi talebani, oggili considera come il male minore e li sostiene, non fosse altro che pervendicare i propri familiari morti per mano delle forze Nato: gli aereimilitari che sganciano bombe e missili sui villaggi controllati dai talebanicon risultati devastanti, tanto che i morti spesso e' difficile contarli."Effetti collaterali" di una guerra che invece di combattere il terrore losemina a piene mani, generando sempre piu' rancore, odio e violenza neiconfronti dell'Occidente.La stessa missione Isaf, nata nel 2002 come "missione di pace" dell'Onu, e'diventata una missione di guerra della Nato indistinguibile dalla missionedi guerra "Enduring Freedom" degli Usa. Guerra che il prossimo ottobrecompira' sette anni: piu' lunga della seconda guerra mondiale, e ancora nonse ne vede la fine; mentre l'oppio continua a essere l'unica fonte diguadagno dell'Afghanistan.Anche in Iraq, la guerra ha portato fondamentalismo e terrorismo, che primanon c'erano.Se la guerra voleva essere preventiva per evitare l'uso di armi didistruzione di massa da parte di Saddam si e' visto che era una bugia, inquanto le prove erano false.Se la guerra voleva combattere terrorismo e fondamentalismo i risultati sonosotto gli occhi di tutti: oggi in Iraq questi due fattori trionfano.*
In questo quadro desolante una buona notizia.Il 27 marzo scorso, 70.000 firme (20.000 piu' del necessario) sono stateconsegnate al Presidente della Camera dei Deputati da una delegazione delleoltre 50 organizzazioni che dal settembre 2007 hanno promosso una propostadi legge di iniziativa popolare per rendere l'Italia "zona libera da arminucleari".Il testo della legge ricordava che: "Nel 1975 l'Italia ha ratificato ilTrattato di non proliferazione nucleare impegnandosi (art. 2) a non produrrene' ad accettare mai sul proprio territorio armi nucleari. In Italia,invece, abbiamo 90 testate atomiche nelle basi di Aviano e Ghedi.Secondo il diritto internazionale, l'Italia le deve rifiutare.Accade che per la propria appartenenza alla Nato, l'Italia accetti diospitarle sul proprio territorio. Canada, Grecia, Danimarca, Austria edIslanda hanno chiesto ed ottenuto di non ospitare ordigni atomici dellaNato, pur continuandone a far parte.Anche l'Italia puo' ottenere la rimozione delle armi nucleari dal proprioterritorio, unendosi ai 160 paesi dove e' gia' vietato avere od ospitarearmi nucleari.In tutto il mondo ci sono circa 30.000 testate nucleari, capaci didistruggere la terra ben piu' di una volta sola".Le armi nucleari rappresentano l'invenzione dello sterminio di massa, iltratto saliente della nostra epoca; ma troppo in fretta e facilmente abbiamodimenticato l'orrore dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, che fecerorispettivamente 75.000 e 40.000 vittime civili nell'agosto del 1945.Il sacrificio di quelle vite, l'orrore della seconda guerra mondiale, lasoluzione finale contro civili inermi della Shoah, erano sembrati essere unmonito indelebile contro l'assurdita' della guerra. Cosi' non e' stato.6. INCONTRI. A VERONA IL 3 APRILE[Dal Movimento Nonviolento (per contatti: Movimento Nonviolento, via Spagna
8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: mao@sis.it, sito:www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo.Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosiall'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lostesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama.Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lottanonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie partidegli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto diattentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin LutherKing: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994(edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere diBirmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a curadi Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; Il sogno dellanonviolenza. Pensieri, Feltrinelli, Milano 2006; cfr. anche: Marcia verso laliberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamoaspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o lacomunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press, e'in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin LutherKing, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sonousciti sinora sei volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve(January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 -November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4.
Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a NewDecade (January 1959 - December 1960); 6. Advocate of the Social Gospel(September 1948 - March 1963); ulteriori informazioni nel sito:www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann,Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996;Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004. Esistonoaltri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King,Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' dinon particolare valore: sarebbe invece assai necessario uno studio criticoapprofondito della figura, della riflessione e dell'azione di Martin LutherKing (anche contestualizzandole e confrontandole con altre contemporaneepersonalita', riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista inAmerica). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia essenziale]Il giorno di Martin Luther King (1968-2008, quarantesimo anniversario)Verona, 3 aprile 2008: Il potere dell'amore, il sogno di Martin Luther King*Programma:- ore 16,30 - 18,30, sul Ponte Pietra, letture pubbliche di testi di MartinLuther King a cura di attrici, attori e allievi di compagnie teatraliveronesi, con la partecipazione di Grazia De Marchi e Tiziano Gelmetti (incaso di pioggia presso il Centro Mazziano).- ore 18,30, al Teatro del Centro Mazziano (via Madonna del Terraglio),proiezione del film "Nashville, eravamo guerrieri" (la lotta nonviolenta peri diritti dei neri negli Usa). Introduzione a cura di Mao Valpiana, delMovimento Nonviolento.- ore 20-20,30, spuntino conviviale.- ore 20,45, cori gospel a cura del coro della comunita' africana di San
Tomaso in Verona.- ore 21,15 presentazione del libro su Martin Luther King, La storia e ilsogno, edito dalla Claudiana, con Paolo Naso, curatore; introduce e moderaGabriele Colleoni del quotidiano "L'Arena".*Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosiall'Universita' di Boston, nel 1954 si stabilisce, come pastore battista, aMontgomery nell'Alabama. Dal 1955 guida la lotta nonviolenta contro ladiscriminazione razziale, intervenendo in varie parti degli Usa. PremioNobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di attentati e repressione,muore assassinato il 4 aprile del 1968.Martin Luther King, insieme a Gandhi, e' certamente il profeta dellanonviolenza piu' conosciuto al mondo. Ha condotto un movimento che ha scossole fondamenta degli Stati Uniti, riuscendo a dare dignita' al popolo nero ea conquistare per tutti diritti, democrazia, pace. Ha contribuito in mododeterminante al movimento contro la guerra del Vietnam. Ha aperto la stradaad una nonviolenza moderna, occidentale, efficace, laica e religiosa. Cilascia una grande eredita' morale e culturale.*L'iniziativa e' promossa dal Coordinamento di associazioni veronesi "Nellamia citta' nessuno e' straniero". Ad oggi hanno ufficializzato la propriaadesione al cartello: A.b.c.s., Arci, Associazione Civicitta', Associazionedon Tonino Bello, Associazione per la pace, Associazione Villa Buri,Avvocati di strada, Capolinea, Centro don Calabria, Centro missionariodiocesano, Centro pastorale immigrati, Cesaim, Cestim, Cgil, Cisl, Uil,Anolf Cisl, Comitato di solidarieta' con il popolo eritreo, Comunita' deigiovani, Comunita' La Madonnina, Consulta comunale dell'immigrazione,Cooperativa La casa per gli immigrati, Emergency Verona, Emmaus Villafranca,Enti locali per la pace, Gruppo ecclesiale veronese tra i Rom e i Sinti, IlCireneo, La Fraternita', Mlal, Movimento Nonviolento, Nigrizia, Pax Christi,
Rete Guinea Bissau, Rete Lilliput, Rete Radie' Resch, Unione allievi di DonMazza, Vita Virtus Onlus.*Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: mao@sis.it, sito:www.nonviolenti.org7. RIFLESSIONE. UGO MATTEI: ALCUNE NOTE CRITICHE SULLA NOZIONE DI"PROPRIETA' PRIVATA"[Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 marzo 2008, col titolo "Iconquistadores dell'intelletto generale" e il sommario "I brevettilegittimano le 'enclosures' del sapere operate dalle multinazionali. Allostesso tempo favoriscono la biopirateria delle virtu' nutrizionali eterapeutiche di alcune piante. L'appropriazione della conoscenza e'giustificata attraverso le opere di John Locke, laddove il filosofobritannico parla del beneficio generale derivato dall'occupazione della'terra nullius'..."Ugo Mattei, giurista e docente universitario, e' autore di moltepubblicazioni]Una delle idee piu' radicate nella cultura occidentale e' quella per cui laproprieta' privata sia un "diritto naturale", qualcosa di tanto spontaneo damotivare perfino un bambino: "Questo gioco e' mio!". Se da molto tempo ormaiabbiamo smesso di interrogarci sulle ragioni per cui certi individui "hanno"mentre altri "non hanno", cio' e' dovuto principalmente al fatto che abbiamointeriorizzato l'ideologia sui caratteri "naturali" e virtuosi del dirittodi proprieta' privata indipendentemente dalla sua distribuzione. In questosiamo oggi tutti un po' lockiani, perche' abbiamo "risolto" il problema diuna societa' divisa fra possidenti e non possidenti voltandoci all'indietro,
con una semplice teoria fondata sulle origini remote della proprieta'privata e sulla catena dei trasferimenti fondata su una nozione di "giustotitolo" originario, che prescinde quindi dall'analisi della distribuzioneodierna.Come noto, il filosofo britannico John Locke fondava la propriagiustificazione della proprieta' privata individuale sulla naturaleattivita' di occupazione di risorse comuni non ancora privatizzate elegittimava il fatto che il governo civile tutelasse (con risorse di tutti,quali la polizia o le corti di giustizia) tale occupazione individuale perdue ordini di ragioni: da un lato, sostenendo che l'occupante immette ilproprio lavoro, e quindi in parte se stesso, nella cosa bruta, rendendolacosi' fruttifera e quindi benefica per tutti. D'altra parte, il filosofoconsiderava la naturale occupazione individuale legittima soltanto nellamisura in cui rimanessero comuni (e quindi libere per l'occupazione altrui)altre risorse di simile natura e qualita'. Con il tempo e l'affollarsi dellasocieta', questa seconda specificazione e' stata dimenticata e fa oggi quasisorridere se applicata agli immobili. Essa tuttavia mantiene un immutatopotere legittimante criptico. Certo, non esiste (quasi) piu' terra nulliusda occupare, almeno in Occidente, e gli esempi di scuola sull'acquisto dellaproprieta' privata per occupazione sono ormai limitati alle conchiglie sullido del mare.*Economia dell'innovazioneNondimeno, gran parte dell'"economia dell'innovazione" ci ha quasiipnotizzati convincendoci che grazie al progresso tecnologico, la "crescita"possa continuare in eterno sicche' le dimensioni della torta (Pil, ilprodotto interno lordo) siano la sola cosa di cui valga la pena dipreoccuparsi: "Finira' il petrolio? Inventeremo la fusione fredda!". Lapresente generazione continui felice a bruciarlo alla guida dei suoi Suv
perche' continuando a crescere l'economia, le prossime generazioniinventeranno nuove "risorse comuni" da privatizzare. Della distribuzione nonvale la pena di preoccuparsi. Il benessere di tutti seguira', automatico,alla diffusione geografica dello sviluppo e della tecnologia occidentale.La teoria "naturalistica" dell'occupazione che lega la proprieta' private allavoro, all'innovazione e alla stessa identita' dell'individuo, nongiustifica quindi oggi soltanto attivita' bucoliche ed economicamentemarginali quali la raccolta delle conchiglie, dei funghi, o magari la cacciae la pesca. Essa continua a offrire una potente legittimazione ideologica afavore del privato rispetto al pubblico, descrivendo soltanto il primo comeluogo virtuoso in cui l'individuo mette in gioco se stesso, lavora, rischia,investe, crea, innova. In questa luce, il pubblico e' il luogo dellapigrizia, della scarsa o nulla produzione di valore aggiunto, delle risorseabbandonate a se stesse e non "messe in valore" perche' nessun individuo, sela privatizzazione non e' consentita, vi introduce lavoro ed investimentoidentitario. L'imagine e' suggestiva e profondamente legata all'idea forte,protoilluminista, per cui e' un bene che l'uomo domi la natura, inparticolare la terra. La virtu' della terra privatizzata e' simboleggiatadalle campagne inglesi successive alle enclosures, ben arate e con confiniperfettamente tracciati. La terra non domata dalla proprieta' private sara'invece selvatica, boscosa, piena di sterpaglia, "inutile".Tale ideologia, oltre ad essere primitiva ed etnocentrica, risulta infantilenel suo individualismo di fondo, perche' si basa su irreealistiche premessefilosofiche, quale quelle del Robinson Crosue discusso dal teorico RobertNozick (la verita' e' invece che un uomo solo, in natura, lungidall'occupare, muore perche' soltanto la cooperazione di specie ha
consentito la sopravvivenza originaria e quindi la proprieta' in origine nonpoteva che essere del gruppo).*Lo spettacolo della ricchezzaL'ideologia della proprieta' privata si basa su una concezione riduttiva esemplificata del rapporto fra individuo proprietario (il soggetto) el'oggetto del suo possesso. Essa, gia' poco adatta a cogliere lacomplessita' del rapporto fra un individuo ed un bene materiale e tangibile(la terra, un libro, un piatto di spaghetti) mostra i suoi limiti teorici difondo, ma al contempo la sua potenza suggestive ed ideologica nel momento incui viene utilizzata per descrivere e gestire rapporti sociali del mondo chestiamo vivendo. Oggi infatti la forma della ricchezza appropriabile e'sempre meno quella di beni tangibili e sempre piu' quella delle immagini,dell'informazione, degli strumenti finanziari complessi, delle ideeinnovative, in una parola della "ricchezza spettacolo" piuttosto che diquella tangibile. Ma la retorica e gli strumenti intellettuali che negiustificano il controllo esclusivo in capo ad alcuni privati piuttosto cheil loro godimento in commune non sono mutati affatto.A chi appartiene la mitica foto scattata il 16 ottobre del 1968 a Citta' delMessico e ritraente Tommie Smith e John Carlos con il pugno guantato delleblack panthers dopo il trionfo nei 200 piani? al fotografo? agli atleti? alnostro immaginario collettivo? Chi ha "inventato" l'uso igienico dellapianta di neem considerate da generazioni di indiani la "farmacia delvillaggio"? I ricchi proventi che le multinazionali del dentifricio derivanodal suo brevetto in Florida a chi dovrebbero appartenere? Alla comunita' cheutilizzava la pianta per igiene orale e che oggi non puo' piu' permetterselaperche' i prezzi sono saliti alle stelle? O ai ricercatori che hanno"scoperto" questo antico uso? E che dire della pianta di Maca, da secoli
utilizzata delle popolazioni andine e che oggi contende (appositamentebrevettata) una fetta del ricco mercato dei prodotti erettili maschilivantando la propria naturalezza? Chi ha inventato la tradizione di ricercamatematica di base, indispensabile radice di tanti miracoli dell'informaticamoderna che, brevettati, riempiono le tasche di Bill Gates? E che dire dellenuove frontiere di Internet, quei domain names che si possono "naturalmente"occupare pagando "appena" venti dollari (lo stipendio mensile di qualchemiliardo di persone) e connettendosi in rete (un privilegio di un'infimaminoranza degli umani)?*Aborigeni e WtoSono, queste, domande ormai assai semplici per il mainstream giuridicoeconomico e politico del mondo globale che, grazie alla vecchia ideologiaindividualistica, fondata su una nozione apparentemente naturale, minima evirtuosa di proprieta' privata, come fonte della creativita' e laboriosita'individuale, trova nelle regole della "proprieta' intellettuale" codificatenegli accordi Trips ("Trade Related Aspects of Intellectual Property")collegati all'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) la risposta adogni dubbio su chi sia o debba essere il "proprietario" dotato del potere diescludere tutti gli altri. Colpisce l'uso della medesima retorica delprogresso, che legittimo' giuridicamente il saccheggio delle terre nullius,che gli amerindiani sfruttavano collettivamente ed in modo ecologicamentecompatibile, non conoscendo l'idea che la terra possa appartenere all'uomo.Gli amerindiani, infatti, credevano che, insieme a tutte le altre specieanimali e vegetali, appartenevano alla terra, cosi' come ad essa ancor oggiappartengono i vari lignaggi africani in cui i viventi ricevono dagli avi ilmandato a mantenere la terra nell'interesse delle generazioni future. Ilrapporto fra soggetto ed oggetto puo' presentarsi capovolto e non e' affatto
detto che capovolto non debba essere anche il rapporto fra privato epubblico, se soltanto si sposasse una logica un po' piu' attenta al lungoperiodo e non una dettata dalle scadenze elettorali o dal rendicontotrimestrale con cui le corporations comunicano con gli azionisti.Proprio come allora i conquistadores consideravano prova della naturaselvaggia delle popolazioni aborigine il non conoscere la proprieta'privata, oggi la comunita' internazionale esercita pressioni poderose afavore dell'appropriabilita' privata della terra in Africa e delle idee inCina. La retorica utilizzata dagli apparati politici ed ideologicidell'Occidente dominante e' anche oggi, come allora, quelladell'innovazione, del progresso e dello sviluppo. Molti africanitradizionali resistono o cercano di resistere alla vendita dei loro campialla Monsanto, che corrompe il sistema per acquistarli e sperimentarel'innovazione "creativa" degli Ogm, che le consentira' di escludere pratichecollettive antichissime quali la selezione e lo scambio delle sementi.Similmente, molti cinesi sembrano ancora credere nella massima confucianaper cui "rubare un libro e' una violazione elegante", non concependo l'ideache la cultura, prodotta da tutti, possa essere racchiusa in uno strumentoaccessibile soltanto a chi possa pagare per possederlo.*Saccheggio oligopolisticoTali concezioni culturali, diverse dal "naturale" e virtuoso appetitoacquisitivo lockiano che fonda l'intera scienza economica dominante (inclusala sua teoria della proprieta' intellettuale come "monopolio virtuoso")secondo cui nessun individuo creerebbe se non incentivato dalla speranza diuna compensazione materiale per il proprio sforzo di creativita', sono bendocumente dalla letteratura antropologica. Etnie recessive ma assai saggequali i Kayapo dell'Amazzonia, non credono che la conoscenza sia il prodotto
dell'uomo ma della natura. Inoltre, secondo loro, la conoscenza e' sempreintergenerazionale non potendo mai appartenere soltanto alla generazionepresente. Essa e' sempre ricevuta liberamente e va liberamente tramandata digenerazione in generazione. Certo non puo' esser proprieta' privata di unindividuo che, anche qualora intelligentissimo ed intuitivo, deve al gruppola sua intelligenza e a beneficio di questo devono ricaderne i frutti chedel resto non sarebbe esistiti se qualcuno non gli avesse insegnato le basi.Ma il rozzo semplicismo delle teoriche dominanti sulla proprieta'intellettuale viene smascherato anche dalle frontiere della conoscenzatecnologica, dove prodotti come l'enciclopedia Wikipedia o il software Linuxconfutano senza appello le basi motivazionali della teoria lockiana dellaproprieta'.Una domanda sorge spontanea: se e' stato cosi' facile trasferire la retoricadella proprieta' privata dal mondo materiale a quello delle idee, nondovrebbe essere altrettanto facile tornare indietro, facendo tesoro dellecontraddizioni teoriche che l'individualismo proprietario mostra quandoesteso al mondo delle idee al fine di travolgerne la funzione dilegittimazione della proprieta' privata mal distribuita in tutte le sueforme?Forse allora si capirebbe che la privatizzazione, lungi dal garantirecreativita', virtu' ed ordine giuridico altro non e' che una forma, assaipoco sofisticata, di saccheggio oligopolistico degli spazi pubblici, per lasemplice ragione che un mercato competitivo fra pari non esiste, ne' potra'mai esistere, se non nella retorica incolta di qualche promessa elettorale.*Postilla bibliografica: Dai trattati sul governo a Lawrence LessigLa teoria della proprieta' privata di John Locke, elaborata nei suoiTrattati sul governo, e' stata affinata da Robert Nozick in Anarchia, Statoe Utopia (Il Saggiatore). Un'accessibile ricostruzione filosofica si trova
ne La filosofia politica, di Salvatore Veca (Laterza). Una visione di lungoperiodo sul tema caratterizza Uomini, tecniche, economie, di Carlo M.Cipolla (Feltrinelli); l'attitudine africana verso la terra e' discussa neLa Resistenza dei vinti, di Giordano Sivini (Feltrinelli); William Alfordanalizza l'atteggiamento cinese verso la proprieta' intellettuale in ToSteal a Book is an Elegant Offence. Intellectual property law in ChineseCivilization (Stanford University Press). Una critica liberale alla"proprieta' intellettuale" e' svolta da Lawrence Lessig in Cultura libera.Per una critica del concetto: Ugo Mattei e Laura Nader, Plunder: When theRule of Law is Illegal (Blackwell). L'inadeguatezza del modellomotivazionale classico presupposto dagli economisti e' discussa nel volumecurato da R. Caterina, Le basi cognitive del diritto (Bruno Mondadori).8. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibilesottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione dipromozione sociale).Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamentesoldi gia' destinati allo Stato.Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere ilnumero di codice fiscale dell'associazione.Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Permolti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno nonfara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccolaquota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' delMovimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa perla pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato lagenerosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per lapromozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campiestivi, eccetera).Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltrequarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione dellanonviolenza.Grazie.Il Movimento Nonviolento*P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali delcommercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delleEntrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie atutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.*Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an@nonviolenti.org, sito:www.nonviolenti.org9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTOIl Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individualee di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionalee internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che traealimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue loscopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:1. l'opposizione integrale alla guerra;2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e dinazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienzageografica, al sesso e alla religione;3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, ela creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta eresponsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come serviziocomunitario;4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sonopatrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione econtaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiutodell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, lanoncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazionedi organi di governo paralleli.10. PER SAPERNE DI PIU'* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; percontatti: azionenonviolenta@sis.it* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale dellaRiconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir@peacelink.it, luciano.benini@tin.it,sudest@iol.it, paolocand@libero.it* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifistaPeacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnatiper la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; percontatti: info@peacelink.itNOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINONumero 411 del 31 marzo 2008Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricercaper la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenzaDirettore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.itPer ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:nonviolenza-request@peacelink.it?subject=subscribePer non riceverlo piu':nonviolenza-request@peacelink.it?subject=unsubscribeIn alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.htmlquindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailinglist che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematicaalla pagina web:http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.htmlTutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:http://lists.peacelink.it/nonviolenza/L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac@tin.it
Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti dimemoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con AnnaMaria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza,Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, LiberalLibri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria.Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con MargheritaPelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donnenell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, IlMulino, Bologna 2003]E improvviso un raggio di lucerompe talora queste grevi tenebre.Come la voce di Anna Bravo, un'oasisenza di cui non altro che deserto.Come la voce di Anna Bravo, specchioche splendida riflette intera integral'umanita'.2. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: UNA BAMBINA AFGANA[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) perquesto intervento.Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerchestoriche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economicadell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delledonne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa deidiritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e MaoValpiana ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare comedonne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturital'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete didonne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Tra le opere
di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti,Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senzavelo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e'in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81]Ciao, sono una bambina di otto anni e vivo in un paese chiamato Afghanistan.Due anni fa mi hanno fatto sposare un uomo piu' vecchio di mio padre, la miamamma non c'e' piu' e lui ha i miei fratellini a cui badare cosi' il prezzoche gli hanno pagato per me consentira' alla mia famiglia di sopravvivere.Il mio non e' un caso raro, il 57% delle ragazze in Afghanistan si sposanosotto i 16 anni per ragioni identiche alle mie. Avrei voluto imparare aleggere e scrivere ma mia sorella, che era maggiore di me di un anno, e'morta quando hanno assalito la scuola e da allora nessuna bambina nel miovillaggio si arrischia piu' ad andarci. Solo il 5% delle ragazze afganefrequenta la scuola secondaria. Non sapevo bene cosa volesse dire essere unamoglie, pensavo che si dovesse essere piu' grandi. I miei nuovi parenti mihanno fatto molto male, non solo mio marito, ma anche questo non e'inconsueto: l'87% delle donne afgane soffre per quelle che chiamano violenzadomestica e violenza sessuale. Io non so ancora cosa significano questeparole, ma ho gia' sperimentato tutte e due. Piango ogni notte. Ho chiestodi poter andare a trovare la mia famiglia, ma me lo proibiscono, dicono:"Abbiamo pagato per te, 800 euro, il salario di tre anni per un uomo. Adessodevi lavorare e stare zitta". A volte sono cosi' stanca che mi addormento inpiedi. Quando mi picchiano penso che voglio morire. Ma forse mendicaredev'essere peggio: trent'anni di guerra hanno lasciato nel mio paese piu' diun milione di vedove, donne che non hanno diritti da reclamare e chiedono la
carita' per le strade assieme agli orfani.Una mia amica adulta che vive in Italia, il vostro paese, mi manda a diretramite altre amiche grandi di non disperare. Non vuole che io muoia. Io nonlo so, e lei non me lo dice, ma l'Afghanistan e' l'unico luogo al mondo incui il tasso di suicidi femminili e' piu' alto di quello maschile. Io non loso quel che proclamavate piu' di sei anni fa, mostrando la foto di mia madresoffocata nel burqa prima che morisse soffocate dalle macerie di unbombardamento, ma le mie amiche si': abbiamo liberato le donne afgane. Oggimostrate le foto delle mie zie nello stesso burqa e glissate: indossanoabiti tradizionali. Ma che e' una bugia saprei dirvelo anch'io che sono solouna bambina, perche' le mie nonne non l'hanno mai indossato, e le loro madrinemmeno. La mia amica italiana ha appena ricevuto le mie ultime notiziedalle altre amiche, assieme alle immagini di una ragazza non molto piu'vecchia di me, che per sfuggire al suo matrimonio imposto si e' data fuoco.E' sopravvissuta, ma le sue non sono immagini adatte ad una bambina, persinoad una bambina afgana come me che ha gia' visto troppe cose brutte.Non credo che mi lasceranno piu' tornare a casa, ma almeno adesso ci sonoqueste donne, le mie amiche, che sono venute nel mio nuovo villaggio adinsegnare che la religione non vuole che le bambine siano trattate come sonotrattata io, e che l'abuso sessuale e' sbagliato: hanno persino convinto ilmullah, che prima mi faceva paura, ma adesso qualche volta sorride. Mi hannoinsegnato questa cosa, che si chiama "diritti umani", e significa che io hoil diritto di vivere e di andare a scuola, e di non essere picchiata,proprio come le vostre bambine italiane.E parlando di diritti, credo che la mia amica italiana pensi proprio che isuoi connazionali non abbiano nessun diritto di fare quello che fanno nelmio paese. Forse, se riesco a crescere, se non mi uccido io o se non mi
uccide mio marito, o se non mi uccidono i talebani, o i signori dellaguerra, o gli eserciti stranieri, potro' liberarmi di questo matrimonioforzato. Forse potro' andare a trovarla. Sempre che non mi caccino allevostre frontiere. Voi pero' quelle afgane le avete trovate aperte.Pensate a me, qualche volta.Firmato: una bambina afgana.3. EPISTOLARI. DA UNA LETTERA DI MARGITE A UN AMICO E MAESTRO SUOCOLENDISSIMO... Quanto alle mie opinioni sulla guerra afgana e sui responsabili dellapartecipazione militare italiana ad essa, provo a compendiarle nelle righeche seguono.Non pretendo affatto che si sia tutti amici della nonviolenza.Chiedo soltanto che chi governa in forza della Costituzione ed avendo adessa giurata fedelta' rispetti il giuramento fatto, rispetti la legge inforza di cui governa.Ovvero: chiedo che avendo il potere di fare le leggi si legiferi per salvarele vite anziche' per sopprimerle. Ovvero si rispetti la legge che proibiscel'omicidio.Ed aver reiteratamente deliberato in Consiglio dei Ministri e in Parlamentola partecipazione ovvero la prosecuzione della partecipazione militareitaliana alla guerra afgana in violazione del diritto internazionale e dellalegalita' costituzionale, ebbene, mi sembra che costituisca uno scandalo eun crimine inaccettabili sia de jure che de facto.Chiedo solo che chi e' investito dell'esercizio di pubblici poteri adempiaal suo compito nel rispetto delle leggi e nel rispetto di quel basilarediritto umano che ad ogni essere umano inerisce e tutti gli altri dirittifonda: il diritto a non essere uccisi.Non mi sembra di chiedere la luna.Quanto al definire assassino chi con la sua consapevole azione direttamentecontribuisce a far morire delle persone trovo che la cosa orribile sia farmorire delle persone, non constatare e denunciare il crimine usando iltermine che ad esso crimine si attaglia.
Tutto qui. Ovviamente e' solo il mio punto di vista. Ma e' davvero il miopunto di vista. Meditato, addolorato, e quindi anche indignato, certo.4. INIZIATIVE. LUCIANO BENINI: TIBET. UNA PROPOSTA DI AZIONE NONVIOLENTA[Ringraziamo Luciano Benini (per contatti: luciano.benini@tin.it) per avercimesso a disposizione questa proposta avanzata alla segreteria del MovimentoInternazionale della Riconciliazione (in sigla: Mir - una delle grandiesperienze organizzate della nonviolenza).Luciano Benini, gia' presidente e attualmente vicepresidente del MovimentoInternazionale della Riconciliazione (Mir-Ifor), responsabile della Scuoladi pace di Fano, da sempre impegnato in molte attivita' e iniziative di pacee di solidarieta', per l'ambiente e per i diritti umani, apprezzatissimopubblico amministratore, e' una delle persone piu' prestigiose dei movimentinonviolenti in Italia]L'occasione delle Olimpiadi in Cina deve diventare occasione per faremergere le responsabilita' cinesi sulla situazione in Tibet. Una propostanonviolenta che mi sembra potrebbe avere grande efficacia e visibilita' e'questa.Il Movimento Internazionale della Riconciliazione mandi una lettera al Coni,e per conoscenza ai mezzi di formazione e ad alcune associazioni comeAmnesty International, Movimento Nonviolento, Pax Christi, Caritas, ecc.,chiedendo che il Coni porti a conoscenza di tutti gli atleti italiani cheandranno alle olimpiadi di Pechino la grave situazione nel Tibet, proponendoloro, o almeno facendo sapere loro, di mettere in atto una semplice azionenonviolenta: prima di iniziare la loro gara a Pechino, incrocino davantialla testa i pugni chiusi come segno per ricordare al mondo la gravesituazione dei diritti umani nel Tibet. Questo gesto, diversamente da quelloavvenuto l'altro giorno ad Olimpia, non potrebbe essere oscurato dalla tv
cinese in quanto compiuto, sperabilmente, migliaia di volte da migliaia diatleti prima della loro gara e al momento della premiazione.Questa azione nonviolenta, se riuscissimo ad allargarla ad altri organismiinternazionali (perche' non proporla a Parigi al salone della pace?) avrebbeuna enorme risonanza e sarebbe ben piu' efficace che gesti isolati, comequello di Sarkozy che forse non andra' all'inaugurazione.5. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: 70.000 FIRME PER L'ITALIA LIBERA DAARMI NUCLEARI[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli@wooow.it) perquesto intervento.Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questonotiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da semprenei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e disolidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore dicondotta impareggiabili; e' il responsabile dell'AssociazioneItalia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni distudio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzionedi occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune trasoggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Hasvolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione eriflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevantiinterventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da luipromossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, traaltri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; Lasolidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; Imovimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggettopolitico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: traneoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida dellasolidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Peranni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi dellasolidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che hacessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli chesolidarieta'"]Il nostro mondo quotidiano somiglia sempre piu' al mondo capovolto dellefiabe di Gianni Rodari. Tutto avviene alla rovescia rispetto alla realta'normale. Cosi' il panettiere viene chiamato cartolaio, e viceversa; i gattiabbaiano e i cani miagolano; i giornali capovolgono le notizie; ed oramaiinfranto il sacrosanto tabu' della guerra, essa diventa sinonimo di pace.La triste realta' e' che la guerra continua, con il coinvolgimento deinostri soldati; anche se per la sua legge fondamentale, la Costituzionedella Repubblica Italiana, "l'Italia ripudia la guerra come strumento dioffesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione dellecontroversie internazionali".La cultura della guerra ha oramai pervaso ogni ambito della nostra vita, edabbiamo visto l'intelligenza soccombere sotto le bombe. Cosi' siamoschiacciati tra "guerre regolari" fra stati, che fanno dello sterminio dei
civili la norma; e un terrorismo "irregolare" che agisce su scalaplanetaria.Soltanto che il tanto paventato e sbandierato "scontro di civilta'" nonpassa tra l'occidente cristiano e l'islam, ma all'interno di tutte lecivilta', tra esseri pensanti ed esseri non pensanti.Il fallimento delle interminabili guerre in Afghanistan ed in Iraq, dovrebbeessere di monito a tutta la nostra classe politica; che non a caso poco oniente parla di politica estera in queste elezioni.La popolazione afgana, inizialmente fredda verso i redivivi talebani, oggili considera come il male minore e li sostiene, non fosse altro che pervendicare i propri familiari morti per mano delle forze Nato: gli aereimilitari che sganciano bombe e missili sui villaggi controllati dai talebanicon risultati devastanti, tanto che i morti spesso e' difficile contarli."Effetti collaterali" di una guerra che invece di combattere il terrore losemina a piene mani, generando sempre piu' rancore, odio e violenza neiconfronti dell'Occidente.La stessa missione Isaf, nata nel 2002 come "missione di pace" dell'Onu, e'diventata una missione di guerra della Nato indistinguibile dalla missionedi guerra "Enduring Freedom" degli Usa. Guerra che il prossimo ottobrecompira' sette anni: piu' lunga della seconda guerra mondiale, e ancora nonse ne vede la fine; mentre l'oppio continua a essere l'unica fonte diguadagno dell'Afghanistan.Anche in Iraq, la guerra ha portato fondamentalismo e terrorismo, che primanon c'erano.Se la guerra voleva essere preventiva per evitare l'uso di armi didistruzione di massa da parte di Saddam si e' visto che era una bugia, inquanto le prove erano false.Se la guerra voleva combattere terrorismo e fondamentalismo i risultati sonosotto gli occhi di tutti: oggi in Iraq questi due fattori trionfano.*
In questo quadro desolante una buona notizia.Il 27 marzo scorso, 70.000 firme (20.000 piu' del necessario) sono stateconsegnate al Presidente della Camera dei Deputati da una delegazione delleoltre 50 organizzazioni che dal settembre 2007 hanno promosso una propostadi legge di iniziativa popolare per rendere l'Italia "zona libera da arminucleari".Il testo della legge ricordava che: "Nel 1975 l'Italia ha ratificato ilTrattato di non proliferazione nucleare impegnandosi (art. 2) a non produrrene' ad accettare mai sul proprio territorio armi nucleari. In Italia,invece, abbiamo 90 testate atomiche nelle basi di Aviano e Ghedi.Secondo il diritto internazionale, l'Italia le deve rifiutare.Accade che per la propria appartenenza alla Nato, l'Italia accetti diospitarle sul proprio territorio. Canada, Grecia, Danimarca, Austria edIslanda hanno chiesto ed ottenuto di non ospitare ordigni atomici dellaNato, pur continuandone a far parte.Anche l'Italia puo' ottenere la rimozione delle armi nucleari dal proprioterritorio, unendosi ai 160 paesi dove e' gia' vietato avere od ospitarearmi nucleari.In tutto il mondo ci sono circa 30.000 testate nucleari, capaci didistruggere la terra ben piu' di una volta sola".Le armi nucleari rappresentano l'invenzione dello sterminio di massa, iltratto saliente della nostra epoca; ma troppo in fretta e facilmente abbiamodimenticato l'orrore dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, che fecerorispettivamente 75.000 e 40.000 vittime civili nell'agosto del 1945.Il sacrificio di quelle vite, l'orrore della seconda guerra mondiale, lasoluzione finale contro civili inermi della Shoah, erano sembrati essere unmonito indelebile contro l'assurdita' della guerra. Cosi' non e' stato.6. INCONTRI. A VERONA IL 3 APRILE[Dal Movimento Nonviolento (per contatti: Movimento Nonviolento, via Spagna
8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: mao@sis.it, sito:www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo.Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosiall'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lostesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama.Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lottanonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie partidegli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto diattentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin LutherKing: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994(edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere diBirmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a curadi Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; Il sogno dellanonviolenza. Pensieri, Feltrinelli, Milano 2006; cfr. anche: Marcia verso laliberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamoaspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o lacomunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press, e'in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin LutherKing, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sonousciti sinora sei volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve(January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 -November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4.
Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a NewDecade (January 1959 - December 1960); 6. Advocate of the Social Gospel(September 1948 - March 1963); ulteriori informazioni nel sito:www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann,Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996;Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004. Esistonoaltri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King,Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' dinon particolare valore: sarebbe invece assai necessario uno studio criticoapprofondito della figura, della riflessione e dell'azione di Martin LutherKing (anche contestualizzandole e confrontandole con altre contemporaneepersonalita', riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista inAmerica). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia essenziale]Il giorno di Martin Luther King (1968-2008, quarantesimo anniversario)Verona, 3 aprile 2008: Il potere dell'amore, il sogno di Martin Luther King*Programma:- ore 16,30 - 18,30, sul Ponte Pietra, letture pubbliche di testi di MartinLuther King a cura di attrici, attori e allievi di compagnie teatraliveronesi, con la partecipazione di Grazia De Marchi e Tiziano Gelmetti (incaso di pioggia presso il Centro Mazziano).- ore 18,30, al Teatro del Centro Mazziano (via Madonna del Terraglio),proiezione del film "Nashville, eravamo guerrieri" (la lotta nonviolenta peri diritti dei neri negli Usa). Introduzione a cura di Mao Valpiana, delMovimento Nonviolento.- ore 20-20,30, spuntino conviviale.- ore 20,45, cori gospel a cura del coro della comunita' africana di San
Tomaso in Verona.- ore 21,15 presentazione del libro su Martin Luther King, La storia e ilsogno, edito dalla Claudiana, con Paolo Naso, curatore; introduce e moderaGabriele Colleoni del quotidiano "L'Arena".*Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosiall'Universita' di Boston, nel 1954 si stabilisce, come pastore battista, aMontgomery nell'Alabama. Dal 1955 guida la lotta nonviolenta contro ladiscriminazione razziale, intervenendo in varie parti degli Usa. PremioNobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di attentati e repressione,muore assassinato il 4 aprile del 1968.Martin Luther King, insieme a Gandhi, e' certamente il profeta dellanonviolenza piu' conosciuto al mondo. Ha condotto un movimento che ha scossole fondamenta degli Stati Uniti, riuscendo a dare dignita' al popolo nero ea conquistare per tutti diritti, democrazia, pace. Ha contribuito in mododeterminante al movimento contro la guerra del Vietnam. Ha aperto la stradaad una nonviolenza moderna, occidentale, efficace, laica e religiosa. Cilascia una grande eredita' morale e culturale.*L'iniziativa e' promossa dal Coordinamento di associazioni veronesi "Nellamia citta' nessuno e' straniero". Ad oggi hanno ufficializzato la propriaadesione al cartello: A.b.c.s., Arci, Associazione Civicitta', Associazionedon Tonino Bello, Associazione per la pace, Associazione Villa Buri,Avvocati di strada, Capolinea, Centro don Calabria, Centro missionariodiocesano, Centro pastorale immigrati, Cesaim, Cestim, Cgil, Cisl, Uil,Anolf Cisl, Comitato di solidarieta' con il popolo eritreo, Comunita' deigiovani, Comunita' La Madonnina, Consulta comunale dell'immigrazione,Cooperativa La casa per gli immigrati, Emergency Verona, Emmaus Villafranca,Enti locali per la pace, Gruppo ecclesiale veronese tra i Rom e i Sinti, IlCireneo, La Fraternita', Mlal, Movimento Nonviolento, Nigrizia, Pax Christi,
Rete Guinea Bissau, Rete Lilliput, Rete Radie' Resch, Unione allievi di DonMazza, Vita Virtus Onlus.*Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: mao@sis.it, sito:www.nonviolenti.org7. RIFLESSIONE. UGO MATTEI: ALCUNE NOTE CRITICHE SULLA NOZIONE DI"PROPRIETA' PRIVATA"[Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 marzo 2008, col titolo "Iconquistadores dell'intelletto generale" e il sommario "I brevettilegittimano le 'enclosures' del sapere operate dalle multinazionali. Allostesso tempo favoriscono la biopirateria delle virtu' nutrizionali eterapeutiche di alcune piante. L'appropriazione della conoscenza e'giustificata attraverso le opere di John Locke, laddove il filosofobritannico parla del beneficio generale derivato dall'occupazione della'terra nullius'..."Ugo Mattei, giurista e docente universitario, e' autore di moltepubblicazioni]Una delle idee piu' radicate nella cultura occidentale e' quella per cui laproprieta' privata sia un "diritto naturale", qualcosa di tanto spontaneo damotivare perfino un bambino: "Questo gioco e' mio!". Se da molto tempo ormaiabbiamo smesso di interrogarci sulle ragioni per cui certi individui "hanno"mentre altri "non hanno", cio' e' dovuto principalmente al fatto che abbiamointeriorizzato l'ideologia sui caratteri "naturali" e virtuosi del dirittodi proprieta' privata indipendentemente dalla sua distribuzione. In questosiamo oggi tutti un po' lockiani, perche' abbiamo "risolto" il problema diuna societa' divisa fra possidenti e non possidenti voltandoci all'indietro,
con una semplice teoria fondata sulle origini remote della proprieta'privata e sulla catena dei trasferimenti fondata su una nozione di "giustotitolo" originario, che prescinde quindi dall'analisi della distribuzioneodierna.Come noto, il filosofo britannico John Locke fondava la propriagiustificazione della proprieta' privata individuale sulla naturaleattivita' di occupazione di risorse comuni non ancora privatizzate elegittimava il fatto che il governo civile tutelasse (con risorse di tutti,quali la polizia o le corti di giustizia) tale occupazione individuale perdue ordini di ragioni: da un lato, sostenendo che l'occupante immette ilproprio lavoro, e quindi in parte se stesso, nella cosa bruta, rendendolacosi' fruttifera e quindi benefica per tutti. D'altra parte, il filosofoconsiderava la naturale occupazione individuale legittima soltanto nellamisura in cui rimanessero comuni (e quindi libere per l'occupazione altrui)altre risorse di simile natura e qualita'. Con il tempo e l'affollarsi dellasocieta', questa seconda specificazione e' stata dimenticata e fa oggi quasisorridere se applicata agli immobili. Essa tuttavia mantiene un immutatopotere legittimante criptico. Certo, non esiste (quasi) piu' terra nulliusda occupare, almeno in Occidente, e gli esempi di scuola sull'acquisto dellaproprieta' privata per occupazione sono ormai limitati alle conchiglie sullido del mare.*Economia dell'innovazioneNondimeno, gran parte dell'"economia dell'innovazione" ci ha quasiipnotizzati convincendoci che grazie al progresso tecnologico, la "crescita"possa continuare in eterno sicche' le dimensioni della torta (Pil, ilprodotto interno lordo) siano la sola cosa di cui valga la pena dipreoccuparsi: "Finira' il petrolio? Inventeremo la fusione fredda!". Lapresente generazione continui felice a bruciarlo alla guida dei suoi Suv
perche' continuando a crescere l'economia, le prossime generazioniinventeranno nuove "risorse comuni" da privatizzare. Della distribuzione nonvale la pena di preoccuparsi. Il benessere di tutti seguira', automatico,alla diffusione geografica dello sviluppo e della tecnologia occidentale.La teoria "naturalistica" dell'occupazione che lega la proprieta' private allavoro, all'innovazione e alla stessa identita' dell'individuo, nongiustifica quindi oggi soltanto attivita' bucoliche ed economicamentemarginali quali la raccolta delle conchiglie, dei funghi, o magari la cacciae la pesca. Essa continua a offrire una potente legittimazione ideologica afavore del privato rispetto al pubblico, descrivendo soltanto il primo comeluogo virtuoso in cui l'individuo mette in gioco se stesso, lavora, rischia,investe, crea, innova. In questa luce, il pubblico e' il luogo dellapigrizia, della scarsa o nulla produzione di valore aggiunto, delle risorseabbandonate a se stesse e non "messe in valore" perche' nessun individuo, sela privatizzazione non e' consentita, vi introduce lavoro ed investimentoidentitario. L'imagine e' suggestiva e profondamente legata all'idea forte,protoilluminista, per cui e' un bene che l'uomo domi la natura, inparticolare la terra. La virtu' della terra privatizzata e' simboleggiatadalle campagne inglesi successive alle enclosures, ben arate e con confiniperfettamente tracciati. La terra non domata dalla proprieta' private sara'invece selvatica, boscosa, piena di sterpaglia, "inutile".Tale ideologia, oltre ad essere primitiva ed etnocentrica, risulta infantilenel suo individualismo di fondo, perche' si basa su irreealistiche premessefilosofiche, quale quelle del Robinson Crosue discusso dal teorico RobertNozick (la verita' e' invece che un uomo solo, in natura, lungidall'occupare, muore perche' soltanto la cooperazione di specie ha
consentito la sopravvivenza originaria e quindi la proprieta' in origine nonpoteva che essere del gruppo).*Lo spettacolo della ricchezzaL'ideologia della proprieta' privata si basa su una concezione riduttiva esemplificata del rapporto fra individuo proprietario (il soggetto) el'oggetto del suo possesso. Essa, gia' poco adatta a cogliere lacomplessita' del rapporto fra un individuo ed un bene materiale e tangibile(la terra, un libro, un piatto di spaghetti) mostra i suoi limiti teorici difondo, ma al contempo la sua potenza suggestive ed ideologica nel momento incui viene utilizzata per descrivere e gestire rapporti sociali del mondo chestiamo vivendo. Oggi infatti la forma della ricchezza appropriabile e'sempre meno quella di beni tangibili e sempre piu' quella delle immagini,dell'informazione, degli strumenti finanziari complessi, delle ideeinnovative, in una parola della "ricchezza spettacolo" piuttosto che diquella tangibile. Ma la retorica e gli strumenti intellettuali che negiustificano il controllo esclusivo in capo ad alcuni privati piuttosto cheil loro godimento in commune non sono mutati affatto.A chi appartiene la mitica foto scattata il 16 ottobre del 1968 a Citta' delMessico e ritraente Tommie Smith e John Carlos con il pugno guantato delleblack panthers dopo il trionfo nei 200 piani? al fotografo? agli atleti? alnostro immaginario collettivo? Chi ha "inventato" l'uso igienico dellapianta di neem considerate da generazioni di indiani la "farmacia delvillaggio"? I ricchi proventi che le multinazionali del dentifricio derivanodal suo brevetto in Florida a chi dovrebbero appartenere? Alla comunita' cheutilizzava la pianta per igiene orale e che oggi non puo' piu' permetterselaperche' i prezzi sono saliti alle stelle? O ai ricercatori che hanno"scoperto" questo antico uso? E che dire della pianta di Maca, da secoli
utilizzata delle popolazioni andine e che oggi contende (appositamentebrevettata) una fetta del ricco mercato dei prodotti erettili maschilivantando la propria naturalezza? Chi ha inventato la tradizione di ricercamatematica di base, indispensabile radice di tanti miracoli dell'informaticamoderna che, brevettati, riempiono le tasche di Bill Gates? E che dire dellenuove frontiere di Internet, quei domain names che si possono "naturalmente"occupare pagando "appena" venti dollari (lo stipendio mensile di qualchemiliardo di persone) e connettendosi in rete (un privilegio di un'infimaminoranza degli umani)?*Aborigeni e WtoSono, queste, domande ormai assai semplici per il mainstream giuridicoeconomico e politico del mondo globale che, grazie alla vecchia ideologiaindividualistica, fondata su una nozione apparentemente naturale, minima evirtuosa di proprieta' privata, come fonte della creativita' e laboriosita'individuale, trova nelle regole della "proprieta' intellettuale" codificatenegli accordi Trips ("Trade Related Aspects of Intellectual Property")collegati all'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) la risposta adogni dubbio su chi sia o debba essere il "proprietario" dotato del potere diescludere tutti gli altri. Colpisce l'uso della medesima retorica delprogresso, che legittimo' giuridicamente il saccheggio delle terre nullius,che gli amerindiani sfruttavano collettivamente ed in modo ecologicamentecompatibile, non conoscendo l'idea che la terra possa appartenere all'uomo.Gli amerindiani, infatti, credevano che, insieme a tutte le altre specieanimali e vegetali, appartenevano alla terra, cosi' come ad essa ancor oggiappartengono i vari lignaggi africani in cui i viventi ricevono dagli avi ilmandato a mantenere la terra nell'interesse delle generazioni future. Ilrapporto fra soggetto ed oggetto puo' presentarsi capovolto e non e' affatto
detto che capovolto non debba essere anche il rapporto fra privato epubblico, se soltanto si sposasse una logica un po' piu' attenta al lungoperiodo e non una dettata dalle scadenze elettorali o dal rendicontotrimestrale con cui le corporations comunicano con gli azionisti.Proprio come allora i conquistadores consideravano prova della naturaselvaggia delle popolazioni aborigine il non conoscere la proprieta'privata, oggi la comunita' internazionale esercita pressioni poderose afavore dell'appropriabilita' privata della terra in Africa e delle idee inCina. La retorica utilizzata dagli apparati politici ed ideologicidell'Occidente dominante e' anche oggi, come allora, quelladell'innovazione, del progresso e dello sviluppo. Molti africanitradizionali resistono o cercano di resistere alla vendita dei loro campialla Monsanto, che corrompe il sistema per acquistarli e sperimentarel'innovazione "creativa" degli Ogm, che le consentira' di escludere pratichecollettive antichissime quali la selezione e lo scambio delle sementi.Similmente, molti cinesi sembrano ancora credere nella massima confucianaper cui "rubare un libro e' una violazione elegante", non concependo l'ideache la cultura, prodotta da tutti, possa essere racchiusa in uno strumentoaccessibile soltanto a chi possa pagare per possederlo.*Saccheggio oligopolisticoTali concezioni culturali, diverse dal "naturale" e virtuoso appetitoacquisitivo lockiano che fonda l'intera scienza economica dominante (inclusala sua teoria della proprieta' intellettuale come "monopolio virtuoso")secondo cui nessun individuo creerebbe se non incentivato dalla speranza diuna compensazione materiale per il proprio sforzo di creativita', sono bendocumente dalla letteratura antropologica. Etnie recessive ma assai saggequali i Kayapo dell'Amazzonia, non credono che la conoscenza sia il prodotto
dell'uomo ma della natura. Inoltre, secondo loro, la conoscenza e' sempreintergenerazionale non potendo mai appartenere soltanto alla generazionepresente. Essa e' sempre ricevuta liberamente e va liberamente tramandata digenerazione in generazione. Certo non puo' esser proprieta' privata di unindividuo che, anche qualora intelligentissimo ed intuitivo, deve al gruppola sua intelligenza e a beneficio di questo devono ricaderne i frutti chedel resto non sarebbe esistiti se qualcuno non gli avesse insegnato le basi.Ma il rozzo semplicismo delle teoriche dominanti sulla proprieta'intellettuale viene smascherato anche dalle frontiere della conoscenzatecnologica, dove prodotti come l'enciclopedia Wikipedia o il software Linuxconfutano senza appello le basi motivazionali della teoria lockiana dellaproprieta'.Una domanda sorge spontanea: se e' stato cosi' facile trasferire la retoricadella proprieta' privata dal mondo materiale a quello delle idee, nondovrebbe essere altrettanto facile tornare indietro, facendo tesoro dellecontraddizioni teoriche che l'individualismo proprietario mostra quandoesteso al mondo delle idee al fine di travolgerne la funzione dilegittimazione della proprieta' privata mal distribuita in tutte le sueforme?Forse allora si capirebbe che la privatizzazione, lungi dal garantirecreativita', virtu' ed ordine giuridico altro non e' che una forma, assaipoco sofisticata, di saccheggio oligopolistico degli spazi pubblici, per lasemplice ragione che un mercato competitivo fra pari non esiste, ne' potra'mai esistere, se non nella retorica incolta di qualche promessa elettorale.*Postilla bibliografica: Dai trattati sul governo a Lawrence LessigLa teoria della proprieta' privata di John Locke, elaborata nei suoiTrattati sul governo, e' stata affinata da Robert Nozick in Anarchia, Statoe Utopia (Il Saggiatore). Un'accessibile ricostruzione filosofica si trova
ne La filosofia politica, di Salvatore Veca (Laterza). Una visione di lungoperiodo sul tema caratterizza Uomini, tecniche, economie, di Carlo M.Cipolla (Feltrinelli); l'attitudine africana verso la terra e' discussa neLa Resistenza dei vinti, di Giordano Sivini (Feltrinelli); William Alfordanalizza l'atteggiamento cinese verso la proprieta' intellettuale in ToSteal a Book is an Elegant Offence. Intellectual property law in ChineseCivilization (Stanford University Press). Una critica liberale alla"proprieta' intellettuale" e' svolta da Lawrence Lessig in Cultura libera.Per una critica del concetto: Ugo Mattei e Laura Nader, Plunder: When theRule of Law is Illegal (Blackwell). L'inadeguatezza del modellomotivazionale classico presupposto dagli economisti e' discussa nel volumecurato da R. Caterina, Le basi cognitive del diritto (Bruno Mondadori).8. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibilesottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione dipromozione sociale).Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamentesoldi gia' destinati allo Stato.Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere ilnumero di codice fiscale dell'associazione.Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Permolti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno nonfara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccolaquota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' delMovimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa perla pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato lagenerosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per lapromozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campiestivi, eccetera).Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltrequarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione dellanonviolenza.Grazie.Il Movimento Nonviolento*P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali delcommercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delleEntrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie atutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.*Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an@nonviolenti.org, sito:www.nonviolenti.org9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTOIl Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individualee di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionalee internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che traealimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue loscopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:1. l'opposizione integrale alla guerra;2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e dinazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienzageografica, al sesso e alla religione;3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, ela creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta eresponsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come serviziocomunitario;4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sonopatrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione econtaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiutodell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, lanoncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazionedi organi di governo paralleli.10. PER SAPERNE DI PIU'* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; percontatti: azionenonviolenta@sis.it* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale dellaRiconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir@peacelink.it, luciano.benini@tin.it,sudest@iol.it, paolocand@libero.it* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifistaPeacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnatiper la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; percontatti: info@peacelink.itNOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINONumero 411 del 31 marzo 2008Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricercaper la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenzaDirettore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.itPer ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:nonviolenza-request@peacelink.it?subject=subscribePer non riceverlo piu':nonviolenza-request@peacelink.it?subject=unsubscribeIn alternativa e' possibile andare sulla pagina web
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domenica 30 marzo 2008
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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 157 del 30 marzo 2008
In questo numero:
Alcuni estratti da "Niente come prima. Il passaggio del '68 tra storia e
memoria" a cura di Marina Giovannelli
LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "NIENTE COME PRIMA. IL PASSAGGIO DEL '68 TRA
STORIA E MEMORIA" A CURA DI MARINA GIOVANNELLI
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti (scelti da
Elisabetta Cavalli) dal libro di Marina Giovannelli (a cura di), Niente come
prima. Il passaggio del '68 tra storia e memoria, Kappa Vu, Udine 2007. Con
interventi di M. Mauro, L. Accati, M. Giovannelli, L. Cantarutti, L. Palma,
M. Modolo, P. Raso, V. Candido, M. Carminati, M. Richter, C. Benussi, A. De
Stefano, G. Musetti, E. Franco, R. Corbellini, A. Kersevan, A. Comuzzi, B.
Vuano, A. Sbuelz.
Il libro raccoglie saggi di Luisa Accati (atorica, Universita' di Trieste),
Cristina Benussi (letterata, Universita' di Trieste), Vilia Candido
(scrittrice), Ludovica Cantarutti (giornalista e scrittrice), Maria
Carminati (poeta, collaboratrice Universita' di Udine), Annalisa Comuzzi
(storica), Roberta Corbellini (storica, direttrice Archivio di Stato di
Udine), Aldina De Stefano (poeta), Elvia Franco (filosofa), Marina
Giovannelli (scrittrice), Alessandra Kersevan (editrice e storica), Marta
Mauro (conservatrice del Museo di Storia contadina di Pagnacco), Mariangela
Modolo (scrittrice), Gabriella Musetti (scrittrice, direttivo Societa'
Italiana delle Letterate), Leda Palma (attrice, scrittrice), Pina Raso
(presidente Universita' delle LiberEta' di Udine), Melita Richter
(sociologa, Universita' di Trieste), Antonella Sbuelz (scrittrice), Barbara
Vuano (scrittrice).
Marina Giovannelli e' poetessa e scrittrice. Da suo sito
www.marinagiovannelli.it riprendiamo la seguente scheda: "Marina Giovannelli
e' nata a Udine nel 1941. E' sposata, ha due figli, molti amici e amiche e
due gatte. Ha insegnato a lungo materie letterarie nella scuola media
inferiore e superiore, dove ha realizzato insieme ai suoi allievi ricerche,
giornali, allestimenti teatrali. Questi ultimi, raccolti nel volume "Gran
teatro", sono stati premiati alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna nel
1996. Con gli allievi dell'Ipsaa di Pozzuolo del Friuli ha curato "Ma
qualche volta mi viene da piangere. Storie di emigranti friulani", edito dai
Circoli Culturali della Carnia. L'indirizzo della sua tesi di laurea e
l'interesse personale, l'hanno spinta ad occuparsi di storia del Friuli,
interesse che si e' concretizzato nel primo libro pubblicato nel 1990,
"Sotto le ali del Leone", racconti ambientati nel Friuli del secolo XVI, e
nei successivi romanzi "Il segno della vipera", 1991, di epoca longobarda, e
"La Comugna", vicenda dell'Ottocento che va alle radici dell'emigrazione nel
Friuli occidentale. Altro campo d'indagine e' il mito, affrontato con occhio
antropologico nei racconti "Le fanciulle del mito" e nell'ultimo romanzo
"tre lune (storia di Arianna)". Approdata ufficialmente alla poesia nel
1998 - ma da sempre ha nascosto versi nel cassetto - ha pubblicato presso
Campanotto "(An)estesie" e per i "Quaderni di poesia" del Dars la raccolta
di acrostici "Del silenzio". Fa parte del Comitato friulano Dars (Donna
Arte Ricerca Sperimentazione) e delle Donne in Nero di Udine. Tiene un corso
di "Scritture Femminili" all'Universita' delle LiberEta' di Udine, dedicato
quest'anno a "Epifanie del corpo". Partecipa a dibattiti, incontri,
trasmissioni radiofoniche. Attualmente collabora alle pagine culturali del
settimanale "Nuovo Friuli"". Tra le opere di Marina Giovannelli: Sotto le
ali del Leone, Gremese, Roma 1990; Il segno della vipera, Loescher, Torino
1991; La Comugna, Gremese, Roma 1994; Le fanciulle del mito, Loescher,
Torino 1996; (An)estesie, Campanotto, Udine 1998; (con Aldina De Stefano),
Del silenzio, Dars, Udine 1999; Tre lune (storia di Arianna), Gazebo,
Firenze 2001; Voci dal campo di Drepano, a cura delle Donne in Nero di
Udine, Udine 2001; Una questione di specchi, LiberEta', Udine 2001; Le
virtu' estreme, Edizioni Cooperative S.T.A.F., Udine 2002; Morte di carta.
Zelig - Mobydick, Faenza-Udine 2003; Una condizione ablativa, Joker, Novi
Ligure (Al) 2003; Cantata per la donna al telaio, Edizioni Le Arti tessili e
Circolo culturale Menocchio, Montereale Valcellina (Pn) 2004; Iacoba
Ancilla. biografia imperfetta di una ragazza nel Cinquecento, Kappa Vu,
Udine 2005]
Indice del volume: Introduzione di Marina Giovannelli; Marta Mauro: Non
sara' mai un luogo comune; Luisa Accati: Parole rivelatrici; Marina
Giovannelli: Memorie dalla campana di vetro; Ludovica Cantarutti:
Millenovecentosessantotto; Leda Palma: Perche' recitano cosi' bene -
1968-1978 - Donne e attrici; Mariangela Modolo: La veglia del fiore; Pina
Raso: Il mio '68; Vilia Candido: Cronistoria di una mancata esperienza;
Maria Carminati: "Sembra preistoria"; Melita Richter: Tra Parai e Zagabria.
Il mio '68; Cristina Benussi: Luci e ombre di un mito; Aldina De Stefano:
Verso dove; Gabriella Musetti: Lettera dal Giappone; Elvia Franco: Era il
'68...; Roberta Corbellini: Lucia Mondella, il sigaro toscano e la legge
salica; Alessandra Kersevan: Un '68 incominciato prima; Annalisa Comuzzi:
Marx, l'irrinunciabile; Barbara Vuano: Un pollo cresciuto in batteria;
Antonella Sbuelz: Io e Mafalda. Fotogrammi del Settantasette; Notizie
bio-bibliografiche.
*
Introduzione di Marina Giovannelli (p. 7 e seguenti)
Questo libro raccoglie riflessioni e memorie di donne oggi residenti nella
regione Friuli Venezia Giulia, in vario modo impegnate culturalmente, la cui
eta' varia fra i 70 e i 45 anni, ed ha origine nella proposta di riandare al
1968 e dintorni che rivolsi ad alcune amiche alla fine del 2005 in seguito
alla pressione crescente che sentivo (e sento) sull'autonomia del pensare e
fare delle donne, che aveva peraltro gia' innescato un generale movimento di
ripresa con le manifestazioni femministe programmate per il 14 gennaio 2006
a Roma e a Milano. La proposta fu accolta con slancio: condividevamo i
timori per la campagna conservatrice in atto, per le continue ingerenze
clericali, sentivamo che tornare ai giorni di quella rivoluzione dei valori
e del costume avvenuta nel periodo indicato, se non era sufficiente per
ricostruire una storia organica, tantomeno per elaborare interpretazioni di
un momento ancora cosi' dibattuto, poteva tuttavia essere utile per
ripensare se stesse, rievocare un clima, confrontarlo con il presente,
promuovere incontri e discussioni, attivare consapevolezza.
Poche delle invitate alla scrittura non accettarono la proposta, alcune
perche' il ricordo di quei lontani giorni, esaltanti ma duri, genera un
dolore ancora indicibile, altre perche' non si riconoscevano nelle premesse
iniziali.
Il presupposto comune consisteva nel ritenere il '68 non un anno, ma un
periodo di durata variabile, di cui ciascuna delle scriventi aveva avuto
nozione in un momento individuabile soggettivamente, ma che aveva indotto in
ognuna mutamenti radicali nella propria esistenza.
Che il '68 sia da considerarsi un "passaggio" e' un dato storiografico ormai
acquisito, anche se variano i termini temporali prescelti, oscillando le
premesse dai primi anni Sessanta per alcuni, al periodo delle prime
occupazioni accademiche del '66-'67 per altri, per finire comunque alla fine
degli anni Settanta con l'imbuto della lotta armata.
L'altro dato che veniva implicitamente accolto nell'adesione al progetto
riguardava la propria collocazione all'interno, se non di una istanza
femminista, di una volonta' di riflessione sul movimento delle donne, cosi'
come si era andato formando negli anni Settanta e modificando negli anni
successivi, e sulla sua influenza nei percorsi personali.
Per il resto l'assoluta liberta' di ciascuna nell'esprimersi preludeva a una
lettura comparata da rinviare all'esito delle testimonianze stesse.
Da queste emerge, gia' ad una prima lettura, una straordinaria ricchezza di
notizie, temi, osservazioni, spunti critici, nodi irrisolti, esposti con una
sorta di appassionata urgenza, a conferma dell'attualita' politica delle
questioni proposte.
L'altra innegabile evidenza riguarda la distanza, in queste pagine, da un
generico femminile poiche' in esse risuonano voci di donne, ciascuna nella
propria singolare e differenziata unicita', a riprova che la differenza di
genere incrocia molteplici differenze, anche se non tutte qui rappresentate.
Esse rimandano in primo luogo ad appartenenze generazionali e sociali: noi
donne nate alla fine degli anni Trenta e nella prima meta' dei Quaranta
eravamo molto diverse da quelle nate attorno al '50, perche' l'esser
cresciute durante o subito dopo la guerra e l'aver ricevuto un
condizionamento educativo molto forte in senso tradizionale avevano
determinato un'influenza a fatica disattivabile. "Per sentire l'onda del '68
bisogna aver vissuto il dopoguerra da bambini, il rigore, la modestia, la
paura di se' e del proprio corpo...", scrire a questo proposito Mariangela
Modolo.
Di piu', nel '68 ci trovavamo ad avere un'eta' allora cruciale per il
matrimonio e la maternita', cosicche' questi eventi ci rendevano
"distratte", spettatrici piu' o meno turbate piuttosto che attrici, come
testimonia lo straniamento cosi' ben narrato da Ludovica Cantarutti. Sulla
nostra generazione premeva, senza che ne fossimo consapevoli, il peso di
quel "problema senza nome" di cui aveva gia' scritto Betty Friedan in The
femminine Mystique nel 1963 (tradotto in Italia nel '64), che poche pero'
allora avevamo letto, ("avanzava una infelicita' profonda nella mia parte di
donna che aveva compiuto la sua missione per la specie", ricorda Marta
Mauro), eppure anche in noi stava maturando una tensione verso il
cambiamento che si rivelera' nelle scelte esistenziali e professionali
successive.
Il contesto ambientale e familiare con l'educazione che ne deriva, influi'
sul grado e la modalita' di ricezione del movimento durante il "ciclo breve
dell'insorgenza", dall'adesione incondizionata della giovanissima Barbara
Vuano all'immediatamente critica "estraneita' partecipante" di Luisa Accati,
passando per tutte le sfumature intermedie.
Di comune invece, nella varieta' dei luoghi dove venne vissuta quella
stagione divampante, da Messina a Trieste e Udine, da Torino a Padova, da
Roma a Genova, e "Tra Parigi e Zagabria", c'e' lo stesso clima diffuso di
ottimismo, di euforica speranza, e in tutte era convinto il senso
d'appartenenza al mondo intero, cosi' che al mondo intero si rivolgevano
attenzione e volonta' di cambiamento sostenute da un generale e forte senso
di responsabilita'. Ne derivava desiderio di prendere parola - "Dappertutto
discorsi pubblici, dibattiti, proclami, annunci", testimonia Melita Richter
da Parigi - e di far parte del progetto generale, vissuto con quel
sentimento di "felicita'" che avverte chi si senta impegnato nella
fondazione di una nuova polis, in un'atmosfera trans-nazionale cui da tempo
aveva contribuito la cultura.
Ricorrono infatti nei testi delle autrici i nomi degli stessi scrittori, gli
stessi titoli di libri, le stesse canzoni, ma soprattutto emerge un
convincimento profondo e forse ingenuo, fatto di fiducia nella possibilita'
di forzare la politica e la societa' nella direzione dell'equita', insieme
agli altri ed altre, studenti e operai.
Comune e' anche, per molte, la consapevolezza che il "passaggio" del '68,
inteso come sopra indicato, ha segnato una frattura tra un prima e un dopo,
innescando un processo di mutamento cosi' radicale che da quella soglia si
e' aperta per ogni donna - almeno nel mondo occidentale - la liberta' che
oggi e' sotto gli occhi di tutti, che significa possibilita' di raccontare
un romanzo di formazione femminile non piu' a senso unico, secondo quanto
era stato fino ad allora salvo eccezioni alla regola, ma articolato nelle
piu' varie direzioni pensabili, come per i maschi era da sempre.
Se la ribellione all'autoritarismo, intesa come rifiuto del primato
dell'apparato accademico, partitico, burocratico in genere, era il
fondamento primo dello slancio rivoluzionario del movimento studentesco, e
quindi patrimonio condiviso di tutti e di tutte - Gabriella Musetti cita uno
slogan allora molto diffuso: "Vietato vietare" - si deve dire pero' che
l'orfanita' cercata e gridata dai gruppi nelle piazze non si accompagna
nella maggior parte delle scriventi al rifiuto della famiglia d'origine e in
molte anzi si converte nel riconoscimento di un padre consapevole e nella
valorizzazione della figura della madre (non del materno), vista con occhi
nuovi come soggetto capace di pensiero e di autonomia, se pur dotata di
strategie ancora tradizionali, come le "matriarche" di Vilia Candido o la
madre elusiva di Pina Raso, e nell'individuazione di una precorritrice
"linea matrilineare" da parte di Alessandra Kersevan. A questa nuova
autorevolezza femminile si accompagna la scoperta della possibile amicizia
fra donne (al posto della tradizionale concorrenza): "Amiche-madri,
amiche-figlie, amiche-sorelle, amiche-amate", scrive Aldina De Stefano,
mentre piu' avanti si delineera' per alcune un percorso che conduce al
pensiero della differenza e per Elvia Franco in modo diretto alla comunit‡
di Diotima. [...]
Oggi alcune sottopongono la "rivolta" del '68 a una critica severa che
sottolinea le gia' allora leggibili contraddizioni e i silenzi colpevoli,
altre ad una rilettura che non nega le "ombre" ma riconosce le "luci", altre
ancora a una valutazione sostanzialmente positiva o quantomeno indulgente,
se non altro per la possibilita' sperimentata per la prima volta di
costituire una "comunit' assoluta" di relazioni fra uguali inedita e, almeno
all'inizio, propositiva.
Quanto e' stato detto finora non esaurisce la ricchezza dei temi affrontati
in queste pagine, in cui si fa riferimento ad aspetti particolari che
richiederebbero spazi ben piu' ampi per esaurire un dibattito indubbiamente
da riprendere e approfondire, o che al contrario sono gia' stati studiati
altrove in modo specifico.
Si tratta ad esempio del linguaggio, sia quello usato dai giovani del '68
letto come elemento di distinzione dal mondo adulto oppure come rivelatore
simbolico di caratteri fondamentali ma sottotraccia del movimento, sia come
indagine non ancora compiuta sulla parola letteraria femminile, "portatrice
di stimmate" (Benussi) e priva di riconoscimento nel mondo accademico, o
degli effetti della "liberazione sessuale" sulle giovani donne di quegli
anni, con quanto di taciuto e perfino di imposto vi era in essa, poiche' il
discorso sul "corpo" era ancora tutto da farsi, sia come sua conoscenza che
come sua gestione, dal sesso alla maternita'.
Si pone inoltre in certe pagine il tema a tutt'oggi non sufficientemente
indagato della violenza, in se' e nel rapporto fra violenza privata e
pubblica, sulla cui equazione e' aperto il dibattito.
Su tutti gli altri si ripropone con insistenza in quasi tutti gli scritti un
argomento di interesse sostanziale, che costituisce l'interrogazione
politico-filosofica per eccellenza, e cioe' se (e come) l'analisi marxiana
sulla dialettica di classe, da cui la maggioranza delle scriventi muove
nell'avvicinarsi al movimento, sia rimasta poi la linea guida di
interpretazione del mondo nei tempi successivi e come (e se) la si concilio'
con il femminismo.
L'ultima osservazione riguarda la scelta dei titoli dei propri interventi da
parte delle autrici: dopo aver tutte ripercorso la propria esperienza nella
piena interiorizzazione di quella rivendicazione condivisa allora, e ancor
oggi funzionante "il personale e' politico", percio' senza remore o falsi
pudori, nella piena assunzione delle proprie responsabilita' e nella
consapevolezza delle proprie conquiste, hanno siglato gli scritti con parole
che segnano fortemente una distanza dal '68 e dagli anni immediatamente
successivi. Alcuni titoli rinviano alla favola, al sogno, al mito, comunque
a un "c'era una volta" trascorso e perduto. Questa percezione di lontananza
che non e' di tipo temporale ma allude al disincanto, si accompagna alla
preoccupazione espressa da molte rispetto al presente, a causa
dell'orizzonte privo di aperture dei giovani d'oggi, della pochezza della
societa' attuale che non offre risorse e nemmeno speranze.
Eppure queste pagine, che in molti casi non si limitano a ricordare e
tendono a proporsi come strumento per riprendere l'azione, seppure in modi
diversi e forse ancora da individuare, dimostrano quanta energia piu' o meno
latente sia pronta a sprigionarsi se incanalata in modi adeguati. Non
chiederemo a queste pagine piu' di quanto possano dare, molti temi accennati
incalzano un approfondimento di tipo storico o sociologico, ma non si puo'
negare che il potenziale politico in esse presente sia altissimo, e che la
proposta implicita delle autrici avvii verso la continuazione della
riflessione sul passato insieme al desiderio di intervenire nel presente,
per se stesse e per coinvolgere le altre.
*
Luisa Accati: Parole rivelatrici (p. 23 e seguenti)
Nel 1968 io ero ancora all'Universita', stavo finendo, mi restava solo la
tesi di laurea, a cui peraltro lavoravo gia' da tempo. Ero gia' stata a Roma
dove, all'Archivio di Stato, avevo raccolto materiale sulla occupazione
delle terre nel sud dell'Italia per il periodo 1921-'22. L'avrei discussa
nel luglio del '68.
Ero un po' piu' vecchia di quelli che sarebbero stati i protagonisti del
'68, nati perlopiu' fra il '45 e il '48, mentre io ero nata nel '42. Ero in
ritardo rispetto ai miei compagni di corso, gia' laureati, perche' mi ero
sposata nel '64 e nel '66 avevo avuto una figlia. In sostanza, benche' ci
fossi, mi sentivo ed ero in parte esterna a quel che capitava. In primo
luogo partecipavo alle assemblee solo se mia madre o mio marito o qualche
baby sitter poteva occuparsi di mia figlia e, comunque, sempre per spazi di
tempo limitati. Questo era largamente sufficiente per tagliarmi fuori
dall'attivita' vera e propria, frenetica, del movimento e dei gruppi. Ma non
era solo questo a farmi sentire esterna, del resto c'erano anche fra i
leaders persone della mia eta', qualcuno era piu' vecchio e altri avevano
figli. La mia situazione, intermittente e marginale, mi metteva in una
posizione di osservazione: una estraneita' partecipante che mi stava bene.
Infatti quello che sentivo e vedevo mi sembrava eccezionale ed
entusiasmante, mi pareva che davvero qualcosa potesse finalmente combiare,
ma c'erano anche tanti motivi di perplessita'.
Per "rivoluzione" io immaginavo un fatto semplice: il rovesciamento delle
priorita', l'idea insomma che si facesse un progetto sociale partendo dal
bene comune, invece che partendo dagli interessi individuali, di casta e di
corporazione. Il sapore tattico e il tono profetico, misurato sulla
rivoluzione russa e sul leninismo che fioriva intorno alla parola
"rivoluzione" nelle assemblee, mi pareva astratto e non realizzabile, anni
luce di la' da venire. Per me ottenere risultati concreti era troppo
importante, non avevo grande interesse a lavorare per un futuro mitico.
Tuttavia non osavo molto dirlo, perche' pensavo di non conoscere a fondo la
situazione e pertanto di non potere valutarla bene e, per altro verso, la
mia condizione di donna sposata con una figlia mi faceva guardare con un
certo sospetto dalle mie compagne. La prossima rivoluzione mi sembrava in
realta' lontanissima, anzi il gran parlarne mi pareva un modo per differire
obiettivi raggiungibili e concreti.
Che cosa intendevo per "obiettivi raggiungibili e concreti"? A me era sempre
parso che il tratto saliente della situazione italiana fosse una
straordinaria ignoranza della popolazione, coltivata nel tempo dalla Chiesa
cattolica. Una straordinaria ignoranza di come debba e possa funzionare una
societa' di individui responsabili. Quella in cui eravamo immersi era una
cultura della delega morale all'autorita' ecclesiastica: una profonda
sfiducia nelle capacita' delle persone di gestire se stesse che parrocchie e
vescovadi, tanto piu' durante il fascismo, avevano coltivato da sempre. Una
cultura della dipendenza dall'autorita', dai suoi luoghi comuni, dai suoi
stereotipi, dalle sue immaginette: una cultura povera, avvilita e avvilente,
dove la superficialita' dell'informazione era considerata un buon strumento
di governo. Cose semplici per i semplici che e' bene che restino semplici e
senza pretese. Poiche' il movimento era un movimento studentesco e aveva i
suoi leaders dentro l'universita' io speravo in una trasformazione radicale
dell'istruzione e della cultura. Immaginavo una estensione a tutto il
tessuto sociale della cultura cosiddetta alta, della cultura critica e della
cultura dei diritti e dei doveri. La cultura alta non mi pareva infatti
difficile per buoni motivi, ma semplicemente elitaria, deliberatamente e
inutilmente difficile, non perche' dovesse esserlo, ma perche' in parte
aveva una componente escludente. Dunque si trattava di tradurre il sapere e
di fare in modo che programmi e contenuti fossero riformati in vista di ampi
obiettivi di istruzione ai massimi livelli per tutti. Ragione critica per
tutti, robusti strumenti per uscire dalle imposture della religione.
Liberare il paese dall'ignoranza pretesca mi pareva un condizione
preliminare a qualsiasi altra e mi pareva anche liberatoria. Con la mente
libera dalle illusioni si sarebbe trovata la strada giusta anche per
pareggiare o almeno per ridurre le disuguaglianze economiche.
La mia delusione diventava crescente osservando che molti erano i bersagli
politici dei miei compagni, ma mai si era nemmeno pensato ad attaccare
l'imperante cultura cattolica. Oggetto degli attacchi erano i professori, i
giudici, i padroni, i capi, i borghesi, i fascisti ma nessun vescovo, nessun
papa, nessuna monaca, nessun pregiudizio clericale. Le mie istanze culturali
piu' profonde non avevano nessuno spazio.
Negli anni del liceo avevo preso parte alle riunioni di una sezione
socialista lombardiana, cioe' della sinistra socialista, e avevo anche
frequentato assemblee di lavoratori metalmeccanici alla Camera del Lavoro,
nei limiti assai stretti che l'educazione severa della mia famiglia mi
lasciava. Non cosi' stretti tuttavia da impedirmi di capire l'importanza che
a Torino avevano gli operai della Fiat e delle altre fabbriche, non cosi'
stretti da impedirmi di osservare come questi operai fossero culturalmente
diversissimi dalle masse di ignoranti allevati dalle parrocchie. Il loro
modo di esprimersi, in un italiano dall'intenso accento piemontese, pieno di
francesismi, le loro richieste, le loro conoscenze dei modi e dei ritmi
della produzione rivelavano una cultura materialista, razionalista e
concreta. Persone autonome e critiche, persone che erano finalmente uscite
dalla schiera dei semplici, non chiedevano ne' carita', ne' protezione.
Proponevano aumenti di salario, migliori condizioni di lavoro e avanzavano i
diritti all'istruzione e alla previdenza: una dignita' sconosciuta ai
semplici di pertinenza vescovile. Due parole dominavano, infinitamente
ripetute, negli interventi di tutti: lotta e dio faus o, in forma
abbreviata, diofa', un intercalare essenziale, un segno di appartenenza.
Tanto che spesso mi ero detta che la lotta era contro la falsita', le
illusioni, il futuribile immortale e contro il falso dio, cioe' il denaro,
inteso come mezzo di potere, anziche' come mezzo per vivere meglio nella
realta' non spirituale o falsamente spirituale del mondo reale, materiale e
fisico.
Gli avversari degli operai erano i padroni, il lavoro, riferimento morale e
materiale per entrambe le parti, il durissimo terreno di scontro.
Sui padroni la sapevo lunga, infatti ero figlia di uno di loro e anch'io
avevo le mie ragioni da farmi con lui in quegli anni. Forse ero alla camera
del lavoro anche per questo. Ma i padroni dei metalmeccanici erano ben
diversi, per esempio, dai padroni "da li belli braghi bianchi" delle mondine
e questo era molto piu' chiaro agli operai che agli studenti. Quello che gli
operai volevano dai padroni era chiaro e quantificato, quello che i padroni
volevano dagli operai era chiaro e quantificato: lo scontro, senza
esclusione di colpi, era nondimeno produttivo e non distruttivo.
Il padrone dei metalmeccanici lavorava tantissimo, lavorava tutta l'estate e
trovava "stranissima l'usanza delle vacanze, destinata a scomparire". Le
vacanze potevano servire a coloro che facevano lavori fisicamente pesanti,
ma erano del tutto inutili perdite di tempo per chi faceva "lavori a
tavolino" come i dirigenti e a maggior ragione "i titolari" delle aziende;
le vacanze dunque servivano per andare all'estero a imparare le lingue e a
trattare con le aziende straniere. Mare? Per i bambini, per gli adulti, poco
e solo se lo ordinava il medico. Consumi confortevoli, ma senza sprechi.
La resistenza al lavoro era un feroce terreno di sfida che autorizzava a
eliminare chiunque si dimostrasse debole o fragile (mio padre non era piu'
tenero degli altri); ma la capacita' di resistere alla sfida era certamente
riconosciuta come una reale possibilita' di arricchimento, di conquista di
diritti e di ascesa sociale.
Mio padre non diceva dio faus e nemmeno diofa', diceva cribbio, versione
eufemistica di Cristo e infatti, all'occorrenza, diceva anche Cristo.
Cristo, com'e' noto e' la vittima per eccellenza, sicche' l'associazione
Cristo-diritto che accompagnava il suo modo di affrontare i rapporti in
fabbrica, significava: anche le vittime della societa' hanno dei diritti.
Non era generosita' la sua, era convinzione che se non esisteva una
ricchezza minima diffusa e dovuta, mancavano le condizioni stabili perche'
il piu' alto numero possibile di cittadini comprassero gli oggetti che le
fabbriche producevano: punto e basta.
La lotta si svolgeva dentro l'etica del lavoro a cui i due avversari, che si
rispettavano reciprocamente, rispondevano. Carita' nessuna, elemosine ancor
meno ma un rapporto contrattuale in cui al lavoro svolto corrispondeva un
doveroso riconoscimento economico e previdenziale, sempre migliorabile. Da
una parte e dall'altra una logica che eliminava i semplici, gli umili, i
bisognosi e i loro melensi intermediari. Sicche' l'asprezza realistica del
confronto permetteva di scaricare la violenza sociale e di convertirla in
forza politica, in leggi che riconoscevano i diritti all'istruzione, alla
salute, alla casa; in beni e ricchezza per strati sociali sempre piu' ampi.
Altra cosa - dicevo - erano "i padroni" e "gli operai" all'universita',
nelle assemblee studentesche. Mitologica l'avida cattiveria dei primi e
altrettanto mitologica l'aspirazione disinteressata a cambiare il mondo dei
secondi. La natura e le possibilita' contenute nel conflitto che li metteva
in rapporto non erano un vero oggetto di attenzione. Le critiche che avevo
sentito alla camera del lavoro verso i padroni, per quanto scioccanti
inizialmente, non mi avevano messo in conflitto con me stessa, per certi
versi e con alcuni distinguo, mi erano servite a venire a capo di conflitti
personali, mi avevano fatto capire molte cose del mondo in cui vivevo, le
tensioni fuori della famiglia mi avevano insegnato ad affrontare le tensioni
della maturazione e dell'autonomia dalla famiglia. Mi colpiva invece
l'astrattezza delle richieste studentesche, la genericita' dei loro
"padroni" e della loro "borghesia", e mi colpiva tanto piu' perche' padroni
e borghesi erano i loro padri, che ben conoscevo, tanto quanto il mio. Mi
colpiva che fossero considerati "padroni" e/o "borghesi" persone tra loro
diversissime (avvocati, medici, imprenditori e finanzieri) e anche i
professori venivano attaccati in blocco come "autoritari", personaggi che
usavano bocciare tre o quattro volte ogni studente, che avevano evidenti
pregiudizi contro le ragazze e uomini che io consideravo possibili alleati
nei miei propositi di trasformazione della cultura e dell'istruzione. A me
pareva che l'ipotesi di dover cambiare la struttura economica per poter fare
qualsiasi cambiamento significativo fosse un'interpretazione mitica di Marx.
Questa lettura non era altro che un fiume di parole e un modo generico e non
realistico di assumere i fatti, simile piu' a una crisi verso i padri, a una
difficilissima maturazione giovanile che a una realistica volonta' di fare
quello di meglio che si poteva.
*
Pina Raso: Il mio '68 (p. 55 e seguenti)
Il mio '68, come tutte le storie che si rispettano, ha un prologo e un
epilogo. Il prologo risale a qualche anno prima.
Provengo da una famiglia dal forte impegno politico; mio padre e' stato
iscritto al Pci fin dal 1943 - lo rimarra' fino al 1989 -, la mamma e' stata
candidata alle elezioni amministrative gia' alla fine degli anni '50. Si e'
provveduto a iscrivere tutti al partito, via via che raggiungevamo l'eta'. A
meta' degli anni '60 tutta la famiglia, compresi nonni e zii, paterni e
materni, e' iscritta al Pci. Le tessere di mio padre sono ancora conservate
nella casa calabrese.
Un giorno, siamo agli inizi degli anni '60, ci viene a trovare il segretario
della federazione provinciale giovanile che dice: "La prossima settimana
faremo un'importante manifestazione dei giovani comunisti a Reggio Calabria,
contiamo sulla tua presenza". A questo punto arriva il divieto paterno:
essere iscritti al partito e' importante, ma e' assolutamente impensabile
che una ragazza vada fuori paese da sola; manifestazione o altra iniziativa
che sia, non se ne parla neppure che una donna vada in giro cosi'!
A dire il vero, non e' che me la passassi tanto male, specie in confronto
alle mie coetanee. Non avevo limitazioni, per esempio, sull'abbigliamento:
ho sempre portato i calzoni, la minigonna non ha fatto fare neanche una
piega in famiglia. Potevo uscire liberamente in paese, ho scelto da sola il
mio corso di studi, sia liceali sia universitari, liberta' che allora erano
impensabili, almeno al sud, per la maggior parte delle ragazze, il cui unico
destino sembrava essere quello di sposarsi e far figli.
Ma ero pur sempre una donna: si poteva concedere una tale liberta'? E cosa
avrebbe detto la gente?
Questo e' stato il primo scontro con mio padre, che osa iscriversi, a soli
23 anni, a un partito ancora fuorilegge, ma non riesce ad affrontare le
proprie contraddizioni.
Ne sono seguiti tanti altri, che sono durati fino quasi alla sua morte.
L'epilogo invece e' di una decina di anni dopo, il '74, quando, giovane
insegnante, gia' in Friuli, mi sono sentita dire da uno studente di
Avanguardia Operaia, durante un'assemblea all'Istituto d'Arte, dove
insegnavo, che non avevo diritto di parola perche' "ogni insegnante e',
indipendentemente dalle idee dichiarate, reazionario".
In quel momento ho capito che era finito, per me, il tempo della
contestazione ed era cominciato quello del fare. Se si decodifica
adeguatamente la frase dello studente, al di la' delle esagerazioni del
momento, il significato e' chiaro. Tu non sei piu' una giovane, sei
dall'altra parte, hai "il potere" di fare. Avevo solo 27 anni, ma ero gia'
sposata, avevo un bambino piccolo e un lavoro stabile, non potevo piu', in
effetti, mischiarmi ai giovani contestatori, potevo semmai partecipare alle
lotte dei lavoratori. Cosa che ho fatto, aderendo alla Cgil e partecipando,
seppur con un ruolo molto marginale, alla nascita del sindacato scuola.
Ma andiamo con ordine e torniamo al '68.
Quell'anno mi vede studentessa di matematica all'Universita' di Messina. Se
pero' qualcuno pensa che, con quella formazione familiare e quel clima, io
parli di un periodo epico, commette un grande errore. Le cose, almeno
all'inizio, sono andate diversamente.
Siamo all'inizio di un anno particolarmente freddo; frequento il primo anno
di matematica in una citta' che mi e' estranea. Alloggio in una pensione in
cui oltre al freddo, anomalo per quella regione che non ha bisogno di
riscaldamento, soffro di solitudine per essermi allontanata per la prima
volta dall'ambiente familiare. All'inebriante senso di liberta' fa da
contrappunto lo scoramento per non avere alcun punto di riferimento durante
intere lunghe giornate in cui, finito di studiare, non so cosa fare.
Comincio a partecipare alle prime assemblee. Sto cosi' al caldo e conosco
nuovi amici. Non e' che capisca molto dei discorsi che vengono fatti, sia
perche' sono solo una matricola, sia perche' non ho mai partecipato a questo
tipo di riunioni.
Oggi i giovani partecipano alla loro prima assemblea gia' a 14 anni; la mia
generazione a scuola doveva solo studiare, obbedire e, soprattutto, tacere.
Io, a dire il vero, studiavo, qualche volta ubbidivo, ma farmi tacere no,
non c'e' mai riuscito nessuno. Per quanto riguarda il rapporto tra docenti e
alunni, si diceva, per scherzo, ma non tanto, che "il professore ha sempre
ragione, soprattutto quando ha torto". Parlare di politica poi! Basti
pensare che al ginnasio avevo persino paura che si sapesse dell'impegno
familiare dentro il Pci. L'unico sciopero cui ricordi di aver partecipato mi
procuro' una figuraccia che non dimentichero' mai.
Ero in quarta ginnasio; il giorno dopo la manifestazione, il preside, dopo
averci fatto la ramanzina, rivolto a me, seduta al primo banco, fa:
"Sentiamo, parlami dello sciopero e dei motivi che ti hanno indotta ad
aderirvi". E' stata forse la peggiore figuraccia che io abbia fatto a
scuola, ma ho rispettato il preside che ha saputo trovare gli argomenti
giusti per richiamarci al senso di responsabilita'.
Tornando alle assemblee, la storia si ripete. Un giorno un ragazzo mi dice:
"Perche' non intervieni mai?". Lascio immaginare il panico. Ma e' stato
utile, ho cominciato a sforzarmi di capire, a comprare tutti i giorni il
quotidiano, ad ascoltare e confrontare le posizioni, a confrontare quanto
sentivo con tutti i discorsi che da sempre si facevano in casa. Scoprii, a
questo punto, oltre a tutti i problemi della scuola e dell'universita' noti
a tutti, situazioni inimmaginabili. Sacche di privilegio, studenti
fuoricorso da tanti anni che stavano alla casa dello studente non per meriti
di studio o per svantaggio economico, ma per "meriti goliardici".
Quella era una societa' fortemente classista, in cui il privilegio di pochi
era un diritto acquisito e intoccabile, mentre la massa della classe operaia
lavorava per loro. Forse pochi sanno oggi che prima dei diritti sindacali
conquistati in quel periodo, un operaio aveva diritto alla liquidazione solo
se veniva licenziato dal padrone, niente gli toccava se era lui a lasciare.
Lascio immaginare cosa capitava nel caso il datore di lavoro volesse, per
qualsiasi motivo, liberarsi di un dipendente.
Per non parlare delle donne cui, sul lavoro, non era neanche riconosciuto il
diritto alla maternita'.
*
Melita Richter: Tra Parigi e Zagabria. Il mio '68 (p. 81 e seguenti)
Sulla scia della protesta lo stesso scenario, biciclette rovesciate,
macchine danneggiate, vetrine dei negozi rotte, librerie nella vicinanza
della Sorbonne bruciate, segni di rabbia ovunque, facce giovani tese che
gridano slogan infiammanti, cortei infiniti, il muro minaccioso delle forze
dell'ordine... Parigi, primavera del 2006 come il maggio del 1968. Non e' la
stessa cosa.
Il 1968 serbava in seno l'illusione della storia e allo stesso tempo la
grande speranza che la storia si fosse messa in cammino. La situazione era
estremamente coinvolgente, alludeva alla rivoluzione, ma i semi della
rivoluzione culturale li aveva gettati per davvero. Le barricate erette nel
Quartiere Latino dimostravano che le cose si facevano seriamente, anche se
su quelle barricate nessuno e' stato ucciso a differenza del G8 del 2001 a
Genova quando un giovane dei no-global e' caduto vittima della violenza
della polizia.
Lo shock al quale la societa' francese era esposta e' stato provocato prima
di tutto dalla manifesta unione tra il movimento studentesco e il grande
movimento operaio. Una bomba inattesa con potenziali detonazioni
impensabili. L'inizio non fu in Francia, ma la Francia detiene il primato
del suo fulcro intellettuale e filosofico e rimane l'immagine simbolo dello
storico movimento europeo del 1968.
Quel primo maggio mi trovavo a Parigi. Anche per me tutto ebbe inizio li'.
Toccai il nervo vitale del forte smottamento della societa' in quel
luogo-fulcro dell'ondata del movimento studentesco che si e' diffuso in
Europa come un vento, minaccioso per chi deteneva il potere e pieno di
promesse per noi, giovani di allora... Sulle rive della Senna i platani
appena annunciavano i primi getti e la primavera si trascinava lenta,
gravosa. Al leggero sole delle Tuileries la gente si acquietava distesa
sulle panchine e allungava le membra secche in cerca del tepore. Una strana
sensazione serpeggiava nell'aria: ovunque ti trovassi, sapevi con buona dose
di certezza che le cose importanti stavano succedendo altrove. Nei pressi
della Sorbonne.
Piu' uno si avvicinava all'area dell'universita' piu' si sentiva avvolto dal
pregnante clima dell'avvenimento che prendeva le sembianze di un'autentica
rivolta. Tra la Sorbonne e il teatro Odeon c'erano dei continui meeting, dei
punti di accentramento di giovani e di meno giovani; si poteva percepire
nell'area l'esplosione della parola. Dappertutto discorsi pubblici,
dibattiti, proclami, annunci, poster con richieste degli studenti affissi
sui tronchi degli alberi, sulle vetrine dei negozi, incollati ai portoni
degli enti pubblici, nei passaggi sotterranei della metropolitana, brossure
che ti venivano recapitate a mano agli incroci, sui tavolini dei caffe'...
la trasformazione della rivolta in parola scritta che accompagnava quella
pronunciata nei raduni in strada era diventata impressionante.
Bisogna pero' ricordare lo sfondo ideologico e filosofico dell'epoca, anche
se non direttamente legato agli avvenimenti della rivolta, ma dimostratosi
il suo humus fertile.
Gia' nel 1966 Lacan scrive i suoi Ecrits, Derrida pubblica i suoi libri uno
dietro l'altro: L'Ecriture et la difference, La Grammatologie, esce Les Mots
et les Choses di Foucault, Levi-Strauss e' seguitissimo, come lo sono gli
altri autori dell'area antropologica, etnologica, della linguistica
strutturale, della psicoanalisi. C'e' Althusser, Barthes, ma ci sono anche
Godard, Truffaut... Il cinema diventa particolarmente importante. Ecco come
lo descrive il grande Bernardo Bertolucci, l'autore di un film importante e
molto discusso sul 1968 parigino, Dreamers: "Tutto e' cominciato con il
film. La polizia e' diventata molto violenta per la prima volta quando ha
attaccato gli studenti filmofili e gli intellettuali parigini. Hanno
attaccato Truffaut e Godard, tutto e' cominciato con il film. E poi si e'
esteso a Londra, a Roma, alla Germania, a Berkley e alla Columbia
University. Tutte le brame e tutti gli obbiettivi erano connessi con il
cinema. Il cinema e' diventato straordinariamente importante. Si trattava
della proiezione delle illusioni che avevano il valore cinematico".
Si profila quindi un "continente intellettuale", come dira' Marcel Gauchet,
e questo continente alla ricerca di una comune teoria scientifica dell'uomo
e della societa', si puo' considerare la parte inscindibile, anche se meno
visibile, dell'iceberg che galleggera' minaccioso sulla scena politica e
culturale della Francia (e dell'Europa) alla fine degli anni '60.
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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 157 del 30 marzo 2008
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Numero 157 del 30 marzo 2008
In questo numero:
Alcuni estratti da "Niente come prima. Il passaggio del '68 tra storia e
memoria" a cura di Marina Giovannelli
LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "NIENTE COME PRIMA. IL PASSAGGIO DEL '68 TRA
STORIA E MEMORIA" A CURA DI MARINA GIOVANNELLI
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti (scelti da
Elisabetta Cavalli) dal libro di Marina Giovannelli (a cura di), Niente come
prima. Il passaggio del '68 tra storia e memoria, Kappa Vu, Udine 2007. Con
interventi di M. Mauro, L. Accati, M. Giovannelli, L. Cantarutti, L. Palma,
M. Modolo, P. Raso, V. Candido, M. Carminati, M. Richter, C. Benussi, A. De
Stefano, G. Musetti, E. Franco, R. Corbellini, A. Kersevan, A. Comuzzi, B.
Vuano, A. Sbuelz.
Il libro raccoglie saggi di Luisa Accati (atorica, Universita' di Trieste),
Cristina Benussi (letterata, Universita' di Trieste), Vilia Candido
(scrittrice), Ludovica Cantarutti (giornalista e scrittrice), Maria
Carminati (poeta, collaboratrice Universita' di Udine), Annalisa Comuzzi
(storica), Roberta Corbellini (storica, direttrice Archivio di Stato di
Udine), Aldina De Stefano (poeta), Elvia Franco (filosofa), Marina
Giovannelli (scrittrice), Alessandra Kersevan (editrice e storica), Marta
Mauro (conservatrice del Museo di Storia contadina di Pagnacco), Mariangela
Modolo (scrittrice), Gabriella Musetti (scrittrice, direttivo Societa'
Italiana delle Letterate), Leda Palma (attrice, scrittrice), Pina Raso
(presidente Universita' delle LiberEta' di Udine), Melita Richter
(sociologa, Universita' di Trieste), Antonella Sbuelz (scrittrice), Barbara
Vuano (scrittrice).
Marina Giovannelli e' poetessa e scrittrice. Da suo sito
www.marinagiovannelli.it riprendiamo la seguente scheda: "Marina Giovannelli
e' nata a Udine nel 1941. E' sposata, ha due figli, molti amici e amiche e
due gatte. Ha insegnato a lungo materie letterarie nella scuola media
inferiore e superiore, dove ha realizzato insieme ai suoi allievi ricerche,
giornali, allestimenti teatrali. Questi ultimi, raccolti nel volume "Gran
teatro", sono stati premiati alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna nel
1996. Con gli allievi dell'Ipsaa di Pozzuolo del Friuli ha curato "Ma
qualche volta mi viene da piangere. Storie di emigranti friulani", edito dai
Circoli Culturali della Carnia. L'indirizzo della sua tesi di laurea e
l'interesse personale, l'hanno spinta ad occuparsi di storia del Friuli,
interesse che si e' concretizzato nel primo libro pubblicato nel 1990,
"Sotto le ali del Leone", racconti ambientati nel Friuli del secolo XVI, e
nei successivi romanzi "Il segno della vipera", 1991, di epoca longobarda, e
"La Comugna", vicenda dell'Ottocento che va alle radici dell'emigrazione nel
Friuli occidentale. Altro campo d'indagine e' il mito, affrontato con occhio
antropologico nei racconti "Le fanciulle del mito" e nell'ultimo romanzo
"tre lune (storia di Arianna)". Approdata ufficialmente alla poesia nel
1998 - ma da sempre ha nascosto versi nel cassetto - ha pubblicato presso
Campanotto "(An)estesie" e per i "Quaderni di poesia" del Dars la raccolta
di acrostici "Del silenzio". Fa parte del Comitato friulano Dars (Donna
Arte Ricerca Sperimentazione) e delle Donne in Nero di Udine. Tiene un corso
di "Scritture Femminili" all'Universita' delle LiberEta' di Udine, dedicato
quest'anno a "Epifanie del corpo". Partecipa a dibattiti, incontri,
trasmissioni radiofoniche. Attualmente collabora alle pagine culturali del
settimanale "Nuovo Friuli"". Tra le opere di Marina Giovannelli: Sotto le
ali del Leone, Gremese, Roma 1990; Il segno della vipera, Loescher, Torino
1991; La Comugna, Gremese, Roma 1994; Le fanciulle del mito, Loescher,
Torino 1996; (An)estesie, Campanotto, Udine 1998; (con Aldina De Stefano),
Del silenzio, Dars, Udine 1999; Tre lune (storia di Arianna), Gazebo,
Firenze 2001; Voci dal campo di Drepano, a cura delle Donne in Nero di
Udine, Udine 2001; Una questione di specchi, LiberEta', Udine 2001; Le
virtu' estreme, Edizioni Cooperative S.T.A.F., Udine 2002; Morte di carta.
Zelig - Mobydick, Faenza-Udine 2003; Una condizione ablativa, Joker, Novi
Ligure (Al) 2003; Cantata per la donna al telaio, Edizioni Le Arti tessili e
Circolo culturale Menocchio, Montereale Valcellina (Pn) 2004; Iacoba
Ancilla. biografia imperfetta di una ragazza nel Cinquecento, Kappa Vu,
Udine 2005]
Indice del volume: Introduzione di Marina Giovannelli; Marta Mauro: Non
sara' mai un luogo comune; Luisa Accati: Parole rivelatrici; Marina
Giovannelli: Memorie dalla campana di vetro; Ludovica Cantarutti:
Millenovecentosessantotto; Leda Palma: Perche' recitano cosi' bene -
1968-1978 - Donne e attrici; Mariangela Modolo: La veglia del fiore; Pina
Raso: Il mio '68; Vilia Candido: Cronistoria di una mancata esperienza;
Maria Carminati: "Sembra preistoria"; Melita Richter: Tra Parai e Zagabria.
Il mio '68; Cristina Benussi: Luci e ombre di un mito; Aldina De Stefano:
Verso dove; Gabriella Musetti: Lettera dal Giappone; Elvia Franco: Era il
'68...; Roberta Corbellini: Lucia Mondella, il sigaro toscano e la legge
salica; Alessandra Kersevan: Un '68 incominciato prima; Annalisa Comuzzi:
Marx, l'irrinunciabile; Barbara Vuano: Un pollo cresciuto in batteria;
Antonella Sbuelz: Io e Mafalda. Fotogrammi del Settantasette; Notizie
bio-bibliografiche.
*
Introduzione di Marina Giovannelli (p. 7 e seguenti)
Questo libro raccoglie riflessioni e memorie di donne oggi residenti nella
regione Friuli Venezia Giulia, in vario modo impegnate culturalmente, la cui
eta' varia fra i 70 e i 45 anni, ed ha origine nella proposta di riandare al
1968 e dintorni che rivolsi ad alcune amiche alla fine del 2005 in seguito
alla pressione crescente che sentivo (e sento) sull'autonomia del pensare e
fare delle donne, che aveva peraltro gia' innescato un generale movimento di
ripresa con le manifestazioni femministe programmate per il 14 gennaio 2006
a Roma e a Milano. La proposta fu accolta con slancio: condividevamo i
timori per la campagna conservatrice in atto, per le continue ingerenze
clericali, sentivamo che tornare ai giorni di quella rivoluzione dei valori
e del costume avvenuta nel periodo indicato, se non era sufficiente per
ricostruire una storia organica, tantomeno per elaborare interpretazioni di
un momento ancora cosi' dibattuto, poteva tuttavia essere utile per
ripensare se stesse, rievocare un clima, confrontarlo con il presente,
promuovere incontri e discussioni, attivare consapevolezza.
Poche delle invitate alla scrittura non accettarono la proposta, alcune
perche' il ricordo di quei lontani giorni, esaltanti ma duri, genera un
dolore ancora indicibile, altre perche' non si riconoscevano nelle premesse
iniziali.
Il presupposto comune consisteva nel ritenere il '68 non un anno, ma un
periodo di durata variabile, di cui ciascuna delle scriventi aveva avuto
nozione in un momento individuabile soggettivamente, ma che aveva indotto in
ognuna mutamenti radicali nella propria esistenza.
Che il '68 sia da considerarsi un "passaggio" e' un dato storiografico ormai
acquisito, anche se variano i termini temporali prescelti, oscillando le
premesse dai primi anni Sessanta per alcuni, al periodo delle prime
occupazioni accademiche del '66-'67 per altri, per finire comunque alla fine
degli anni Settanta con l'imbuto della lotta armata.
L'altro dato che veniva implicitamente accolto nell'adesione al progetto
riguardava la propria collocazione all'interno, se non di una istanza
femminista, di una volonta' di riflessione sul movimento delle donne, cosi'
come si era andato formando negli anni Settanta e modificando negli anni
successivi, e sulla sua influenza nei percorsi personali.
Per il resto l'assoluta liberta' di ciascuna nell'esprimersi preludeva a una
lettura comparata da rinviare all'esito delle testimonianze stesse.
Da queste emerge, gia' ad una prima lettura, una straordinaria ricchezza di
notizie, temi, osservazioni, spunti critici, nodi irrisolti, esposti con una
sorta di appassionata urgenza, a conferma dell'attualita' politica delle
questioni proposte.
L'altra innegabile evidenza riguarda la distanza, in queste pagine, da un
generico femminile poiche' in esse risuonano voci di donne, ciascuna nella
propria singolare e differenziata unicita', a riprova che la differenza di
genere incrocia molteplici differenze, anche se non tutte qui rappresentate.
Esse rimandano in primo luogo ad appartenenze generazionali e sociali: noi
donne nate alla fine degli anni Trenta e nella prima meta' dei Quaranta
eravamo molto diverse da quelle nate attorno al '50, perche' l'esser
cresciute durante o subito dopo la guerra e l'aver ricevuto un
condizionamento educativo molto forte in senso tradizionale avevano
determinato un'influenza a fatica disattivabile. "Per sentire l'onda del '68
bisogna aver vissuto il dopoguerra da bambini, il rigore, la modestia, la
paura di se' e del proprio corpo...", scrire a questo proposito Mariangela
Modolo.
Di piu', nel '68 ci trovavamo ad avere un'eta' allora cruciale per il
matrimonio e la maternita', cosicche' questi eventi ci rendevano
"distratte", spettatrici piu' o meno turbate piuttosto che attrici, come
testimonia lo straniamento cosi' ben narrato da Ludovica Cantarutti. Sulla
nostra generazione premeva, senza che ne fossimo consapevoli, il peso di
quel "problema senza nome" di cui aveva gia' scritto Betty Friedan in The
femminine Mystique nel 1963 (tradotto in Italia nel '64), che poche pero'
allora avevamo letto, ("avanzava una infelicita' profonda nella mia parte di
donna che aveva compiuto la sua missione per la specie", ricorda Marta
Mauro), eppure anche in noi stava maturando una tensione verso il
cambiamento che si rivelera' nelle scelte esistenziali e professionali
successive.
Il contesto ambientale e familiare con l'educazione che ne deriva, influi'
sul grado e la modalita' di ricezione del movimento durante il "ciclo breve
dell'insorgenza", dall'adesione incondizionata della giovanissima Barbara
Vuano all'immediatamente critica "estraneita' partecipante" di Luisa Accati,
passando per tutte le sfumature intermedie.
Di comune invece, nella varieta' dei luoghi dove venne vissuta quella
stagione divampante, da Messina a Trieste e Udine, da Torino a Padova, da
Roma a Genova, e "Tra Parigi e Zagabria", c'e' lo stesso clima diffuso di
ottimismo, di euforica speranza, e in tutte era convinto il senso
d'appartenenza al mondo intero, cosi' che al mondo intero si rivolgevano
attenzione e volonta' di cambiamento sostenute da un generale e forte senso
di responsabilita'. Ne derivava desiderio di prendere parola - "Dappertutto
discorsi pubblici, dibattiti, proclami, annunci", testimonia Melita Richter
da Parigi - e di far parte del progetto generale, vissuto con quel
sentimento di "felicita'" che avverte chi si senta impegnato nella
fondazione di una nuova polis, in un'atmosfera trans-nazionale cui da tempo
aveva contribuito la cultura.
Ricorrono infatti nei testi delle autrici i nomi degli stessi scrittori, gli
stessi titoli di libri, le stesse canzoni, ma soprattutto emerge un
convincimento profondo e forse ingenuo, fatto di fiducia nella possibilita'
di forzare la politica e la societa' nella direzione dell'equita', insieme
agli altri ed altre, studenti e operai.
Comune e' anche, per molte, la consapevolezza che il "passaggio" del '68,
inteso come sopra indicato, ha segnato una frattura tra un prima e un dopo,
innescando un processo di mutamento cosi' radicale che da quella soglia si
e' aperta per ogni donna - almeno nel mondo occidentale - la liberta' che
oggi e' sotto gli occhi di tutti, che significa possibilita' di raccontare
un romanzo di formazione femminile non piu' a senso unico, secondo quanto
era stato fino ad allora salvo eccezioni alla regola, ma articolato nelle
piu' varie direzioni pensabili, come per i maschi era da sempre.
Se la ribellione all'autoritarismo, intesa come rifiuto del primato
dell'apparato accademico, partitico, burocratico in genere, era il
fondamento primo dello slancio rivoluzionario del movimento studentesco, e
quindi patrimonio condiviso di tutti e di tutte - Gabriella Musetti cita uno
slogan allora molto diffuso: "Vietato vietare" - si deve dire pero' che
l'orfanita' cercata e gridata dai gruppi nelle piazze non si accompagna
nella maggior parte delle scriventi al rifiuto della famiglia d'origine e in
molte anzi si converte nel riconoscimento di un padre consapevole e nella
valorizzazione della figura della madre (non del materno), vista con occhi
nuovi come soggetto capace di pensiero e di autonomia, se pur dotata di
strategie ancora tradizionali, come le "matriarche" di Vilia Candido o la
madre elusiva di Pina Raso, e nell'individuazione di una precorritrice
"linea matrilineare" da parte di Alessandra Kersevan. A questa nuova
autorevolezza femminile si accompagna la scoperta della possibile amicizia
fra donne (al posto della tradizionale concorrenza): "Amiche-madri,
amiche-figlie, amiche-sorelle, amiche-amate", scrive Aldina De Stefano,
mentre piu' avanti si delineera' per alcune un percorso che conduce al
pensiero della differenza e per Elvia Franco in modo diretto alla comunit‡
di Diotima. [...]
Oggi alcune sottopongono la "rivolta" del '68 a una critica severa che
sottolinea le gia' allora leggibili contraddizioni e i silenzi colpevoli,
altre ad una rilettura che non nega le "ombre" ma riconosce le "luci", altre
ancora a una valutazione sostanzialmente positiva o quantomeno indulgente,
se non altro per la possibilita' sperimentata per la prima volta di
costituire una "comunit' assoluta" di relazioni fra uguali inedita e, almeno
all'inizio, propositiva.
Quanto e' stato detto finora non esaurisce la ricchezza dei temi affrontati
in queste pagine, in cui si fa riferimento ad aspetti particolari che
richiederebbero spazi ben piu' ampi per esaurire un dibattito indubbiamente
da riprendere e approfondire, o che al contrario sono gia' stati studiati
altrove in modo specifico.
Si tratta ad esempio del linguaggio, sia quello usato dai giovani del '68
letto come elemento di distinzione dal mondo adulto oppure come rivelatore
simbolico di caratteri fondamentali ma sottotraccia del movimento, sia come
indagine non ancora compiuta sulla parola letteraria femminile, "portatrice
di stimmate" (Benussi) e priva di riconoscimento nel mondo accademico, o
degli effetti della "liberazione sessuale" sulle giovani donne di quegli
anni, con quanto di taciuto e perfino di imposto vi era in essa, poiche' il
discorso sul "corpo" era ancora tutto da farsi, sia come sua conoscenza che
come sua gestione, dal sesso alla maternita'.
Si pone inoltre in certe pagine il tema a tutt'oggi non sufficientemente
indagato della violenza, in se' e nel rapporto fra violenza privata e
pubblica, sulla cui equazione e' aperto il dibattito.
Su tutti gli altri si ripropone con insistenza in quasi tutti gli scritti un
argomento di interesse sostanziale, che costituisce l'interrogazione
politico-filosofica per eccellenza, e cioe' se (e come) l'analisi marxiana
sulla dialettica di classe, da cui la maggioranza delle scriventi muove
nell'avvicinarsi al movimento, sia rimasta poi la linea guida di
interpretazione del mondo nei tempi successivi e come (e se) la si concilio'
con il femminismo.
L'ultima osservazione riguarda la scelta dei titoli dei propri interventi da
parte delle autrici: dopo aver tutte ripercorso la propria esperienza nella
piena interiorizzazione di quella rivendicazione condivisa allora, e ancor
oggi funzionante "il personale e' politico", percio' senza remore o falsi
pudori, nella piena assunzione delle proprie responsabilita' e nella
consapevolezza delle proprie conquiste, hanno siglato gli scritti con parole
che segnano fortemente una distanza dal '68 e dagli anni immediatamente
successivi. Alcuni titoli rinviano alla favola, al sogno, al mito, comunque
a un "c'era una volta" trascorso e perduto. Questa percezione di lontananza
che non e' di tipo temporale ma allude al disincanto, si accompagna alla
preoccupazione espressa da molte rispetto al presente, a causa
dell'orizzonte privo di aperture dei giovani d'oggi, della pochezza della
societa' attuale che non offre risorse e nemmeno speranze.
Eppure queste pagine, che in molti casi non si limitano a ricordare e
tendono a proporsi come strumento per riprendere l'azione, seppure in modi
diversi e forse ancora da individuare, dimostrano quanta energia piu' o meno
latente sia pronta a sprigionarsi se incanalata in modi adeguati. Non
chiederemo a queste pagine piu' di quanto possano dare, molti temi accennati
incalzano un approfondimento di tipo storico o sociologico, ma non si puo'
negare che il potenziale politico in esse presente sia altissimo, e che la
proposta implicita delle autrici avvii verso la continuazione della
riflessione sul passato insieme al desiderio di intervenire nel presente,
per se stesse e per coinvolgere le altre.
*
Luisa Accati: Parole rivelatrici (p. 23 e seguenti)
Nel 1968 io ero ancora all'Universita', stavo finendo, mi restava solo la
tesi di laurea, a cui peraltro lavoravo gia' da tempo. Ero gia' stata a Roma
dove, all'Archivio di Stato, avevo raccolto materiale sulla occupazione
delle terre nel sud dell'Italia per il periodo 1921-'22. L'avrei discussa
nel luglio del '68.
Ero un po' piu' vecchia di quelli che sarebbero stati i protagonisti del
'68, nati perlopiu' fra il '45 e il '48, mentre io ero nata nel '42. Ero in
ritardo rispetto ai miei compagni di corso, gia' laureati, perche' mi ero
sposata nel '64 e nel '66 avevo avuto una figlia. In sostanza, benche' ci
fossi, mi sentivo ed ero in parte esterna a quel che capitava. In primo
luogo partecipavo alle assemblee solo se mia madre o mio marito o qualche
baby sitter poteva occuparsi di mia figlia e, comunque, sempre per spazi di
tempo limitati. Questo era largamente sufficiente per tagliarmi fuori
dall'attivita' vera e propria, frenetica, del movimento e dei gruppi. Ma non
era solo questo a farmi sentire esterna, del resto c'erano anche fra i
leaders persone della mia eta', qualcuno era piu' vecchio e altri avevano
figli. La mia situazione, intermittente e marginale, mi metteva in una
posizione di osservazione: una estraneita' partecipante che mi stava bene.
Infatti quello che sentivo e vedevo mi sembrava eccezionale ed
entusiasmante, mi pareva che davvero qualcosa potesse finalmente combiare,
ma c'erano anche tanti motivi di perplessita'.
Per "rivoluzione" io immaginavo un fatto semplice: il rovesciamento delle
priorita', l'idea insomma che si facesse un progetto sociale partendo dal
bene comune, invece che partendo dagli interessi individuali, di casta e di
corporazione. Il sapore tattico e il tono profetico, misurato sulla
rivoluzione russa e sul leninismo che fioriva intorno alla parola
"rivoluzione" nelle assemblee, mi pareva astratto e non realizzabile, anni
luce di la' da venire. Per me ottenere risultati concreti era troppo
importante, non avevo grande interesse a lavorare per un futuro mitico.
Tuttavia non osavo molto dirlo, perche' pensavo di non conoscere a fondo la
situazione e pertanto di non potere valutarla bene e, per altro verso, la
mia condizione di donna sposata con una figlia mi faceva guardare con un
certo sospetto dalle mie compagne. La prossima rivoluzione mi sembrava in
realta' lontanissima, anzi il gran parlarne mi pareva un modo per differire
obiettivi raggiungibili e concreti.
Che cosa intendevo per "obiettivi raggiungibili e concreti"? A me era sempre
parso che il tratto saliente della situazione italiana fosse una
straordinaria ignoranza della popolazione, coltivata nel tempo dalla Chiesa
cattolica. Una straordinaria ignoranza di come debba e possa funzionare una
societa' di individui responsabili. Quella in cui eravamo immersi era una
cultura della delega morale all'autorita' ecclesiastica: una profonda
sfiducia nelle capacita' delle persone di gestire se stesse che parrocchie e
vescovadi, tanto piu' durante il fascismo, avevano coltivato da sempre. Una
cultura della dipendenza dall'autorita', dai suoi luoghi comuni, dai suoi
stereotipi, dalle sue immaginette: una cultura povera, avvilita e avvilente,
dove la superficialita' dell'informazione era considerata un buon strumento
di governo. Cose semplici per i semplici che e' bene che restino semplici e
senza pretese. Poiche' il movimento era un movimento studentesco e aveva i
suoi leaders dentro l'universita' io speravo in una trasformazione radicale
dell'istruzione e della cultura. Immaginavo una estensione a tutto il
tessuto sociale della cultura cosiddetta alta, della cultura critica e della
cultura dei diritti e dei doveri. La cultura alta non mi pareva infatti
difficile per buoni motivi, ma semplicemente elitaria, deliberatamente e
inutilmente difficile, non perche' dovesse esserlo, ma perche' in parte
aveva una componente escludente. Dunque si trattava di tradurre il sapere e
di fare in modo che programmi e contenuti fossero riformati in vista di ampi
obiettivi di istruzione ai massimi livelli per tutti. Ragione critica per
tutti, robusti strumenti per uscire dalle imposture della religione.
Liberare il paese dall'ignoranza pretesca mi pareva un condizione
preliminare a qualsiasi altra e mi pareva anche liberatoria. Con la mente
libera dalle illusioni si sarebbe trovata la strada giusta anche per
pareggiare o almeno per ridurre le disuguaglianze economiche.
La mia delusione diventava crescente osservando che molti erano i bersagli
politici dei miei compagni, ma mai si era nemmeno pensato ad attaccare
l'imperante cultura cattolica. Oggetto degli attacchi erano i professori, i
giudici, i padroni, i capi, i borghesi, i fascisti ma nessun vescovo, nessun
papa, nessuna monaca, nessun pregiudizio clericale. Le mie istanze culturali
piu' profonde non avevano nessuno spazio.
Negli anni del liceo avevo preso parte alle riunioni di una sezione
socialista lombardiana, cioe' della sinistra socialista, e avevo anche
frequentato assemblee di lavoratori metalmeccanici alla Camera del Lavoro,
nei limiti assai stretti che l'educazione severa della mia famiglia mi
lasciava. Non cosi' stretti tuttavia da impedirmi di capire l'importanza che
a Torino avevano gli operai della Fiat e delle altre fabbriche, non cosi'
stretti da impedirmi di osservare come questi operai fossero culturalmente
diversissimi dalle masse di ignoranti allevati dalle parrocchie. Il loro
modo di esprimersi, in un italiano dall'intenso accento piemontese, pieno di
francesismi, le loro richieste, le loro conoscenze dei modi e dei ritmi
della produzione rivelavano una cultura materialista, razionalista e
concreta. Persone autonome e critiche, persone che erano finalmente uscite
dalla schiera dei semplici, non chiedevano ne' carita', ne' protezione.
Proponevano aumenti di salario, migliori condizioni di lavoro e avanzavano i
diritti all'istruzione e alla previdenza: una dignita' sconosciuta ai
semplici di pertinenza vescovile. Due parole dominavano, infinitamente
ripetute, negli interventi di tutti: lotta e dio faus o, in forma
abbreviata, diofa', un intercalare essenziale, un segno di appartenenza.
Tanto che spesso mi ero detta che la lotta era contro la falsita', le
illusioni, il futuribile immortale e contro il falso dio, cioe' il denaro,
inteso come mezzo di potere, anziche' come mezzo per vivere meglio nella
realta' non spirituale o falsamente spirituale del mondo reale, materiale e
fisico.
Gli avversari degli operai erano i padroni, il lavoro, riferimento morale e
materiale per entrambe le parti, il durissimo terreno di scontro.
Sui padroni la sapevo lunga, infatti ero figlia di uno di loro e anch'io
avevo le mie ragioni da farmi con lui in quegli anni. Forse ero alla camera
del lavoro anche per questo. Ma i padroni dei metalmeccanici erano ben
diversi, per esempio, dai padroni "da li belli braghi bianchi" delle mondine
e questo era molto piu' chiaro agli operai che agli studenti. Quello che gli
operai volevano dai padroni era chiaro e quantificato, quello che i padroni
volevano dagli operai era chiaro e quantificato: lo scontro, senza
esclusione di colpi, era nondimeno produttivo e non distruttivo.
Il padrone dei metalmeccanici lavorava tantissimo, lavorava tutta l'estate e
trovava "stranissima l'usanza delle vacanze, destinata a scomparire". Le
vacanze potevano servire a coloro che facevano lavori fisicamente pesanti,
ma erano del tutto inutili perdite di tempo per chi faceva "lavori a
tavolino" come i dirigenti e a maggior ragione "i titolari" delle aziende;
le vacanze dunque servivano per andare all'estero a imparare le lingue e a
trattare con le aziende straniere. Mare? Per i bambini, per gli adulti, poco
e solo se lo ordinava il medico. Consumi confortevoli, ma senza sprechi.
La resistenza al lavoro era un feroce terreno di sfida che autorizzava a
eliminare chiunque si dimostrasse debole o fragile (mio padre non era piu'
tenero degli altri); ma la capacita' di resistere alla sfida era certamente
riconosciuta come una reale possibilita' di arricchimento, di conquista di
diritti e di ascesa sociale.
Mio padre non diceva dio faus e nemmeno diofa', diceva cribbio, versione
eufemistica di Cristo e infatti, all'occorrenza, diceva anche Cristo.
Cristo, com'e' noto e' la vittima per eccellenza, sicche' l'associazione
Cristo-diritto che accompagnava il suo modo di affrontare i rapporti in
fabbrica, significava: anche le vittime della societa' hanno dei diritti.
Non era generosita' la sua, era convinzione che se non esisteva una
ricchezza minima diffusa e dovuta, mancavano le condizioni stabili perche'
il piu' alto numero possibile di cittadini comprassero gli oggetti che le
fabbriche producevano: punto e basta.
La lotta si svolgeva dentro l'etica del lavoro a cui i due avversari, che si
rispettavano reciprocamente, rispondevano. Carita' nessuna, elemosine ancor
meno ma un rapporto contrattuale in cui al lavoro svolto corrispondeva un
doveroso riconoscimento economico e previdenziale, sempre migliorabile. Da
una parte e dall'altra una logica che eliminava i semplici, gli umili, i
bisognosi e i loro melensi intermediari. Sicche' l'asprezza realistica del
confronto permetteva di scaricare la violenza sociale e di convertirla in
forza politica, in leggi che riconoscevano i diritti all'istruzione, alla
salute, alla casa; in beni e ricchezza per strati sociali sempre piu' ampi.
Altra cosa - dicevo - erano "i padroni" e "gli operai" all'universita',
nelle assemblee studentesche. Mitologica l'avida cattiveria dei primi e
altrettanto mitologica l'aspirazione disinteressata a cambiare il mondo dei
secondi. La natura e le possibilita' contenute nel conflitto che li metteva
in rapporto non erano un vero oggetto di attenzione. Le critiche che avevo
sentito alla camera del lavoro verso i padroni, per quanto scioccanti
inizialmente, non mi avevano messo in conflitto con me stessa, per certi
versi e con alcuni distinguo, mi erano servite a venire a capo di conflitti
personali, mi avevano fatto capire molte cose del mondo in cui vivevo, le
tensioni fuori della famiglia mi avevano insegnato ad affrontare le tensioni
della maturazione e dell'autonomia dalla famiglia. Mi colpiva invece
l'astrattezza delle richieste studentesche, la genericita' dei loro
"padroni" e della loro "borghesia", e mi colpiva tanto piu' perche' padroni
e borghesi erano i loro padri, che ben conoscevo, tanto quanto il mio. Mi
colpiva che fossero considerati "padroni" e/o "borghesi" persone tra loro
diversissime (avvocati, medici, imprenditori e finanzieri) e anche i
professori venivano attaccati in blocco come "autoritari", personaggi che
usavano bocciare tre o quattro volte ogni studente, che avevano evidenti
pregiudizi contro le ragazze e uomini che io consideravo possibili alleati
nei miei propositi di trasformazione della cultura e dell'istruzione. A me
pareva che l'ipotesi di dover cambiare la struttura economica per poter fare
qualsiasi cambiamento significativo fosse un'interpretazione mitica di Marx.
Questa lettura non era altro che un fiume di parole e un modo generico e non
realistico di assumere i fatti, simile piu' a una crisi verso i padri, a una
difficilissima maturazione giovanile che a una realistica volonta' di fare
quello di meglio che si poteva.
*
Pina Raso: Il mio '68 (p. 55 e seguenti)
Il mio '68, come tutte le storie che si rispettano, ha un prologo e un
epilogo. Il prologo risale a qualche anno prima.
Provengo da una famiglia dal forte impegno politico; mio padre e' stato
iscritto al Pci fin dal 1943 - lo rimarra' fino al 1989 -, la mamma e' stata
candidata alle elezioni amministrative gia' alla fine degli anni '50. Si e'
provveduto a iscrivere tutti al partito, via via che raggiungevamo l'eta'. A
meta' degli anni '60 tutta la famiglia, compresi nonni e zii, paterni e
materni, e' iscritta al Pci. Le tessere di mio padre sono ancora conservate
nella casa calabrese.
Un giorno, siamo agli inizi degli anni '60, ci viene a trovare il segretario
della federazione provinciale giovanile che dice: "La prossima settimana
faremo un'importante manifestazione dei giovani comunisti a Reggio Calabria,
contiamo sulla tua presenza". A questo punto arriva il divieto paterno:
essere iscritti al partito e' importante, ma e' assolutamente impensabile
che una ragazza vada fuori paese da sola; manifestazione o altra iniziativa
che sia, non se ne parla neppure che una donna vada in giro cosi'!
A dire il vero, non e' che me la passassi tanto male, specie in confronto
alle mie coetanee. Non avevo limitazioni, per esempio, sull'abbigliamento:
ho sempre portato i calzoni, la minigonna non ha fatto fare neanche una
piega in famiglia. Potevo uscire liberamente in paese, ho scelto da sola il
mio corso di studi, sia liceali sia universitari, liberta' che allora erano
impensabili, almeno al sud, per la maggior parte delle ragazze, il cui unico
destino sembrava essere quello di sposarsi e far figli.
Ma ero pur sempre una donna: si poteva concedere una tale liberta'? E cosa
avrebbe detto la gente?
Questo e' stato il primo scontro con mio padre, che osa iscriversi, a soli
23 anni, a un partito ancora fuorilegge, ma non riesce ad affrontare le
proprie contraddizioni.
Ne sono seguiti tanti altri, che sono durati fino quasi alla sua morte.
L'epilogo invece e' di una decina di anni dopo, il '74, quando, giovane
insegnante, gia' in Friuli, mi sono sentita dire da uno studente di
Avanguardia Operaia, durante un'assemblea all'Istituto d'Arte, dove
insegnavo, che non avevo diritto di parola perche' "ogni insegnante e',
indipendentemente dalle idee dichiarate, reazionario".
In quel momento ho capito che era finito, per me, il tempo della
contestazione ed era cominciato quello del fare. Se si decodifica
adeguatamente la frase dello studente, al di la' delle esagerazioni del
momento, il significato e' chiaro. Tu non sei piu' una giovane, sei
dall'altra parte, hai "il potere" di fare. Avevo solo 27 anni, ma ero gia'
sposata, avevo un bambino piccolo e un lavoro stabile, non potevo piu', in
effetti, mischiarmi ai giovani contestatori, potevo semmai partecipare alle
lotte dei lavoratori. Cosa che ho fatto, aderendo alla Cgil e partecipando,
seppur con un ruolo molto marginale, alla nascita del sindacato scuola.
Ma andiamo con ordine e torniamo al '68.
Quell'anno mi vede studentessa di matematica all'Universita' di Messina. Se
pero' qualcuno pensa che, con quella formazione familiare e quel clima, io
parli di un periodo epico, commette un grande errore. Le cose, almeno
all'inizio, sono andate diversamente.
Siamo all'inizio di un anno particolarmente freddo; frequento il primo anno
di matematica in una citta' che mi e' estranea. Alloggio in una pensione in
cui oltre al freddo, anomalo per quella regione che non ha bisogno di
riscaldamento, soffro di solitudine per essermi allontanata per la prima
volta dall'ambiente familiare. All'inebriante senso di liberta' fa da
contrappunto lo scoramento per non avere alcun punto di riferimento durante
intere lunghe giornate in cui, finito di studiare, non so cosa fare.
Comincio a partecipare alle prime assemblee. Sto cosi' al caldo e conosco
nuovi amici. Non e' che capisca molto dei discorsi che vengono fatti, sia
perche' sono solo una matricola, sia perche' non ho mai partecipato a questo
tipo di riunioni.
Oggi i giovani partecipano alla loro prima assemblea gia' a 14 anni; la mia
generazione a scuola doveva solo studiare, obbedire e, soprattutto, tacere.
Io, a dire il vero, studiavo, qualche volta ubbidivo, ma farmi tacere no,
non c'e' mai riuscito nessuno. Per quanto riguarda il rapporto tra docenti e
alunni, si diceva, per scherzo, ma non tanto, che "il professore ha sempre
ragione, soprattutto quando ha torto". Parlare di politica poi! Basti
pensare che al ginnasio avevo persino paura che si sapesse dell'impegno
familiare dentro il Pci. L'unico sciopero cui ricordi di aver partecipato mi
procuro' una figuraccia che non dimentichero' mai.
Ero in quarta ginnasio; il giorno dopo la manifestazione, il preside, dopo
averci fatto la ramanzina, rivolto a me, seduta al primo banco, fa:
"Sentiamo, parlami dello sciopero e dei motivi che ti hanno indotta ad
aderirvi". E' stata forse la peggiore figuraccia che io abbia fatto a
scuola, ma ho rispettato il preside che ha saputo trovare gli argomenti
giusti per richiamarci al senso di responsabilita'.
Tornando alle assemblee, la storia si ripete. Un giorno un ragazzo mi dice:
"Perche' non intervieni mai?". Lascio immaginare il panico. Ma e' stato
utile, ho cominciato a sforzarmi di capire, a comprare tutti i giorni il
quotidiano, ad ascoltare e confrontare le posizioni, a confrontare quanto
sentivo con tutti i discorsi che da sempre si facevano in casa. Scoprii, a
questo punto, oltre a tutti i problemi della scuola e dell'universita' noti
a tutti, situazioni inimmaginabili. Sacche di privilegio, studenti
fuoricorso da tanti anni che stavano alla casa dello studente non per meriti
di studio o per svantaggio economico, ma per "meriti goliardici".
Quella era una societa' fortemente classista, in cui il privilegio di pochi
era un diritto acquisito e intoccabile, mentre la massa della classe operaia
lavorava per loro. Forse pochi sanno oggi che prima dei diritti sindacali
conquistati in quel periodo, un operaio aveva diritto alla liquidazione solo
se veniva licenziato dal padrone, niente gli toccava se era lui a lasciare.
Lascio immaginare cosa capitava nel caso il datore di lavoro volesse, per
qualsiasi motivo, liberarsi di un dipendente.
Per non parlare delle donne cui, sul lavoro, non era neanche riconosciuto il
diritto alla maternita'.
*
Melita Richter: Tra Parigi e Zagabria. Il mio '68 (p. 81 e seguenti)
Sulla scia della protesta lo stesso scenario, biciclette rovesciate,
macchine danneggiate, vetrine dei negozi rotte, librerie nella vicinanza
della Sorbonne bruciate, segni di rabbia ovunque, facce giovani tese che
gridano slogan infiammanti, cortei infiniti, il muro minaccioso delle forze
dell'ordine... Parigi, primavera del 2006 come il maggio del 1968. Non e' la
stessa cosa.
Il 1968 serbava in seno l'illusione della storia e allo stesso tempo la
grande speranza che la storia si fosse messa in cammino. La situazione era
estremamente coinvolgente, alludeva alla rivoluzione, ma i semi della
rivoluzione culturale li aveva gettati per davvero. Le barricate erette nel
Quartiere Latino dimostravano che le cose si facevano seriamente, anche se
su quelle barricate nessuno e' stato ucciso a differenza del G8 del 2001 a
Genova quando un giovane dei no-global e' caduto vittima della violenza
della polizia.
Lo shock al quale la societa' francese era esposta e' stato provocato prima
di tutto dalla manifesta unione tra il movimento studentesco e il grande
movimento operaio. Una bomba inattesa con potenziali detonazioni
impensabili. L'inizio non fu in Francia, ma la Francia detiene il primato
del suo fulcro intellettuale e filosofico e rimane l'immagine simbolo dello
storico movimento europeo del 1968.
Quel primo maggio mi trovavo a Parigi. Anche per me tutto ebbe inizio li'.
Toccai il nervo vitale del forte smottamento della societa' in quel
luogo-fulcro dell'ondata del movimento studentesco che si e' diffuso in
Europa come un vento, minaccioso per chi deteneva il potere e pieno di
promesse per noi, giovani di allora... Sulle rive della Senna i platani
appena annunciavano i primi getti e la primavera si trascinava lenta,
gravosa. Al leggero sole delle Tuileries la gente si acquietava distesa
sulle panchine e allungava le membra secche in cerca del tepore. Una strana
sensazione serpeggiava nell'aria: ovunque ti trovassi, sapevi con buona dose
di certezza che le cose importanti stavano succedendo altrove. Nei pressi
della Sorbonne.
Piu' uno si avvicinava all'area dell'universita' piu' si sentiva avvolto dal
pregnante clima dell'avvenimento che prendeva le sembianze di un'autentica
rivolta. Tra la Sorbonne e il teatro Odeon c'erano dei continui meeting, dei
punti di accentramento di giovani e di meno giovani; si poteva percepire
nell'area l'esplosione della parola. Dappertutto discorsi pubblici,
dibattiti, proclami, annunci, poster con richieste degli studenti affissi
sui tronchi degli alberi, sulle vetrine dei negozi, incollati ai portoni
degli enti pubblici, nei passaggi sotterranei della metropolitana, brossure
che ti venivano recapitate a mano agli incroci, sui tavolini dei caffe'...
la trasformazione della rivolta in parola scritta che accompagnava quella
pronunciata nei raduni in strada era diventata impressionante.
Bisogna pero' ricordare lo sfondo ideologico e filosofico dell'epoca, anche
se non direttamente legato agli avvenimenti della rivolta, ma dimostratosi
il suo humus fertile.
Gia' nel 1966 Lacan scrive i suoi Ecrits, Derrida pubblica i suoi libri uno
dietro l'altro: L'Ecriture et la difference, La Grammatologie, esce Les Mots
et les Choses di Foucault, Levi-Strauss e' seguitissimo, come lo sono gli
altri autori dell'area antropologica, etnologica, della linguistica
strutturale, della psicoanalisi. C'e' Althusser, Barthes, ma ci sono anche
Godard, Truffaut... Il cinema diventa particolarmente importante. Ecco come
lo descrive il grande Bernardo Bertolucci, l'autore di un film importante e
molto discusso sul 1968 parigino, Dreamers: "Tutto e' cominciato con il
film. La polizia e' diventata molto violenta per la prima volta quando ha
attaccato gli studenti filmofili e gli intellettuali parigini. Hanno
attaccato Truffaut e Godard, tutto e' cominciato con il film. E poi si e'
esteso a Londra, a Roma, alla Germania, a Berkley e alla Columbia
University. Tutte le brame e tutti gli obbiettivi erano connessi con il
cinema. Il cinema e' diventato straordinariamente importante. Si trattava
della proiezione delle illusioni che avevano il valore cinematico".
Si profila quindi un "continente intellettuale", come dira' Marcel Gauchet,
e questo continente alla ricerca di una comune teoria scientifica dell'uomo
e della societa', si puo' considerare la parte inscindibile, anche se meno
visibile, dell'iceberg che galleggera' minaccioso sulla scena politica e
culturale della Francia (e dell'Europa) alla fine degli anni '60.
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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 157 del 30 marzo 2008
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